Questione Angsa-Rai e autismottimismo: ultimo atto!
Pubblico questa precisazione della Presidente Angsa Nazionale Liana Baroni, da parte mia lo intendo come atto finale della vicenda Angsa-Rai. In verità Liana, che considero comunque un’ amica e una grande donna, me l’aveva mandata via mail la sera stessa in cui scrissi il mio primo pezzo, ma per mia negligenza non l’ avevo letta pur pubblicando la replica della di un’ altra presidente di un’Angsa locale (sono entrambe bolognesi e mi sarò confuso). Considero questo l’ultimo mio passaggio su questa storia su cui non ho altro da aggiungere. Potrà essere che le mie siano state solo “seghe mentali”, come a proposito ha scritto un illustre padre fondatore dei genitori associati, però per mia e loro fortuna non faccio parte di associazioni a cui debba rendere conto di mie opinioni, ho già sintetizzato il mio punto di vista su LA STAMPA di ieri e non ne parlerò più (e non ne vorrò più sentire parlare) tanto ora quanto dopo il 2 aprile. (gn)
caro Gianluca
io rispetto molto il tuo lavoro e le tue doti di grande comunicatore e non mi sogno nemmeno di insegnarti qualcosa. tuttavia vorrei spiegare meglio il senso della richiesta che ho fatto ai presidenti e ai soci Angsa, e che tu hai capito in modo incompleto. Quello che ha chiesto la Rai è di fornir loro delle storie vere, ma contenenti un messaggio positivo. Ma questo è quello che da una vita sto cercando di fare: lottare contro quella visione pessimistica che impedisce progettazione di interventi e soluzioni efficaci soprattutto per i più gravi, combattere quella cultura che li giudica come irrecuperabili. Il messaggio che voglio dare è che nessuno sia “perduto”, perchè si può fare sempre e sempre con risultati positivi. Angsa insiste sulla possibilità, anzi il dovere di continuare i trattamenti anche e soprattutto dopo i 18 anni in cui i giovani con autismo diventano terra di nessuno, non della scuola, non della sanità, non della società che vuole emarginarli. Ma ringraziando il cielo, i nostri figli imparano sempre, anche dopo i 18 anni. Mio figlio è e sarà sempre autistico, ma a 20 anni ha imparato a viaggiare in autobus da solo. Perchè non comunicare a tutti che questo è possibile anche per un ragazzo con autismo severissimo?
In conclusione le differenze fra noi due mi paiono più apparenti che sostanziali.
I successi, anche se minimi devono essere un incentivo per proseguire, mentre una visione più cruda e pessimistica rischia di diventare una giustificazione a non fare nulla (e a non spendere).
Ti sarò grata se inserirai questa mia precisazione su FB.
Approfitto per inviarti cari saluti e auspicare maggior collaborazione.
Liana Baroni
presidente Angsa Onlus