Oggi sono andato a prendere con Tommy la prima copia del nuovo libro che mi hanno fatto arrivare in anteprima da Mondadori. Da Prati a via Sicilia ci siamo andati in tandem, non è proprio una passeggiata…Villa Borghese è tutta in salita e i 90 e passa chili di Tommy dietro al sedile si fanno sentire sempre di più…O forse sono io che ce la faccio meno? Abbiamo voluto dare un senso rituale al prelievo, in macchina ci sarei arrivato in dieci minuti ma ho preferito metterci un po’ di fatica comune, per gustarcelo meglio.
Al ritorno a Piazza del Popolo ci siamo fermati proclamando come primo nostro testimonial il ragazzo indiano impegnato da qualche giorno nel prodigio dell’equilibrista su una mano, nuovo format mendicante che ha sostituito i due bonzi. Il primo estraneo a prenderlo in mano è stato un illusionista coatto, passa ore attaccato a quella mano sotto il sole battente come altri suoi colleghi, chissà quale sarò il giro di chi inventa i nuovi format, costruisce le strutture metalliche di sostegno, i sacchi neri per la preparazione nascosta del trucco, veste i ragazzi e li manda a questuare per le piazze d’ Italia. Anche loro quando saranno partiti avranno pensato: “Alla fine qualcosa ci inventeremo”, si sono per ora inventati di starsene appesi, poi magari passeranno a gestire un emporio bangla h24, poi i loro figli andranno a scuola, tra una generazione saranno medici, ingegneri, avvocati. Una prospettiva nemmeno troppo impossibile, lo spero vivamente per loro.
Invece noi autistici che c’inventiamo? L’ultimo capitolo del nuovo libro ha per titolo: “Che ne so”, un’ amica mi ha già detto se fossi stato depresso quando l’ ho scritto, macché depresso, mai stato tanto in forma. La verità è che nel periodo tra i due libri di risposte convincenti non ne ho trovate. Resta ancora la speranza di poter vedere “Insettopia” diventare un progetto condiviso e seguito, non solo l’ utopia di pochi romantici che in questi mesi ci hanno messo energie e risorse concrete. Comincerò seriamente a battere cassa perché qualcosa si muova, io almeno non ho più tempo da perdere. Sono veramente stanco di sentire persone che hanno perso la misura del trascorrere del tempo e immaginano che l’ inciviltà nazionale nell’ affrontare il nostro problema possa essere combattuta con le mucillaggini della burocrazia, dei convegni, delle chiacchiere infinite.
So perfettamente che questo sarà un libro che mi procurerà una marea di nemici, anche e soprattutto tra chi professionalmente si occupa di disabilità, persino tra chi ha il mio stesso problema. Andrò per la mia strada come alla fine ho sempre fatto nella mia vita, continuerò con testardaggine a pensare che esista una maniera per restituire felicità e vita dignitosa ai ragazzi autistici e soprattutto ai loro genitori, ma è necessario un salto culturale notevole, questa è la parte più difficile.
Il libro nemmeno è uscito e già c’è chi mi tira le orecchie per la mia visione catastrofica e mi ricorda che in Italia dal 1934 esiste un Regio decreto che assicura il diritto al “dopo di noi” ai nostri ragazzi. Ohibò averlo saputo non mi sarei arrabattato tanto, la stessa persona mi ricorda che esistono soluzioni molto dignitose, di visitare le comunità alloggio del Piemonte dove la situazione è ottimale…Mi farò un giro, ma pensare che le speranze di civilizzazione dell’ Italia rispetto alla malattia psichica si appoggino a quel Regio Decreto del 1934 mi fa venire qualche brivido confesso. Anche perché cinque anni dopo l’emanazione di quell’ illuminatissima, e unica legge, eravamo tenacemente alleati a un paese che si era inventato il progetto T4, l’eutanasia di massa degli adulti disabili, che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi. Coinvolse medici, operatori sanitari, suore e preti. Smisero a guerra finita. Comunque servisse sarei pronto anche a gridare “Forza Savoia!” Qualche dubbio però mi è venuto….