Il sorriso dell' autistico
Tommy sorride a Giulia Macchia Vercesi
“Noi viviamo nell’ era del comunicare!” Quanto ci siamo riempiti la bocca con questo concetto che ci vuole civilizzati in quanto frenetici comunicatori. E’ vero senz’altro che sia meravigliosa la frenesia del distribuirsi in una moltitudine di potenziali interlocutori, mai come in questo periodo della storia dell’ umanità ci è stato possibile avere esperienza di un così vasto numero di persone contemporaneamente, soprattutto a dispetto di ogni usurante distanza tra noi e loro.
Non è questo certo che mi preoccupa, sono anni che aspetto di potermi sedere in questa illimitata plancia di comando e lanciare e ricevere messaggi contando su un bacino decine di migliaia di persone, di cui la maggior parte sono per me totalmente sconosciute. Non è questo certo che mi fa sentire meno umano, anzi…Trovo che mai la nostra catena evolutiva ebbe una fase di così repentina e consapevole mutazione. Abbiamo specializzato la nostra capacità di relazioni multiple…Che vogliamo di più?
Quello di cui invece comincio a sentire l’ angustia è, per paradosso, la massima espressione del nostro incivilimento: vale a dire la nostra tolleranza verso il pensiero altrui e capacità di sopportazione educata dell’ altrui immaginare pur non condividendolo. Questo sicuramente ci fa onore e ci fa vivere in maniera meno virulenta i nostri rapporti con altri umani. Però indubbiamente ci stressa…Ci sentiamo costretti spesso a sostenere conversazioni che ci soffocano, ad ascoltare sorridendo e annuendo sproloquiare per noi privo di senso. Soprattutto abbiamo imparato a sorridere, a dire che ci piace, a condividere ogni luogo comune perché ci rafforza nell’ idea che il consenso renda felici.
Sbagliamo, cercare il consenso ci scarnifica da dentro, ci svuota di senso, ci rende dipendenti dal timore di essere mal giudicati. Tutto questo per l’ autistico è la più grande follia possibile. Ci guarda e sorride come se ci compatisse per il nostro logorante affanno di dover verbalizzare a tutti i costi, di dover docilmente assecondare, di dover civilmente convivere.
Il sorriso dell’ autistico è molto raro, ma quando esplode ci illumina all’ improvviso dal nostro maniacale accanirci ad essere accettati a tutti i costi. Tommy sorride anche più spesso di me (non è difficile), lo fa quando è felice e quando mi vede affannato a comunicargli parlando. Quando ride lui di me ha già capito tutto, prima ancora assai che l’ abbia potuto capire io stesso.