Autismo chiama, burocrazia risponde. Qualche volta
C’è voluta la tenacia, o la disperazione, di una mamma e di un papà che non sapevano più che fare, con quel ragazzone autistico a cui non potevano dare più niente di buono. Alla fine, dopo quattro richieste e altrettanti rifiuti, la Asl di Teramo ha detto sì: in mancanza di alternative possibili e accettabili, Gianmarco potrà entrare in quel centro residenziale a Cicciano, in provincia di Napoli, dove già da alcuni anni vive sua sorella, autistica anche lei, grave quanto lui. Lontano da casa, perché l’Abruzzo, per l’autismo, non offre nulla di serio.
Gianmarco e sua sorella erano stati adottati in Bugaria oltre 20 anni fa. L’autismo non si era manifestato ancora, o forse era stato tenuto nascosto ai due volenterosi genitori adottivi. I primi segni si sono evidenziati poco dopo, ma i problemi sono iniziati con l’adolescenza: e il ricovero in una struttura residenziale era parsa, alla fine, l’unica via d’uscita, la sola strategia di sopravvivenza possibile. Il centro specializzato più vicino, però, si trova, appunto, a Cicciano: è lì che si trova la sorella di Gianmarco, che – assicura la mamma – è migliorata moltissimo da quando è lì.
Ed è lì che la raggiungerà, dopo questa lunga battaglia, Gianmarco: questione di settimane, forse di mesi, perché l’autorizzazione, intanto, c’è. Ma è stata dura, molto dura: la mamma e il papà hanno dovuto insistere, bussare a tante porte, combattere contro la cieca burocrazia, cieca e sorda alla loro disperata esasperazione.
“Non sappiamo più cosa fare, io inizio a temere per la mia incolumità – raccontava mamma Alessandra a Redattore sociale qualche tempo fa – Fino a qualche tempo fa Gianmarco
era abbastanza tranquillo, ma dai 18 anni la situazione è peggiorata: è diventato molto aggressivo, difficile da gestire. E’ come se la casa gli stesse stretta, non resiste, vuole sempre uscire. La mattina, quando si sveglia, intorno alle 5.30, spesso siamo soli io e lui: e inizio ad avere paura, perché lui è grande e forte e io non riesco a contenerlo. Per questo, credo che abbia bisogno di una struttura che sia in grado di accoglierlo e rispondere ai suoi bisogni. Perché noi non siamo terapisti, ma genitori. E non ce la facciamo più”.
Di qui, la richiesta di inserire Gianmarco a Cicciano: e i ripetuti “no” incassati dalla Usl: prima per ragioni economiche (ricoverare Gianmarco fuori regione costa circa 300 euro al giorno), poi per ragioni burocratiche: certificazioni che non bastano mai a sbloccare una situazione diventata ingestibile. “E noi siamo sempre più preoccupati – raccontava Alessandra nel pieno dell’estate – Stamattina è stato difficilissimo, ogni mattina è così: io e Gianmarco soli in casa, lui aggressivo e violento, io non riesco più a difendermi. E ho paura. Cosa devo fare per uscire da questa situazione? Un gesto eclatante?”.
Alla fine, la tenacia dei genitori e il sostegno di un’associazione, Autismo Abruzzo, hanno avuto la meglio sulla burocrazia: il tanto atteso sì è arrivato, l’autorizzazione della Usl c’è, mancano solo gli ultimi passaggi burocratici. “E speriamo siano davvero gli ultimi. E non troppo lunghi”, racconta la mamma, che si prepara alla separazione con sentimenti contrastanti: “Da una parte siamo felici, perché se è vero che dall’autismo non si guarisce, è anche vero però che la qualità della vita dei nostri ragazzi può decisamente migliorare, quando sono seguiti da figure professionali ben preparate e specializzate. E ce lo ha dimostrato nostra figlia, che da quando è inserita in quella struttura ha fatto incredibili progressi. Dall’altra parte, certo, c’è il dolore del distacco: sentiremo la mancanza di Gianmarco, la nostra vita cambierà. Proprio ieri sera con mio marito ci chiedevamo: ‘Che faremo senza di lui?’. Ma siamo convinti di aver fatto la scelta giusta per nostro figlio. E a tutte le famiglie come la nostra raccomandiamo di non fermarsi mai di fronte alla prima porta sbattuta in faccia, perché tante ancora se ne chiuderanno. Ma dobbiamo essere ostinati nel chiedere non aiuto, ma diritti. Anche se costa una grande fatica“