"Cosa bolle in pentola"? Le "evidenze" sull'autismo al convegno Aira
Cosa bolle nel pentolone dei ricercatori che si occupano di autismo? E’ la domanda da cui nasce e con cui si è aperto oggi il 1° Convegno nazionale di Aira, la prima associazione italian che fa della ricerca scientifica sull’autismo il suo scopo e la sua ragione. Ad aprire l’incontro, stamattina presso il Cnr di Roma, Stefano Vicari, una delle principali menti di Aira e responsabile dell’Uoc di Neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù di Roma. “Di autismo oggi si parla tanto – ha detto – e cresce l’ attenzione mediatica e scientifica, ma c’è ancora troppo spazio per approcci e interventi non verificati. Il nostro obiettivo è portare avanti con forza le evidenze scientifiche”. E ha dato il via così a una vera e propria “carrellata” su “ciò che bolle in pentola, dal punto di vista scientifico e clinico, in tema di autismo”. Dati certi e verificati, quindi, ma anche studi e ipotesi scientificamente fondati, per spazzare via le false notizie e i numeri sbagliati che intorno a questo tema decisamente si sprecano.
Quanti e come sono gli autistici? Questa la prima domanda a cui Vicari ha risposto, parlando di una “prevalenza di circa l’1%, cioè un bambino con autismo ogni 100. Si tratta soprattutto di maschi, che sono 4 volte più delle femmine”. Per quanto riguarda le forme e le caratteristiche del disturbo, “più del 70% presenta un disturbo in comorbilità – ha detto Vicari – cioè altri disturbi che accompagnano l’autismo. Nel 45% dei casi – ha precisato – si tratta di disabilità intellettiva”.
I vaccini. Inevitabile e dovuto l’accenno alla questione dei vaccini, “mai pubblicamente risolta, ma di fatto liquidata già da tempo dal mondo accademico e scientifico, che ha escluso qualsiasi correlazione tra somministrazione di vaccini e autismo. Sorprende quindi – ha osservato Vicari che ancora e ne parli in modo tanto veemente. Noi tecnici dovremmo forse imparare a comunicare meglio su questo versante”.
Le cause e i fattori. Se le cause dell’autismo sono ancora ignote, “ci sono però evidenze su molteplici fattori di rischio, nessuno dei quali però è sufficiente né necessario – ha detto ancora Vicari – Tra questi, gli agenti inquinanti e l’assunzione di sostanze durante la gravidanza, il basso peso alla nascita e la prematurità, l’avanzata età paterna. Soprattutto, fattore di rischio significativo è il legame tra fratelli: “la probabilità che il fratello (soprattutto maschio) di un bambino autistico sia a sua volta autistico superano il 25%”, ha riferito Vicari.
Diagnosi “facile” ma tardiva. E’ questo uno dei nodi maggiormente critici quando si parla di autismo: se infatti da un lato, come ha ricordato stamattina Vicari, “l’intervento è tanto più efficace quanto più è precoce la diagnosi”, tuttavia il riconoscimento del disturbo è ancora in molti casi tardivo. Vicari si è riferito ai dati Censis del 2012 per ricordare che “il 45,9% delle famiglie deve attendere da 1 a 3 anni per avere una diagnosi, mentre il 13,5% deve aspettarne addirittura più di tre. Viene allora da chiedersi se questa diagnosi sia difficile – ha continuato Vicari – Ma pare che non lo sia particolarmente, dal momento che l’indice di concordanza tra i medici è piuttosto alto. In altre parole – ha spiegato – è più possibile la concordanza tra due medici nel diagnosticare l’autismo piuttosto che nel diagnosticare il disturbo ansioso depressivo”. La diagnosi precoce dovrebbe essere facilitata anche dal fatto che “gli elementi di stabilità del disturbo diventano significativi già a due anni. Allora serve un ripensamento sui percorsi della diagnosi – ha osservato Vicari – ed è necessario organizzare servizi clinici sul territorio per raggiungere una diagnosi certa. Servono insomma strumenti che aiutino ad abbassare l’età della diagnosi e ad arrivare a un riconoscimento precoce del disturbo”.
Gli studi sui siblings. In questa direzione si muovono alcuni studi che Vicari definisce “promettenti” e che riguardano “una popolazione ad alto rischio: quella dei fratelli, o dei siblings. Sono nate e stanno nascendo – ha riferito ricerche che si basano sull’osservazione diretta di questi fratelli fin dai primi giorni di vita e fino a 3 anni. Nel nostro Paese è molto interessante l’esperienza di Nida, il network italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico: il pianto e i movimenti spontanei alla nascita e nelle settimane successive sono alcuni degli indicatori osservati e considerati particolarmente
I disturbi associati. Altra caratteristica dell’autismo è che nel 70% dei casi il disturbo è accompagnato da altri e per questo si parla di “comorbilità”. Tra i problemi più frequenti nei bambini con autismo ci sono i “disturbi gastro-intestinali – ha riferito Vicari – e il disturbo del sonno, che contribuiscono ad aumentare da un lato l’irritabilità del bambino, dall’altro lo stress dei genitori. Ai disturbi gastro-intestinali si accompagna poi spesso la selettività alimentare, elemento particolarmente stressante per le famiglie”. Tra i vari interventi che si stanno studiando e sperimentando per affrontare queste situazioni, “particolarmente efficaci si stanno rivelando quelli che coinvolgono direttamente i genitori – ha riferito viari – Proprio al Bambino Gesù, tramite una serie di sedute familiari, ci stiamo rendendo conto che l’aumento della comunicazione prodotto da questi incontri è in grado di ridurre notevolmente lo stress genitoriale: genitori partecipi quindi del trattamento del disturbo e non più, come un tempo si credeva e purtroppo qualcuno ancora continua a credere, responsabili e colpevoli del problema”.