Bobone il #Teppautistico che si sente libero solo in alta montagna
Può un autistico classificato “a basso funzionamento” praticare uno sport in maniera non solo “simbolica”?
Può sicuramente se, in primo luogo, lui decide che gli piace farlo. Può farlo se la famiglia capisce quanto per il figlio sia meglio “buttarsi” in un’ attività all’esterno delle mura domestiche, piuttosto che tenerselo chiuso dentro sigillato tra le quattro pareti di casa.
Ci vuole coraggio, e certamente anche una disponibilità economica che non sempre purtroppo tutti hanno. Spesso però anche le iniziative di puro intrattenimento sostenute con denaro pubblico potrebbero essere indirizzate in direzioni che, oltre che far passare tempo ai ragazzi e creare profitto alle cooperative, assicurino delle reali e gratificanti occasioni di autonomia.
Il terzo elemento, indispensabile perché l’ alchimia porti a un risultato percepibile, è un operatore che sia, allo stesso tempo, perfettamente padrone dello sport di cui è istruttore e “seriamente” formato a tradurre la sua scuola alle esigenze di soggetti autistici.
Per farla breve: non bastano bravi educatori che si improvvisino maestri di sport, nemmeno ottimi maestri con solo un’infarinatura sull’analisi comportamentale e sul trattamento di soggetti autistici.
Una case history perfetta di ragazzo autistico che si sta avviando a fare sport come un qualsiasi altro suo coetaneo neurotipico è quella di Roberto Paganini, aka Bobone, compagno inseparabile di Teppautismo di Tommy.
Bobo scia tranquillo e sereno su qualsiasi pista. Sulla neve è confondibile tra gli altri sciatori, se non fosse per la necessaria pettorina con scritto “disabile” (serve per allertare gli altri sciatori e non fare fila agli impianti di risalita) per chiunque non sarebbe altro che un ragazzone un po’ taciturno che ama la neve e passa come nulla fosse le sue 5/6 ore sciando instancabile.
Presto lanceremo una sfida per trovare un #tagmigliore per i Teppautistici con didascalia
Non è che Roberto sia nato sciatore, anche lui nella vita quotidiana ha mille difficoltà come tutti noi autistici, non è verbale, ha attacchi d’ ansia, deve essere sempre accompagnato ovunque vada da persone competenti.
Sulla neve però le sue difficoltà evaporano e Bobone si butta a capofitto per le piste destreggiandosi sugli sci molto meglio di quanto per lui sia possibile camminare tra la folla insofferente per i marciapiede di Roma. Gli sci sono per lui le ali dell’ “albatro” che: “esule sulla terra, al centro degli scherni” i marinai tormentano quando è “appiedato” e quindi costretto a starnazzare sul ponte della nave.
I genitori di Bobo sono entrambi appassionati sciatori, hanno investito tanto tempo e tante energie perchè il figlio arrivasse a questi risultati. Ci sono voluti anni, ma non è stato tempo buttato.
Il primo a occuparsi della formazione di Bobo sciatore è stato l’ impareggiabile Lorenzo, maestro di sci e albergatore di Madonna di Campiglio. Lorenzo ha seguito una formazione specifica sull’autismo organizzato dalla Provincia con docenti dell’Università di Trento, ha studiato sui banchi di scuola assieme a una ventina di suoi colleghi e conosce l’ autismo molto di più della media degli insegnanti di sostegno a cui la scuola pubblica quotidianamente affida i nostri ragazzi.
Lorenzo ha messo a punto un suo metodo personale per guidare gli autistici sulle piste, con Bobone ha funzionato e ora lo sta mettendo in pratica con l’ amico Tommy, che per un trauma da anni non voleva più mettersi gli sci.
In pratica mette al suo allievo una sorta di “briglia” che lo cinge alla vita e che lui governa con le bacchette. L’autistico riceve a dal maestro, che sta a un paio di metri di distanza, dei piccoli segnali (si esattameente come un cavallo…E allora? Meglio che stia a casa?) comandi che avverte al giro vita e quindi lentamente apprende le tecniche di curva e di frenata e acquista fiducia in se stesso, fino a che un giorno si tolgono le briglie e si accorge di sapere sciare da solo.
Ora Bobone è autonomo lo segue in pista Daniele, anche lui inappuntabile operatore specializzato de “il Ponte” di Rovereto, ma solo per la sicurezza e l’ assistenza “mangereccia” quando si arriva al rifugio.
Per tutte le altre operazioni che riguardano il togliere, riporre e rimettere ai piedi gli sci non è necessario che qualcuno lo aiuti, il #Teppautistico sciatore solo quando sale oltre i 1500 metri riesce a riconquistarsi lo spazio di autonomia e libertà che gli è negato per le strade della sua città.