Cosa fare

Autismo incontra arte migrante


Quando due diversità s’incontrano, può nascere l’arte.
E’ accaduto a Roma, al liceo Artistico Via Ripetta, all’inizio dell’estate. Da una parte gli allievi: studenti autistici affiancati dai loro compagni di scuola e di banco. Dall’altra il fotografo, un po’ “diverso” pure lui, perché arriva dalla Costa d’Avorio e tramite la fotografia si sta “appropriando” di questo mondo lontano dal suo. Un percorso di “riappropriazione” del mondo che ora hanno provato anche i suoi allievi, i quali pure in questo mondo si sentono un po’ stranieri. E da questo incontro è nato un laboratorio,“Click! Autobiografie fotografiche”, che fa vedere cosa accade, o può accedere, quando l’autismo incontra l’arte e la cultura della migrazione. Cosa è accaduto, in questo caso, durante il laboratorio, guidato dalle professoresse Piemonte e De Simone, insieme al fotografo “migrante”, Mohamed Keita: un’esperienza che sarà presto raccontata anche in un film, girato da Federico Triulzi, oltre che in un libro curato dalle due professoresse Piemonte e De Simone, di prossima uscita.

I ragazzi hanno appreso dal fotografo l’arte dello scatto e hanno dato prova delle capacità acquisite con una serie di immagini, che saranno presto esposte in una galleria romana e che intanto sono state mostrate in anteprima, alcuni giorni fa, al Maxxi di Roma: un luogo ormai simbolo per l’autismo, da quando qui, il 2 aprile scorso, la Giornata mondiale è stata ben più di una ricorrenza, ma ha dato voce e spazio proprio a quella creatività occultata e sommersa che giace, inespressa, dentro tutti questi ragazzi.

Così Keita ha offerto a questi silenziosi adolescenti la fotografia come strumento di riappropriazione di un mondo che spesso faticano a sentire proprio. “La forza e la novità dell’esperienza è stata proprio la volontà di costruzione di un dialogo tra la scuola, le altre istituzioni ed il mondo delle associazioni – spiega Piemonte – che ha permesso di sensibilizzare e far conoscere ad un pubblico sempre più ampio la cultura ed il valore della neurodiversità, significativamente in comunicazione con il mondo e la cultura della migrazione. La scuola, sempre più è chiamata ad attivare una didattica della ricerca-azione, partecipativa ed aperta al territorio, che promuova un ‘laboratorio culturale permanente integrato al territorio’, anche riferendosi alle esperienze già avviate in tal senso. Le relazioni interculturali ed interetniche – continua – e le pratiche di inclusione sociale, infatti, riguardano tutti, non solo gli stranieri. Così la valorizzazione della cultura della neurodiversità. Nessuna  esperienza didattica di inclusione che si connoti quale percorso di accoglienza, relazione o, più semplicemente  ascolto,  può avvenire e concludersi al chiuso delle aule scolastiche. E’ oramai vitale la necessità di individuare strategie comuni, tese a familiarizzare gli studenti, con le diverse culture che abitano il mondo, molte delle quali presenti e già ben radicate in Italia, a Roma”. Lo strumento adesso c’è: non resta che utilizzarlo, per comunicare, anche senza dover parlare.

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio