Autistici e disabili, la "svolta" di Torino: stallo riservato anche per chi non va dal medico!
Le norme, a volte, sono davvero cieche e stolte: colpiscono il più debole,
accanendosi contro il più indifeso.
Il comune di Torino, per esempio, da 12 anni ne ha una emblematica in questo senso: per stanare i “furbetti del parcheggio riservato”, i “falsi invalidi del posteggio”, pretende che si esibisca un certificato medico, che attesti non soltanto la disabilità, ma anche la necessità di uscire di casa almeno dieci volte al mese, per ragioni mediche. Pensate cosa può significare questo per le famiglie con figli autistici: già sappiamo quanto sia difficile normalmente far capire che quel ragazzo robusto, pieno di salute, completamente deambulante e apparentemente sanissimo abbia in realtà più di qualche problema a muoversi per la città. E che tenerselo accanto nella disperata ricerca di un parcheggio, che poi magari si trova lontanissimo dalla meta finale, possa trasformarsi una vera e propria impresa. Ecco, a Torino la giunta comunale, nel lontano 2003, si è impegnata per rendere ancor più difficilmente esigibile questo sacrosanto diritto: perché nessun ragazzo autistico deve uscire di casa per dieci visite mediche al mese. Eppure quel parcheggio serve a quelle famiglie come il pane, per rendere almeno un po’ meno complicata una vita decisamente impegnativa.
Fortunatamente, ci ha pensato una delle tante mamma battagliere a scoperchiare la pentola
E lo ha raccontato tempo fa Redattore sociale: Marina Cometto non ha una figlia autistica, ma gravemente disabile, con una malattia rara e una serie di problemi di salute che la metà basterebbe a sfiancare chiunque di noi. Quando il vigile ha bussato alla porta di casa sua per chiedere quel certificato che Cometto non ha mai avuto (né pensava di dover avere), non ci ha visto più: ha scritto ai giornali, al sindaco e all’assessore, denunciando questa delibera come “discriminatoria” e provando a spiegare quanto sia vitale quel parcheggio riservato per sua figlia Claudia: vitale in senso stretto, nel suo caso, perché Claudia rischia la crisi cardiaca in ogni momento ed ogni minuto, in quella circostanza, è prezioso. Vitale anche per tante famiglie “autistiche”, quel parcheggio, che però a Torino, appunto, non spetterebbe loro di diritto: semplicemente perché il figlio, per quanto complicato e difficile sia, non ha bisogno di un medico dieci volte al mese!
Ora, non sappiamo quante famiglie siano state colpite dalla mannaia di questa normativa: forse tante no sanno che quel certificato è dovuto, forse a molte non è stato richiesto, perché a volte perfino la burocrazia chiude un occhio. Sta di fatto che, per rispettare la norma, è evidente che, in questo caso, o si trova l’inganno o si rinuncia a un diritto. Ma presto, per fortuna, non sarà necessario: la battaglia di Marina Cometto, che ha portato in piazza e sui media la sua indignazione esasperata, pare stia avendo la meglio su quella strega cattiva che a volte è la burocrazia. Il vicepresidente del consiglio comunale Magliano ha presentato infatti un’interpellanza, sollecitato proprio dalla segnalazione di Cometto: e due giorni fa l’assessore competente, Claudio Lubatti, ha risposto. Il primo chiede di “rivedere la norma”, in virtù della recente e strabiliante scoperta che
“le persone con disabilità hanno necessità di spostamento anche per ragioni di lavoro, studio, socialità, commissioni, come qualsiasi cittadino”
Il secondo risponde, riconoscendo “ l’esigenza di aggiornare la norma” e annunciando che l’assessorato “sta elaborando una bozza di nuova delibera, che probabilmente entrerà in vigore già nel 2016”, che di fatto elimini la necessità di produrre questo certificato. Questo, anche in considerazione del fatto che “sono cambiate le esigenze e la concessione della disabilità nella società”.
Il comune di Torino, insomma, sta riconoscendo ai disabili e agli autistici il diritto e il bisogno di uscire di casa non solo per andare dal medico, all’ospedale, o in qualche altra struttura sanitaria. Ma, magari, anche solo per andare a incontrare un amico, o a vedere un film o una mostra: per quanto tutto ciò sia e resti complicato, quando c’è una disabilità, motoria, intellettiva o relazionale che sia. Perché di barriere ne restano ancora tante: ma almeno questa, dopo tanti anni, ora pare vacillare.
Grazie a una mamma, che si è sottratta al dispotismo irragionevole della burocrazia
E che oggi è abbastanza soddisfatta: “Sono contenta di aver contribuito, con la mia segnalazione ai media, alla eliminazione di una norma ingiusta e discriminante per le persone con disabilità – ci dice – Non fosse altro perché la disabilità è come una raccomandata: può arrivare a tutti inaspettatamente. E se la società è più accogliente, la vita è più semplice per tutti”.