Il nostro Natale con un autistico in casa
Non so cosa accada a Natale ai miei colleghi di TeppAutismo militante. Forse anche loro si sentono più buoni, io no mi dispiace. Anzi non mi sono mai sentito più cattivo di quanto mi ci senta in questi giorni. Poco fa, pensando di farmi cosa gradita, un padre mi ha scritto per mandarmi una preghiera da lui scritta e che il Vescovo ha letto domenica in occasione dell’apertura della Porta Santa.
Ho risposto da villano: “No grazie…Cerco fatti non miracoli”, ora ne sono mortificato, ma posso capirmi, il Natale in casa d’ autistico per me è uno strazio. Quest’anno per fortuna vede tutti fuori casa, spero che qualcosa cambierà, per lo meno mi sarà impossibile chiudermi dentro aspettando che passi.
Forse se non ci fosse Tommy che pretende con largo anticipo albero, presepe, festoni e luci nemmeno mi accorgerei che è una festa che dovrebbe comunque portare serenità, ma per la stessa ragione per cui me la ricorda lo stesso Tommy me la fa odiare.
Non ce la faccio più a impegnarmi nella pantomima del pacchetto sotto l’ albero per un ragazzone con la barba, a cui non riuscirei mai a raccontare che Babbo Natale non esiste, anche perché nemmeno ricordo di avergli raccontato che esistesse…Lui da sempre vede in giro Babbi Natale appesi alle finestre o nelle vetrine dei cinesi e quindi deve avere i regali impacchettati sotto l’ albero, e dovremo pensarci fino all’ultimo Natale della nostra vita, senza provare nemmeno a immaginare chi potrà pensarci dopo di noi. Meglio di no, davvero.
Non voglio passare per cinico e disfattista, alla fine a me il figlio autistico mette più allegria di quanto me la potrebbero mettere gli amici delle transumanze festive, quelli con cui normalmente la gente in questi giorni si incontra per farsi gli auguri, quelli con cui progetta magari un viaggio, una cena assieme, una gita, uno scambio di regali. Le occasioni che mi si sono presentate le ho quasi tutte evitate (ancora mi scuso, ancora mi capisco) si trattava di vedermi con le stesse persone che vedo tutto l’ anno, quelle come me con i figli come i miei. Amatissime persone, ma ogni tanto io vorrei fuggire.
Se potessi scegliere una fuga la vorrei fare assieme a Tommy, mai immaginato in vita mia un compagno di fuga altrettanto vicino alla perfezione. Non conosce la pratica del ricatto affettivo, diffusissima in questi giorni. A lui basta viaggiare e non importa dove si vada, non chiede altro che un finestrino accanto e un bicchiere di Coca Cola quando passa il carrello, treno aereo che sia. Il albergo è perfetto e si muove con la disinvoltura di un manager in trasferta d’affari. Al ristorante il massimo sarebbe che ci fossero sempre disponibili penne al sugo, salsiccia, gelato fragola e cioccolato. Ultimamente però anche le variazioni sono tollerate.
Detto questo mi domando dove vorrei andare…Non so rispondermi, vorrei si un posto dove ci siano alberi, prato e montagne sullo sfondo. Un posto dove si possa nuotare in acqua tiepida, dove ci sia un’amaca, forse meglio un’ altalena. Un posto senza galline, senza cani piccoli, (i grandi si se sono tranquilli). Non so poi una volta arrivato cosa vorrei fare, ma si lo so invece.
Aprirei il computer e comincerei a scrivere come faccio ora, scriverei di nuovo, magari per dire sempre le stesse cose…Ma per noi autistici il ripetere ciclico è l’ esorcismo alla fine del mondo che incombe ogni volta che vediamo calare il sole, fino a che la mattina troviamo pronti yogurt, panino, cioccolata e ciambella. Più quattro pillole contro l’ epilessia naturalmente.
Fate un Buon Natale il più che potete