Buco Nero

La comunicazione facilitata è una bufala. Parola di Sandrone

La Comunicazione facilitata è una “bufala”,
non una “cura miracolosa”

Perché “è un metodo screditato da decenni”: niente di nuovo, tanti sono i critici di questo approccio, tanti non credono alla favola dei #teppautistici che scrivono libri, compongono poesie, si laureano a pieni voti e spiegano con parole toccanti, giuste che più giuste non si potrebbe, tutto quello che hanno dentro. Tante volte e in varie occasioni una parte del mondo #teppautistico è insorto, di fronte ai “geni autistici” a cui i media hanno fatto da cassa di risonanza.

Stavolta però non è la mamma di un #teppautistico, né lo scettico di turno: questa volta a puntare il dito contro la Comunicazione facilitata, smascherando una delle pietre miliari del “fantautismo” è uno nuovo a questi temi, uno che si occupa di tutt’altro : di thriller, di horror, di fantascienza.

dazieri

E’ Sandro Dazieri, in arte Sandrone

Classe ’65, cuoco da giovane e poi scrittore e sceneggiatore. Un personaggio vero, che dopo la maturità, studente squattrinato di Scienze politiche a Milano, la notte dormiva sui treni alla stazione centrale, frequentava i centri sociali ed è finito dietro le sbarre: un po’ #teppa anche lui, ma certamente non autistico. Anche se oggi, nel suo articolo su Il post, ammette che “sono cresciuto venendo considerato il più strambo del vicinato e i miei personaggi sono strambi quanto me. Sarà per questo che da sempre mi interesso di disagio psichico e sofferenza mentale, e che leggo quanto più possibile sull’argomento”. La sua “follia” ne fa però poi un grande scrittore: dopo aver provato anche il lavoro di facchino, esordisce come correttore di bozze, prima che il suo talento venga notato: lavora Al Manifesto, poi da 1999 prende ufficialmente la strada della narrativa, sfornando un romanzo dopo l’altro, oltre a soggetti per fumetti e sceneggiature per il cinema. E oggi eccolo qui, a scrivere su Il post un articolo su La bufala della comunicazione facilitata, che riportiamo qui sotto per intero.

 il post Dazieri

Sono cresciuto venendo considerato il più strambo del vicinato e i miei personaggi sono strambi quanto me. Sarà per questo che da sempre mi interesso di disagio psichico e sofferenza mentale, e che leggo quanto più possibile sull’argomento. Tra le cose di cui mi sono occupato recentemente, senza alcuna pretesa di completezza, è l’autismo e soprattutto dei ciarlatani che pretendono di avere una spiegazione facile per questa sindrome o una cura miracolosa in tasca. Tra le cure miracolose un posto a sé lo merita la Comunicazione Facilitata, che è stata sperimentata su pazienti che soffrivano di paralisi cerebrale e, appunto, autismo. Ci sono molti modi di praticarla, ma il più diffuso è quello in cui il FACILITATORE (il terapeuta) prende le mani del paziente e le “guida” sulla tastiera, aiutandolo a comporre frasi di senso compiuto.

Incredibilmente, molti pazienti incapaci di parlare o di comunicare con l’esterno, grazie alla Comunicazione Facilitata diventano così in grado di esprimersi, di raccontare la loro sofferenza, di spiegare finalmente quanto amano i genitori.

Con la Comunicazione Facilitata vi sono autistici severi che hanno preso diplomi e lauree e a quanto pare, scritto anche dei libri, come Macchia, autobiografia di un autistico, pubblicato recentemente da Salani e recensito straordinariamente bene. Teresa Ciabatti sulla Lettura ha anche intervistato via mail l’autore, ottenendo risposte toccanti e poetiche.

Però c’è un problema.
La Comunicazione Facilitata
è un metodo screditato da decenni.

Da quello che ne so, tutti gli esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che non funziona, e che i tassi migliori di riuscita sono al massimo del 30 per cento, e solo su singole parole, mai su frasi di senso compiuto. Non solo, ma sono emerse criticità su chi rispondeva a che cosa. Quando si faceva una domanda a un paziente senza che il facilitatore la sentisse, la risposta era immancabilmente sbagliata; quando il facilitatore non vedeva la tastiera, ma solo il paziente, si ottenevano solo sfilze di lettere senza senso e così via.

La spiegazione data dai sostenitori della Comunicazione Facilitata è che i test effettuati rompevano la normalità della vita del paziente che reagiva male, che erano fonte di stress, che gli osservatori influivano sul risultato, eccetera, ma rimane il  fatto che non è mai stata provata la sua efficacia terapeutica. Anzi, da molte parti si dice chiaramente che si tratta di una bufala, che sfrutta il desiderio dei genitori di comunicare con i figli autistici, illudendoli sul risultato.

Ma se è così, allora, chi è che si laurea con la Comunicazione Facilitata? Chi è che scrive Ti voglio bene? Chi racconta la malattia? Il paziente o il facilitatore?

Naturalmente io non sono uno psichiatra. Ma potete guardare qui per esempio o qui o farvi una ricerca in rete. Quanto meno per farvi venire dei dubbi. Io ne ho molti. E provo pietà per chi non può difendersi.

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio