Parla Marta che si realizza nel sostegno felice di #teppautistici in erba
A scuola per i bambini autistici mancano strutture e spazi, spesso anche gli insegnanti di sostegno adeguati. Coloro che decidono di svolgere questa professione si scontrano contro arretratezze e difficoltà quotidiane. C’è però chi mostra passione verso questo lavoro e diventa una risorsa preziosa per i bambini, i genitori e la comunità scolastica tutta. La storia di Marta, insegnante siciliana, non una santa, ma una professionista determinata che ama i suoi alunni speciali.
“Quando mi sono laureata in scienze della formazione primaria, potevo scegliere di fermarmi e avrei trovato un posto in una scuola materna, ma ho integrato con altre materie il mio piano di studi e mi sono specializzata per poter essere anche insegnante di sostegno. Ed una scelta casuale è diventata la mia vita. Da dodici anni seguo bambini con difficoltà, principalmente autistici.”
Marta Di Rosa, 40 anni, è fiera della sua professione, svolta fino all’anno precedente nelle scuole palermitane e da settembre in un istituto agrigentino.
“Ho visto aumentare il numero di bimbi affetti da autismo nelle scuole. Molti sono anche coloro per i quali ci viene indicata una diagnosi diversa che, dopo un breve periodo di osservazione, da determinati comportamenti, riusciamo a scoprire si tratti in realtà di autistici. Oltre che degli alunni noi siamo insegnanti di sostegno dei genitori, quindi il riconoscimento delle reali condizioni del loro figlio è un primo ostacolo da superare a cui segue il percorso di accettazione. Far capire ad una mamma che i passi sono piccoli e lenti e provare a condividere la soddisfazione quando se ne compie uno è parte integrante del mio lavoro”
Non è facile accettare che il proprio bambino non sarà mai il protagonista della recita di Natale, la sfida allora è far comprendere e gioire sull’importanza che riesca a stare all’interno dello spettacolo per tutto il tempo con gli altri. “Per me come insegnante è un risultato per i genitori spesso è solo un’amara consolazione”
Marta non prende il proprio lavoro come una missione, ma nemmeno come una croce da portare per avere lo stipendio a fine mese. Strano da dirsi e da scrivere, va a scuola con il sorriso, anche se sa che dovrà sostenere i timori dei genitori dei bambini che segue e degli altri, e un lavoro lungo, spesso faticoso, con risultati difficili da interpretare. “A me non importa che il bambino con cui sto impari tutto l’alfabeto o le canzoncine per le feste, per me è fondamentale che riesca a stare con gli altri e a compiere piccoli gesti quotidiani di autonomia.
La mia programmazione prevede infatti obiettivi minimi come lavarsi le mani da soli, stare in fila, azioni da cui si deve partire e arrivare. Poi ci sono bambini autistici ad alto funzionamento e si può lavorare sulle loro capacità logiche superiori anche alla media. L’importante non è come arrivare all’obiettivo ma raggiungerlo, anche se ci vogliono tempi lunghi.”
Nel suo percorso, importante è l’apporto degli altri compagni di classe, contro l’isolamento e per la massima accoglienza possibile. “Io entro in classe e mi relaziono con tutti non solo con il mio piccolo alunno, perchè la fiducia e la simpatia che provano per me deve passare a lui. Spesso vedo che proprio i bambini sono le risorse migliori, svolgendo una funzione fondamentale di tutoraggio. Durante i momenti di gioco libero, spontaneamente, si mettono vicino al proprio compagno di cui non hanno alcuna paura e ripetono i miei gesti per dialogarci. In questo modo nessuno viene considerato un elemento di disturbo da dover solo gestire, ma siamo una classe unita”
In questo lavoro che Daniel Pennac definirebbe da maestro di orchestra, per realizzare una sinfonia che non punti solo sui primi violini, è centrale il lavoro di squadra con tutti coloro che seguono il bimbo autistico.
“Mi confronto sempre con gli psicologi e altri terapeuti per scambiarci informazioni e consigli. Provo grande soddisfazione quando chi segue anche all’esterno della scuola i miei bambini si complimenta con me per il tipo di attività svolte e i risultati ottenuti.”
Tutto bello, forse, perchè il lavoro di Marta non si scontra solo con lo scetticismo di alcuni genitori, ma anche e soprattutto con le mancanze dell’istituzione scolastica. “Non ci sono le strutture adatte per riuscire a seguire bene i nostri bambini speciali. I piccoli affetti da autismo hanno bisogno di muoversi e quindi di spazi dove sfogare questa loro esuberanza motoria e non posso pensare che l’unica possibilità sia farli muovere avanti e indietro in un corridoio davanti alla classe perchè non ci sono palestre sicure, con angoli morbidi o cortili senza buche e avallamenti.
Si dovrebbe attrezzare aule per la musicoterapia e comprare sussidi adatti.Basterebbero giochi più tecnologici che poi possono utilizzare anche gli altri bambini. L’anno scorso mi hanno dato solo 10 euro per acquistarne e si fa veramente ben poco”
La fantasia però non manca a Marta che non si scoraggia nemmeno davanti a strutture e dirigenti che dovrebbero essere aggiornati, è più ottimista sulla scuola in cui lavora attualmente e negli anni passati ha cercato di ingegnarsi. “Ho messo cerchi e secchi in corridoio per creare dei percorsi con la palla, invento giochi con forbici e carta per allenare sia il corpo sia la mente dei miei alunni che tengono ancora meno l’attenzione di altri e se annoiati possono chiudersi o concentrarsi solo sulle loro stereotipie”
Ci sono i momenti di sconforto, in cui affiora il dubbio “chi me lo fa fare”, ma in Marta prevale la convinzione che questo sia il suo lavoro, tra ostacoli, lentezze, qualche schiaffo non solo morale, ma anche tante piccole soddisfazioni.
VALERIA SCAFETTA
Giornalista e saggista. Ha realizzato reportage per le Nouvel Observateur e inchieste per riviste specializzate in psicologia. Ha curato l’ufficio stampa per eventi culturali e politici. E’ madre di due bambini non autistici ma è sinceramente appassionata di #teppautismo.