Gabriella cerca su Pubmed: "neuro feedback autism"
Ci piace che questo magazine sia anche luogo di confronto di opinioni. Per questo pubblichiamo una nuova riflessione di Gabriella La Rovere, il medico madre di Benedetta da cui è partito il dibattito su “Mente”, che da qualche giorno si svolge vivace sulle nostre pagine. Il tema è di carattere medico scientifico quindi non ci vogliamo sostituire agli addetti ai lavori entrando in merito. Naturalmente chi avesse pareri differenti avrà qui spazio per esporli come è già accaduto in questi giorni.
Tutti gli articoli precedenti
- Mente? O forse è meglio ripiegare sul Folletto…
- Mente “calma”, ma regna il “caos” tra sperimentazione e televendita
- Arrivano gli autistici elettronici filoguidati
- La dottoressa Gabriella e il fantaautismo del Neurofeedback
Più di 30 anni fa quando c’era bisogno di trovare un lavoro scientifico su un determinato argomento, si andava nella biblioteca della facoltà e si sfogliavano i fascicoli di Index Medicus. Si prendevano i riferimenti dell’autore, del titolo e della rivista e si pregava che la ricerca si esaurisse all’interno dei confini regionali e no si fosse costretti ad andare nelle grandi università, se non al CNR. Da circa 10 anni tutto è cambiato grazie a internet e si può studiare stando comodamente a casa usando Pubmed, un motore di ricerca di tutta la letteratura medico-scientifica dal 1949 ad oggi.
Digitando neuro feedback autism sono spuntati 31 articoli e tra questi uno merita una particolare attenzione. Si tratta di una review sistematica[1], cioè di una revisione di tutti i lavori che sono stati scritti e pubblicati riguardo la terapia per l’autismo. L’autore ha raggruppato le varie proposte in 4 gruppi (A, B, C, D) tenendo conto di come si è svolta la sperimentazione. Lo studio è di sei anni fa e a tutt’oggi non è stato scritta altra revisione che lo stravolga. È doverosa una premessa per meglio comprendere di cosa si sta parlando. Uno studio clinico per essere considerato accettabile deve essere:
– sperimentale (trial)
– controllato (i soggetti coinvolti sono divisi in 2 gruppi di cui uno è di controllo)
– randomizzato (l’assegnazione del trattamento è casuale)
La dicitura “in doppio cieco”, che spesso è presente nei lavori scientifici, significa che né lo sperimentatore, né il soggetto coinvolto sanno se stanno usando il farmaco da testare o il placebo. Ritornando alla review sistematica, fanno parte di quattro gruppi:
gruppo A: melatonina, inibitori dell’AchE, naltrexone e musicoterapia. Si tratta di terapie sostenute da almeno 2 trials randomizzati controllati oppure da una review sistematica. (Questi dati possono essere usati come punto di riferimento)
gruppo B: carnitina, tetraidrobiopterina, vitamina C, agonisti alfa-2 adrenergici, trattamento con ossigeno iperbarico, trattamento immunomodulatorio e anti-infiammatorio, ossitocina, terapia della visione. Si tratta di terapie sostenute da 1 solo trial randomizzato controllato oppure da 2 trials non randomizzati controllati. (Ci stanno ancora lavorando…)
gruppo C: carnosina, complesso multivitaminico/minerale, piracetam, acidi grassi polinsaturi, vitamina B6/magnesio, diete, chelazione, ciproeptadina, famotidina, antagonisti del glutammato, agopuntura, massaggio e neuro feedback. Si tratta di terapie sostenute da 1 solo trial non randomizzato controllato oppure da due casi report (Hanno appena cominciato ma il cammino è lungo…)
Gruppo D: si tratta di terapie inconsistenti in maniera preoccupante. E per fortuna questo raggruppamento è vuoto.
In una sperimentazione scientifica un gruppo dovrebbe essere quanto più possibile omogeneo perché solo soddisfacendo questa condizione si può presumere che l’analisi statistica dia risultati validi. Gli autistici non sono un gruppo omogeneo e questo già crea un grosso problema di interpretazione dei dati. Anche prendendo solo come indice di valutazione livello di ansia/comportamento-problema, la difficoltà rimane perché non esiste una scala riconosciuta e validata alla quale fare riferimento.
Siamo, come si dice in gergo, a Caro amico ti scrivo…
A questo bisogna ancora aggiungere la mancanza di una causa precisa, di cosa provochi l’autismo e tutte le sperimentazioni che sono state avviate in questi anni hanno focalizzato l’attenzione su aspetti del quadro clinico (miglioramento della comunicazione e del comportamento) e EEGrafico. Per tutto quello che viene proposto in ambito scientifico valgono le stesse regole, cioè che la sperimentazione sia assolutamente oggettiva, affidabile, verificabile e – molto importante – riproducibile. E questo è tanto più valido quando si parla di autismo perché per molti genitori esiste ancora la speranza che qualcosa aggiusti quel figlio difettoso. È giusto augurarselo e non morire disperati ma è proprio in ambiti come questi che l’attenzione deve essere massima. Usare i social network per informare privatamente di un prodotto che agisce su alcuni aspetti del quadro clinico del soggetto, sminuisce il prodotto stesso rendendolo simile ad un elettrodomestico. Quando si ha a che fare con la salute delle persone, gli atti devono essere alla luce del sole. Le sedi preposte rimangono sempre i convegni scientifici dove le ipotesi, le tesi e la sperimentazione sono sottoposte al vaglio di tante teste pensanti, critiche, attente. Solo allora e dopo una risposta altrettanto chiara da parte dell’Istituto Superiore di Sanità si potrà scegliere di usare quel prodotto, costi quel che costi!
[1] Rossignol DA “Novel and emerging treatments for autism spectrum disorders: a systematic review” Ann. Clin. Psychiatry 2009 21 (4): 213-36
Gabriella La Rovere