La città felice dei nostri sogni l' hanno costruita due padri
E’ parecchio che vaneggio di Insettopia e di Città Utopica costruita sulle esigenze dei ragazzi come Tommy. Moltissimi mi hanno guardato con sospetto, come se volessi fare passi indietro rispetto alle conquiste civili dell’inclusione. Ho provato a far capire che la mia città ideale è aperta, e dovrebbe essere un catalizzatore anche per qualunque neurotipico volesse contaminarsi con un posto fantastico. Ora ho la certezza che il mio non era vaneggiare illusorio.
Ho visto nascere la prima città felice per autistici e disabili psichici di ogni tipo. E’ cresciuta dove prima c’era un pollaio, ma è la più grande e moderna idea per quelle persone che non hanno i quattro quarti di cervello, per essere considerate abili a meritarsi una vita dignitosa. Almeno secondo le convenzionali e detestabili attribuzioni di nobiltà di pensiero.
Sulla strada che porta alle Terme di Fratta, infilata nei campi d’erba medica sulle colline tra Bertinoro e Forlimpopoli, è stata costruita la città dell’utopia che hanno voluto due padri: Vincenzo Fornino ed Edo Valmori. Il primo per più di quarant’anni è stato a testa bassa ad allevare polli, l’ altro produceva mangimi. Li univa un’amicizia cementata sulla fatica quotidiana e un problema in comune: Fornino ha un figlio cui erano stati diagnosticati dei gravi problemi psichici, Valmori invece ne ha uno autistico. Hanno capito che, tutto quello per cui loro avevano lavorato, sarebbe stato vano se non avessero fatto qualcosa per il futuro dei loro ragazzi, quando loro non sarebbero più stati capaci di accudirli di persona.
“Eravamo arrivati a un’età in cui bisogna cominciare a pensare di far la valigia” Mi dice Fornino. Pensare al futuro estremo è coinciso, per i due amici, con il vendere tutto quello che potevano e investire nella città felice per i loro figli, ma anche per i figli degli altri genitori con cui dividevano la stessa disperazione per un futuro angoscioso. Il dar fondo ai loro risparmi di una vita di lavoro ha permesso di realizzare una struttura che vale più di 14 milioni di euro. Non hanno chiesto un soldo a nessuno e hanno costruito sei mila metri quadrati di edificio, con ventidue ettari di terra attorno.
All’ inaugurazione sabato c’erano i due sindaci di Bertinoro e Forlimpopoli, venuti con la fascia a tagliare i nastri. Autorità a bizzeffe, divise gallonate, inviati del Vescovo e centinaia di concittadini. Ora tutti battono le mani e sono felici che il territorio abbia partorito la città dei sogni, ma i Fornino Valmori ne hanno mandati giù di bocconi amari, quando nessuno ci credeva, ma tutti sembravano fare a gara per metter loro i bastoni tra le ruote. Per realizzare il progetto hanno combattuto per ben cinque anni con la burocrazia, ma una volta che avevano tutte le carte a posto, per costruire tutto ce ne hanno messi solo due.
Alla fine daranno lavoro a cinquanta operatori specializzati, con cinque docenti dell’ Università di Bologna che si sono prestati per garantire la coerenza scientifica dell’ attività. Al centro una struttura residenziale e semi residenziale per progetti individuali di abilitazione. Due edifici con stanze da letto a perfetta norma secondo i regolamenti vigenti, altro che un ghetto per disabili, la loro città sembra più un luogo immaginato per la serenità di chiunque. C’è un ristrorante biologico aperto al pubblico, rifornito con prodotti a chilometro zero, una lavanderia industriale iper moderna dove già è iniziata l’attività di fornitura, ritiro e lavaggio di pannolini rigenerabili per gli asili nido. Palestre, campi sportivi, aule di abilitazione con operatori specializzati nelle più moderne tecniche indicate dalle linee guida dell’ I.S.S. Un centro di equitazione ricreativa per disabili con varie possibilità di terreno di lavoro sia coperto che scoperto. Un’ippovia interna di ben quattro chilometri. Anche venti stalle modernissime per tenere a dimora cavalli altrui e fare reddito. Il principio è quello dell’azienda e all’ottanta per cento le strutture sportive e quelle destinate a riunioni e convegni sono a disposizione di chi voglia affittarle.
I due padri non si sono dimenticati di essere imprenditori, il loro progetto è stato pensato per potersi sostenere con le proprie risorse, molti storceranno il naso, ma per tutti sarà un format sociale molto interessante. La disabilità psichica degli adulti è ignorata come problema della collettività. La solitudine disperata delle famiglie, che sono di fatto invitate ad arrangiarsi, ora per lo meno ha un punto di riferimento concreto. Non tutti i genitori hanno risorse così cospicue da investire, ma sarebbe interessante il conteggio di quanto il pubblico investe nella grande macchina del terzo settore. Non per polemica, ma per qualche utile riflessione sul reale rapporto tra spesa e livello di felicità (la parola scandalizza?) nei diretti interessati.