Chi farà il "favore " di dare un lavoro a un autistico?
Lavoro e autismo non fanno proprio rima
Ma questi due mondi, già abbastanza distanti, potranno allontanarsi ancora di più, fin quasi a dimenticarsi l’uno dell’altro. Perché, con il Jobs Act, il datore di lavoro potrà scegliersi “il disabile su misura da assumere”. A lanciare l’allarme è una piccola associazione, si chiama “Tutti nessuno escluso. Coordinamento nazionale per l’inclusione sociale dei disabili psichici”. Il tema è trasversale, riguarda la disabilità in genere, non gli autistici in particolare, ma per gli aspiranti lavoratori autistici potrebbe avere forse un interesse ancora maggiore: la riforma del lavoro introduce infatti, tra le tante novità, una certa
chiamata nominativa
per le assunzioni dei lavoratori con disabilità, modificando così la legge 68/99 che regola questa delicata materia. La novità è che i datori di lavoro avranno sì l’obbligo, come e più di prima, di assumere una certa quota di disabili, indipendente (ecco una buona novità) dalle dimensioni dell’azienda: ma potranno scegliere arbitrariamente il loro “disabile su misura”, appunto, indipendentemente dalla sua posizione nelle graduatorie dell’ufficio di collocamento. Con tutti i rischi che questo comporta: “discrezionalità, discriminazione, clientelismo”, ci dice Virginio Massimo, che preside l’associazione, promotrice non solo di una manifestazione il prossimo mercoledì a Montecitorio (dalle 9.30 alle 13.30, per chi volesse andare), ma anche di un successivo ricorso alla Commissione europea.
Si potranno assumere “disabili su misura”
Intervistato da Redattore sociale, così spiega Virginio Massimo: “Ribadiremo il nostro secco no alla norma che concede ‘carta bianca’ ai datori di lavoro, i quali possono scegliere, a proprio insindacabile giudizio, il ‘disabile su misura’ da assumere – ci spiega Virginio Massimo, presidente dell’associazione – Permettendo così la legalizzazione di una specie di ‘caporalato’ per l’assunzione dei lavoratori con disabilità. Un meccanismo ingiusto e discriminatorio – aggiunge – che non garantisce trasparenza e rispetto delle regole per tutti e costringe le persone con disabilità a cercare di ottenere un lavoro come un ‘favore’ e non come un diritto”. E’ facile immaginare che i “teppautistici” non saranno gli “eletti”, ma anzi le prime vittime di questa discriminazione tutta nuova.
E questo rischio è avvalorato dal parere tecnico dell’avvocatessa Giuliana Alberti, redatto proprio per l’associazione: “Rispetto alle vecchie norme, “il sistema modificato dal Decreto attuativo 151/2015 del Jobs Act prevede esclusivamente la chiamata nominativa quale modello generale per adempiere all’obbligo di assunzione, restando la possibilità di richiedere una preselezione fra le persone iscritte negli appositi elenchi una mera opzione, non vincolante, per il datore di lavoro”.Questo permetterebbero di fatto ai datori di lavoro “di provvedere alle assunzioni in via nominativa, discriminando tutti quei soggetti inseriti negli elenchi e nelle graduatorie e che con capacità lavorativa equivalente potrebbero trovarsi in condizioni di accesso al lavoro molto più critiche e difficili”. Disabili psichici e “teppautistici” in testa.