La Presidente Sinpia ci scrive
Ho chiesto ai neuropsichiatri della Sinpia “Da che parte state?” L’ ho fatto semplicemente per capire da chi dovrebbero arrivare ai genitori di autistici e alle pubbliche amministrazioni le linee guida sui trattamenti migliori per i nostri ragazzi. Mi sembra importante che qualcuno inizi a definire quello che sia giusto e quello che sia sbagliato. In Italia sembra tutto affidato al luogo da cui sia posto il problema, dalla formazione del referente clinico (psicodinamico o comportamentalista?) dai collegamenti tra la politica locale e chi fornisce i servizi abilitativi ecc. Insomma non può esistere su tutto il territorio nazionale una regola basata sull’evidenza scientifica che valga per tutti. (Non mi si specifici che gli autismi sono tanti…E’ chiaro che intendo una risposta adeguata alla complessità del problema)
Elenco qui i contributi che abbiamo raccolto e che possono essere utili al sereno dibattito:
- Psichiatri della SINPIA da che parte state?
- ABA non è l’ unica ma è la maggiore evidenza
- ABA non basta, parola di Sinpia. Conflitto d’ interessi?
Riporto poi per intero qui sotto la lettera che mi ha inviato la Professoressa Antonella Costantino Presidente della Sinpia. Non entro in merito al dibattito scientifico, non è il mio mestiere, ma le sono infinitamente grato per il suo contributo alla chiarezza. Sarò ancora più contento se sarò riuscito a chiarire anche ai miei “colleghi” genitori il dilemma su chi sia l’interlocutore giusto riguardo i trattamenti efficaci per i loro figli autistici.
Ogni volta che ci verrà il sospetto di incappare in un venditore di fumo che promette miracoli per autistici chiederemo di essere rassicurati dalla Sinpia riguardo la sua attendibilità…
Resta il problema a chi, come me, ha in carico un autistico maggiorenne, è ancora la Sinpia a occuparsene? Esistono specialisti in “post-autistici” o “non più autistici” ? Ma cercheremo anche per quello una risposta. (GN)
Egregio Dott. Nicoletti,
SINPIA è attiva da molti anni sul tema autismo, e sulla necessità di garantire ai bambini e alle famiglie gli opportuni interventi basati sulle evidenze. Ha pubblicato nel 2004 il primo documento di riferimento italiano (le cosiddette “linee guida per l’autismo” SINPIA), e dal quel momento in poi è stata sempre attiva in tutti gli ambiti istituzionali opportuni: ha spinto per l’istituzione del Tavolo di Lavoro Autismo del Ministero della Salute del 2008 ed ha partecipato ai lavori, ha ampiamente contribuito alla stesura delle Linee guida ”Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” del 2011 dell’Istituto Superiore di Sanità, ha contribuito alla redazione e all’approvazione delle “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvate in Conferenza Unificata Stato-Regioni nel 2012. A tutti questi documenti ha dato ampia diffusione, con i soci e non, e in particolar modo lo ha fatto per quanto riguarda i contenuti delle Linee Guida 2011.
Altro è però quanto è accaduto in Regione Campania, dove un solo approccio, ancorchè basato su evidenze, è stato inserito in una legge. Le leggi devono indicare chi ha diritto agli interventi, chi ha il dovere di erogarli e quali sono i passaggi attraverso i quali si garantirà concretamente la fruibilità del diritto. Devono inoltre indicare che gli interventi garantiti devono essere basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. Non possono però indicare un metodo in particolare, prima di tutto perché le evidenze scientifiche cambiano molto più rapidamente delle leggi, ed in secondo luogo perché in nessuna area della medicina vi è un unico intervento efficace. Sta alle linee guida indicare quali sono gli interventi efficaci e quelli non efficaci o addirittura controproducenti, ed è alle linee guida che le leggi devono fare riferimento.
Forse le linee guida italiane sono già da aggiornare? Certamente, e soprattutto da ampliare al più presto con la parte relativa all’adulto. Per quanto riguarda l’età evolutiva non ci sono però grandi novità, e anche i documenti più recenti[1] continuano ad indicare principalmente tre strategie di trattamento: quelle comportamentali (basate prevalentemente sull’ABA ma ora anche su strategie cognitivo-comportamentali di terza generazione), quelle comunicative (le metodologie della comunicazione aumentativa e di potenziamento della reciprocità sociale e della comunicazione pragmatica) e quelle educative (con programmi strutturati di tipo educativo l’Early Start Denver Model e il Treatment and Education of Autism and related Communication handicapped Children TEACCH), e sottolineano comunque l’importanza della personalizzazione dell’intervento e del coinvolgimento partecipativo delle famiglie.
Ma dire quali sono le evidenze, e che ad esse bisogna attenersi non basta. Non stiamo parlando di antibiotici, e non basta quindi che sia scritto nelle linee guida cosa è appropriato e cosa no perché possa essere applicato. Né basta dire nei LEA che gli interventi per l’autismo vanno garantiti. Stiamo parlando di interventi terapeutici e riabilitativi, che richiedono servizi multi-professionali con personale in quantità e qualità adeguata e con la strutturazione di una formazione permanente tale da permettere agli operatori stessi di erogare gli interventi basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. Negli ultimi 10 anni, nelle (poche) regioni che hanno strutturato un sistema di servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, il numero dei pazienti seguiti è quasi raddoppiato (+5% nuove richieste all’anno dal 2004 ad oggi), mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10% solo nell’ultimo anno) e nella maggior parte dei casi nessuna risorsa è dedicata alla formazione. Il risultato è che ogni utente riceve percorsi di cura più scarni, sempre meno basati sulle evidenze e meno personalizzati. Le famiglie si trovano a dover ricorrere sempre di più al privato, senza alcuna garanzia della qualità del servizio che ricevono e con costi rilevanti che in tempi di crisi economica sono sempre meno in grado di sostenere.
Se le leggi continuano a non indicare i passaggi attraverso i quali si intende garantire concretamente la fruibilità del diritto, con quali risorse umane ed economiche, con quali strutture organizzative e con quali modi per affrontare le criticità esistenti ed in particolare per garantire la formazione necessaria, resteranno lettera morta, come purtroppo troppo spesso è successo e succede in Italia.
ANTONELLA COSTANTINO
Presidente SINPIA
PS: SINPIA sta per società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, e il “neuro” non è un caso e non è di poca importanza per il tema autismo