Pensare Ribelle

Verrà un giorno che anche gli autistici avranno un peso politico

JohnPitney
John Pitney

Sul rapporto tra politica e autismo a volte, purtroppo si ha l’impressione che tutto il mondo sia paese. Noi autistici abbiamo spesso da lamentarci sul livello di consapevolezza che hanno politici e amministratori nel nostro paese, ma anche in Usa c’è chi pensa più o meno la stessa cosa. Almeno così viene da pensare leggendo l’intervista che il professor John J.Pitney, Jr  docente alla Claremont McKenna University in California  ha rilasciato qualche settimana fa.

Pitney ha da poco pubblicato un saggio dal titolo“The politics of Autism” scritto in cinque anni e che è subito diventato un caso. Il professore è partito dalla constatazione che il problema dell’autismo negli Usa non è sufficientemente e giustamente conosciuto per quello che è,  cioè un problema di comunicazione sociale con disturbi sensoriali. Per questa lacuna culturale l’ autismo non viene supportato con leggi realmente utili per coloro che ne sono affetti e per le loro famiglie.

51+cVb-aJgL._SX331_BO1,204,203,200_Ad esempio non solo manca una linea comune per quantificare il numero degli autistici, ma anche non c’è una percezione globale dei costi sociali dell’autismo. Sembra che il semplice parlarne scateni diatribe non solo nella società civile, tra associazioni private e comunità che ruotano intorno all’autismo ma addirittura diventa terreno di scontro a livello politico.

Ciò va a discapito degli autistici che vengono privati della possibilità di vivere una vita migliore. In pratica ignoranza e scarsa volontà di approfondire le problematiche connesse alla sindrome generano una politica sull’autismo con i paraocchi, disomogenea e frammentaria e non è raro trovare lo stravolgimento di leggi federali da parte delle istituzioni locali. In altre parole c’è difficolta a fare applicare le leggi.

Pitney nel sottolineare che un bambino su 68 è affetto da autismo, ricorda pure che ogni bambino autistico cresce e quindi diventa un adulto autistico. E qui si apre un altro capitolo. “In pratica non sappiamo nulla del destino degli adulti con autismo – spiega Pitney – I politici continuano a definire l’autismo come un problema dell’infanzia. E quando parlano di autismo nominano solo i bambini con l’autismo dimenticando che un bambino con autismo diventa un adulto con autismo. Cosa succede agli adulti con autismo? Trovano lavoro? Quali sono i problemi che devono affrontare ogni giorno? Ci sono servizi per gli adulti sufficienti a soddisfare le loro esigenze?”.

A sorpresa veniamo a sapere che i politici statunitensi, su certe tematiche relative all’autismo, si comportano esattamente come molti nostri politici. Anche la legislazione italiana parla solo di autismo infantile. Quando i nostri ragazzoni autistici compiono diciott’anni, di fatto, vengono cancellati dalla società come soggetti autistici. Spariscono in un limbo fumoso, indifferenziato come se fossero diventati ectoplasmi.

Tutto ciò che serve loro (ed è molto) resta appannaggio esclusivo delle famiglie. L’altra peculiarità che accomuna i politici americani a quelli italiani è che mentre le opposte fazioni sono pronte a scannarsi su qualsiasi tema, per quanto concerne la politica sull’autismo vanno a braccetto. L’autismo è bipartisan qui come Oltreoceano.

Negli Usa, però, qualcosa si è mosso da tanto tempo. Una ricerca sostenuta finanziariamente anche e soprattutto dal privato, una scuola con personale specializzato che applica terapie che col tempo si sono dimostrate efficaci e valide, e che stanno dando i loro frutti. Nella sua prefazione Pitney dichiara che gli autistici finora hanno avuto un ruolo quasi inesistente nel dibattito politico ma le cose stanno cambiando perché le nuove generazioni di autistici che hanno fatto, appunto, un giusto percorso terapeutico nell’infanzia e programmi educativi specifici avranno sempre più strumenti per poter diventare soggetti attivi nella società. “Non per caso assistiamo a un incremento di persone con problemi di autismo che frequentano i college – dice Pitney – Ci sono studenti autistici anche al Claremont Colleges. Ma se non imbocchiamo le strade giuste per conoscere veramente le persone con autismo, questi non potranno ricevere gli aiuti di cui hanno bisogno. E di conseguenza non saranno mai capaci di contribuire in prima persona al dibattito politico”.

Il professore, infatti, è fortemente convinto che se più persone con sindrome autistica riusciranno a entrare nei settori chiave della politica … “Nel prossimo futuro si sapranno difendere da loro stessi”. In altre parole la nuova sfida sarà costruire la classe politica autistica del futuro.

Alle nostre latitudini per ora sarebbe già molto che la classe politica cominciasse a prendere consapevolezza che forse gli autistici non voteranno se non tra almeno una generazione, ma i loro familiari già votano e stanno uscendo dal letargo.

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