Inutile mettersi a dieta: il grasso si perde, l'autismo no
Le diete fanno bene ai grassi ma non agli autistici. A dimostrarlo con evidenza scientifica c’è una sperimentazione americana avviata nel 2007, ma di cui solo qualche giorno fa sono stati resi noti i risultati. Daniela Mariani Cerati ne parlava già allora su alcuni siti e liste specializzati, spulciandosi la ricerca e poi seguendone gli sviluppi. “Il National Institute of Mental Health – riferiva – sta supportando una sperimentazione randomizzata controllata sulla dieta senza caseina e senza glutine in bambini autistici in età prescolare. La sperimentazione si concluderà nell’aprile 2008. Con la pubblicazione dei dati si farà finalmente un passo avanti nella conoscenza sull’utilità o meno della dieta che, se utile, verrà prescritta dai medici e non consigliata sui siti web o sui rotocalchi”.
Risultati attesi con ansia, dunque, per dare o togliere fondamento alle speranze di tante famiglie, che credono alle tante “storie di miracoli, che sarebbero molto convincenti se non ci fossero state storie analoghe per la secretina, il naltrexone e la fenfluramina, la cui inefficacia è stata poi sancita dalle ricerche controllate in doppio cieco”, scriveva Cerati nel 2007. Molti di questi genitori, però, non hanno voluto aspettare, pensando forse che il solo fatto che una sperimentazione del genere si facesse fosse prova dell’efficacia della dieta. E così in tanti “hanno iniziato la dieta – scriveva allora Cerati – esponendo il bambino ad un isolamento ancora maggiore di quanto già comporti la disabilità. Se infatti c’è un momento in cui stare insieme agli altri è più facile, è quello dei pasti, ma la proibizione degli alimenti più comuni a bambini non collaboranti rende difficoltosa la socializzazione anche in questi momenti”.
Attendere i risultati, d’altronde, sarebbe stato un vero supplizio: primo, per l’incredibile ritardo con cui sono stati resi noti (non aprile 2008, com’era previsto, ma settembre 2015!), secondo per la “doccia fredda” che questi risultati hanno rovesciato sulla testa di chi si aspettava un esito positivo della sperimentazione. Bastano poche, glaciali parole: “I test di provocazione con gli alimenti oggetto di studio non hanno avuto effetti statisticamente significativi sui parametri fisiologici, sui comportamenti problema o sui sintomi autistici”. Va detto che la sperimentazione ha incontrato non poche difficoltà, visto che non si è raggiunto neanche il numero di 21 bambini da sottoporre a test e il campione si è dovuto ridurre a 14. “La maggiore difficoltà nel reperimento delle famiglie disponibili alla sperimentazione – spiega oggi Cerati – è data dal fatto che essa comportava la somministrazione di merende a base di glutine e caseina e i genitori si erano convinti che questi alimenti fossero dannosissimi per il loro bambino”.
Le povere “cavie”, dunque, sono state sottoposte a un rigido regime elementare, mentre i ricercatori osservavano cosa accadeva in presenza o assenza di caseina e/o glutine. Ebbene, “ci sono stati dei peggioramenti in qualche parametro, ma tali peggioramenti si verificavano in egual misura con il placebo e con la caseina e il glutine”. Come a dire: placebo e alimenti incriminati producono i medesimi effetti sull’autismo. Ovvero, non ne producono alcuno. Illusioni vane, dunque. E sacrifici inutili, ad appesantire ulteriormente esistenze che di tutt’altro avrebbero bisogno.
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