In entrambi i miei libri su Tommy racconto di un tentativo abortito di creare un centro di eccellenza sull’autismo, inteso come aggregatore di cultura e laboratorio sperimentale per trattare, formare, sostenere. Mi ero illuso che fosse possibile trasformare in un polo specializzato sull’autismo uno dei posti più belli di Roma, il Bioparco. Mi sembrava una fantastica maniera per riconvertire un luogo, che ogni giorno di più rischia di diventare antistorico, in un avamposto davvero unico da cui promuovere una «cultura dei ragazzi autistici».
Mi avevano detto che all’interno del Bioparco di Roma c’era un’area completamente abbandonata a rischio crollo: si trattava di due fabbricati semicircolari, le famose uccelliere progettate dall’architetto Raffaele De Vico e realizzate tra il 1923 e il 1925, un tempo considerate all’avanguardia per l’impianto di riscaldamento che passava sotto alle gabbie rialzate e che, assieme alla celebre voliera, rappresentavano un esempio di architettura funzionalista.
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Un recupero mirato degli spazi originari avrebbe fatto della nostra città un prototipo di residenza per autistici, un luogo di addestramento all’autonomia in cui condividere alcune regole del vivere che possono poi essere applicate nella propria casa e in altri contesti sociali. Tutto mi sembrava perfetto. Sarebbe stata costruita un’ Insettopia in un posto bellissimo, il più̀ bello che esista a Roma: una struttura strappata alla sua destinazione di rudere. Pensavo a un innesto radicale di tecnologia; avrei voluto creare un prototipo di domotica tra quei mattoncini muschiosi. I ragazzi dovevano essere monitorati e assistiti, senza ricreare un panopticon digitale, ma volevo permettere loro libertà di movimento e inclusione attraverso attività lavorative a contatto con i visitatori, senza comunque rinunciare alla loro sicurezza.
Naturalmente non se ne fece nulla, le nostre belle uccelliere continueranno, fino al crollo fatale, a essere dimore di ratti e ramarri. (Leggi la cronaca completa da qui>>>Il racconto di un’Insettopia mai nata)
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IL NOSTRO PROGETTO DI FARE UN’INSETTOPIA AL BIOPARCO
Comunque sia finita noi ci lavorammo parecchio e partorimmo un progetto ben articolato:
Partimmo dall’ analisi di quello che potevamo ricavare da due fagioloni semi circolari:
Come sarebbe diventato se avessimo potuto realizzare il Progetto Insettopia
Nello specifico le planimetrie di come avremmo riconvertito i due piani di entrambi i fagioloni diroccati (Architetto Massimo Salutini).
- planimetria Piano Terra
- planimetria P.T. SX
- planimetria P.T. DX
- planimetria Piano Superiore
- planimetria P.S. SX
- planimetria P.S. DX
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E’ UN SUCCESSIVO E PIU’ DETTAGLIATO STUDIO DI RECUPERO
LO FECE PER NOI L’AMICO ARCHITETTO CARLO CASTELLI
CHE CITO NEL MIO LIBRO
E AL QUALE FU POSTO IL PROBLEMA DELLE “GABBIE INTANGIBILI”