Alessandro Bergonzoni sull' inconcepibile figlio autistico
E’ possibile una sintesi poetica dell’indescrivibile autistico? La migliore finora ce l’ ha data un attore (è dir poco) che da sempre costruisce mondi sui significati molteplici delle parole. E’ paradossale che proprio un maestro della parola maneggiata ogni limite del suo uso comune sia stato capace di una definizione fulminante nella sua esplosiva contraddizione. E’ vero…Noi “abbiamo messo al mondo l’inconcepibile” basta farcene una ragione…
A fine marzo ho incontrato Alessandro Bergonzoni nel suo camerino del teatro Vittoria a Roma, un’ ora dopo che lui aveva recitato il suo monologo “NESSI” e dieci minuti prima che andasse nuovamente in scena. Aveva appena fatto rimbalzare eserciti di parole sulle loro ambiguità, sui nessi che sottilmente le legano, sulle sconnessioni che ne fanno esplodere i sensi come i dissensi. Aveva parlato di di padri e di figli, di vita e morte che si rincorrono tra generazioni e degenerazioni.
Mi ha raccontato del suo progetto “Le vite in fasce” , mi ha regalato una delle fasce double face che anche lui porta al braccio. Bianca per ogni nascita e nera per ogni nuova morte. Un continuo affliggersi e gioire per sentirsi parte dell’umanità che si accende e si spegne. Le sue fasce che legano tra loro vivi e morti mi hanno connesso a una mia antica fissazione nata da una lirica di Francisco de Quevedo, dove si parla di “pañales y mortaja” pannolini e sudari che fasciano alla stessa maniera neonati e cadaveri, baluardi estremi di una vita in cui già moriamo nascendo.
Lui segue a Bologna “La casa dei risvegli” e ha esperienza di quanto sia sottile la linea che divide l’ essere appena nato dall’ essere appena morto. In questo soffio è tutto il nostro affanno, sappiamo che in questo soffio si alterna l’ intera umanità ma per quello che soffia oltre il nostro recinto degli affetti più stretti spendiamo tutta la nostra indifferenza. Non è una colpa…Forse non può essere che così, ma Bergonzoni ci propone di stringersi la fascia all’avambraccio e provare a sentire fisicamente la “pressione” di tutti quei nati e di quei morti.
Poi mi ha chiesto dei nostri figli autistici… Gli ho detto che anche per noi è tutta roba di nati e di morti. Si parte da un figlio che ci nasce diverso dagli altri, si finisce in un figlio che ci angoscia pensare che sopravviverà alla nostra morte. Così Bergonzoni ci ha regalato un pensiero che è un’ opera d’ arte, è stata la migliore didascalia per i nostri figli che abbiamo esposto in un Museo d’ arte il 2 aprile.
“Solo perché non ho un figlio autistico non lo posso concepire?
Mettiamo al mondo l’ inconcepibile”