La violenza contro le donne disabili mentali è "indicibile"per tutti?
Perché tra le tante ricorrenze politicamente correttissime nessuno ricorda pubblicamente che esiste anche la violenza, anche sessuale, a danni delle donne disabili psichiche? Eppure le donne con disabilità dovrebbero poter accedere agli stessi servizi antiviolenza istituiti per ogni altra donna, anzi dovrebbero esistere per loro servizi specializzati e dedicati in concerto con le organizzazioni di familiari. Ma non ne parla volentieri nessuno, eppure sono le donne più indifese di ogni altra donna, quelle incapaci persino di raccontare di denunciare, quelle che hanno doppia difficoltà a essere credute perché ritenute “minorate”. Sono le donne ritenute incapaci di intendere e volere che spesso subiscono molestie e violenze in famiglia, nei centri di residenza,centri residenziali, centri di cura, laboratori per persone con disabilità, in genere in tutti i luoghi di “esclusione” dove sono “depositate”. Spesso la violenza viene dalle stesse persone incaricate di occuparsi di loro. Gabriella la Rovere mamma di Benedetta getta sale su una piaga che il benpensantismo diffuso fa finta di non vedere, ma molte madri di autistici lo sanno. Ne parlai nel mio primo libro quando raccontai della madre che portò la figlia autistica dal ginecologo e questi le disse “dopo il menarca le metta subito la spirale…Almeno evita che se qualcuno ne approfitta possa rimanere incinta!” Parliamo di fantasmi tra i fantasmi. Volete una conferma? Fate una prova, cercate su Pinterest donne+ autismo+ verrà fuori solo l’ immagine di Temple Grandin, tutte le altre? Mai esistite! (gn)
Nel giro di poco tempo ci troviamo a festeggiare due ricorrenze: la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) e la giornata internazionale delle persone con disabilità (3 dicembre).
I social network permettono di poter condividere, amplificare pensieri e parole e se ci fidassimo solo di quello che leggiamo, dovremmo stare sereni perché, non solo è possibile un futuro per i nostri figli, ma il presente è già qui, pronto e accogliente.
Nella giornata riservata alla riflessione sulla violenza alle donne non ho sentito o letto nessuno che abbia parlato di quelle con disabilità mentale, vittime anch’esse delle peggiori nefandezze.
Si calcola che il 33% delle donne normodotate sia vittima di violenza, principalmente da parte di mariti e fidanzati. Nel caso di donne con disabilità la percentuale sale al 40%, di cui solo il 10% denuncia la violenza subita.
Il 25 novembre l’intera società si è scordata di loro sottolineando ancora una volta la non appartenenza al genere umano ma solo al DSM 5. Le violenze che vengono perpetrate sottendono agli stessi parametri coinvolgendo gli ambienti più frequentati: in primo luogo la famiglia, poi la scuola e i centri di riabilitazione socio-sanitaria.
La donna con disabilità mentale subisce la violenza e gli effetti sono devastanti sulla psiche che normalmente vive un equilibrio precario ottenuto al prezzo di tanto lavoro svolto da chi sta loro accanto.
Le conseguenze spaziano da disturbi aspecifici come mal di stomaco, mal di testa, disturbi del sonno, a veri e propri disturbi del comportamento con depressione, attacchi di panico, paura irrazionale, aggressività verso se stessi e gli altri, repentino cambiamento dell’umore.
La violenza irrompe come uno tsunami e già da sola è sufficiente a sconvolgerla, ma a questo crimine se ne aggiunge un altro: il mancato riconoscimento di essere persona ma solo una malattia psichiatrica, perciò quello che viene detto, a fatica e dopo giorni di elaborazione difficile e sofferente, non viene creduto.
Questa è la peggiore ingiustizia della quale non si parla, tutto è nascosto sotto pesanti coltri di perbenismo.
Ottenere giustizia significa una battaglia ciclopica, spesso persa in partenza perché il racconto che viene reso dalla donna con disabilità mentale, viene sottoposto a un triplice vaglio di esperti (di parte, della controparte e d’ufficio) con la conclusione finale di un giudice che spesso preferisce lavarsene le mani, rimpallando la patata bollente in varie giurisdizioni.
Nessuno sente il dovere di combattere al loro fianco, nessuno scende in piazza con la candela accesa, nessuno fa lo sciopero della fame perché… sarà vero quello che dice? Non sarà mica frutto di un’allucinazione, di un delirio? E dire che in questi anni abbiamo assistito a molti deliri collettivi seguendo santoni che proponevano cure alternative a malattie incurabili, prive di fondamento scientifico. Occorre che il pifferaio magico sia normotipico – almeno apparentemente – per credergli.
Ecco l’ennesima iniquità per una donna con disabilità mentale: il suo confinamento all’interno di mura manicomiali mentali, difficili da abbattere ma non impossibili.
E il muro di Berlino è un esempio che infonde speranza.
Gabriella La Rovere