Autism friendly? Facile a dirsi!
Si fa presto a dire ‘autism friendly’, chiunque può fregiarsi di questo titolo, un negozio, un ristorante, uno stabilimento balneare, un hotel, un grande magazzino, ecc. ecc. Non c’è bisogno di sostenere prove che confermino o valutino se quel friendly è sincero oppure una trovata di marketing. In molti casi, comunque, si tratta di una scelta sincera e dunque encomiabile a prescindere. Non è un argomento da sottovalutare perché il bollino ‘autism friendly’ può fare la differenza nella scelta di una vacanza, per esempio, quando in famiglia c’è un figlio autistico.
Ecco perché riprendiamo una notizia apparsa qualche giorno fa che riguarda la compagnia di navi da crociera Royal Caribbean International che si definisce la prima nel settore dell’ospitalità ad offrire, a bordo della maggior parte delle proprie navi, l’accesso gratuito on-demand ai contenuti esclusivi di The Autism Channel. Si tratta di un servizio televisivo in streaming che fornisce, alle famiglie e ai professionisti, informazioni, risorse per supportare la vita delle persone affette da DSA (Disturbi dello Spettro Autistico). “The Autism Channel propone attività didattiche e ludiche che spaziano da scorci di vita quotidiana di famiglie con
figli affetti da autismo, ad interviste con medici e professionisti legali”, si legge in un articolo on line che annuncia la novità. Il servizio partirà a fine di ottobre, la nuova proposta, si legge ancora “andrà ad arricchire il programma di grande successo ‘Autism Friendly’ della compagnia crocieristica” che si sottolinea è stato esplicitamente ideato “per offrire un’esperienza di crociera completa e coinvolgente alle famiglie con bambini affetti da autismo o altre disabilità dello sviluppo”.
Mi sovviene a tal proposito un’esperienza personale vissuta nell’ormai lontano 2007 con i miei due figli, uno dodicenne l’altro di nove anni ma soprattutto autistico.
Quando partii per quest’impresa (una settimana nel Mediterraneo imbarco Civitavecchia soste a Genova, Montecarlo, Valencia, Malta, Tunisi e ritorno Civitavecchia) mi presero per una temeraria. “Che coraggio!”, mi disse una psicologa mentre le altre mamme mi guardavano
perplesse. Fu un’esperienza faticosa ma anche memorabile nonostante il fatto che non avessi proprio nessuna persona che potesse darmi una mano in caso di necessità. Ho imparato una cosa: in una nave da crociera è come vivere in una città. Puoi eclissarti nella tua cabina e nessuno ti dice niente. Oppure partecipare alle inziative di bordo, alle visite guidate a
terra esattamente come tutti gli altri (che non hanno un autistico a seguito) e incrociare le dita sperando che tutto vada bene.
Quello che ho fatto è stato però costruire la settimana di crociera sulle esigenze del mio figliolo (non tutto però). Lui, ad esempio, non voleva andare in piscina perché c’erano quelli dell’animazione che urlavano dai microfoni e dagli altoparlanti. Si rifiutava di andare a
vedere gli spettacolini in teatro perché la prima e ultima sera che ce l’ho portato si sono materializzati quelli della baby animazione tanto bene mascherati da Biancaneve e i Sette Nani, personaggi dei quali mio figlio era terrorizzato e via di questo passo.
Abbiamo messo in atto alcune strategie fendi-folla per evitare lunghe e tormentate file soprattutto quando si scendeva a terra. Abbiamo attraversato in lungo e largo la nave scendendo e risalendo ascensori per evitare la zona degli animatori urlanti. Abbiamo sfruttato e goduto di ampi spazi vuoti come ad esempio la pista da ballo della discoteca (usata da mio figlio per ruotare su se stesso come un dervisci) e la sala dei videogiochi in orari in cui erano deserti perché il resto della ciurma era impegnato altrove. Ci siamo goduti il fresco del lounge bar assaggiando meravigliosi cocktail a base di succo di fragola quando gli altri erano in piscina a fare i giochi.
Insomma ci siamo arrangiati.
Su una cosa sono stata irremovibile: le uscite per visitare i posti dove attraccavamo. Non ce ne siamo perse una. Il nostro autistico veniva ‘ingannato’ con la promessa dell’acquisto, ad esempio, dei biscotti della marca preferita (che non si trovavano neanche a pagarli oro) e cose simili. Come un turista qualsiasi però si è sorbettato tutto. Ovvero le cose più noiose e impensabili per un autistico. Mezz’ora di descrizione davanti a un quadro di Caravaggio alla
Valletta a Malta, la visita al museo dei profumi in Provenza, le stradine invase dalla gente che ti voleva vendere di tutto e ti spingeva e strattonava a Sidi Bou Said in Tunisa ecc. ecc.
Quando è finito tutto mi sono chiesta: “Ma se ci fosse stato qualcuno che mi avesse aiutato un po’ con mio figlio in questa vacanza profumatamente pagata non sarebbe stato meglio? Non dico tanto ma un po’ di sollievo qualche oretta in santa pace per me e l’altro figlio ovviamente”. Invece niente: anzi quando mi presentai con mio figlio nell’area kids dove venivano parcheggiati bambini urlanti e invasati anche tutto il giorno mi chiesero dopo un paio di minuti, gentilmente, di uscire portandomi via mio figlio perché non sapevano come trattarlo.
Ecco forse il programma ‘Autism friendly’ della Royal Caribbean serve a proprio questo. A non sentirsi esclusi e perennemente a disagio quando si viaggia con i propri figli autistici.