Il tempo libero e l'esercizio della libertà del libero teppautistico Luca
Sono le nove e un quarto e Luca dorme ancora. Di solito, quando la sua scuola è aperta, a quest’ora ha già fatto un sacco di cose. Ma questa settimana di febbraio è festa, e per le famiglie come la mia può essere difficile gestire il lavoro con la scuola chiusa, soprattutto per i miei sensi di colpa nel lasciare che Luca non faccia niente di particolare.
Devo ammettere che Luca è molto tranquillo, anzi troppo. È forse questo il mio problema: quando è in vacanza lui vuole stare tutto il giorno in pigiama, in camera sua, a guardare per ore i suoi video di James Taylor o i quelli che ha fatto lui, del suo giochino di quando aveva tre anni, quello che se schiacci i pulsanti suona le canzoncine. Ogni tanto si presenta in cucina, a chiedere un bicchiere di latte o uno stuzzichino. A volte, raramente, si siede sul divano della sala, onorandoci della sua presenza per una decina di minuti. Ogni tanto vado io in camera sua, a ricordargli di usare il bagno (altrimenti se la fa addosso) e a fargli due coccole. Sofia, tre volte al giorno, lo incita a scendere per la colazione, il pranzo e la cena, che lui divora velocemente e annuncia, con la bocca piena: “Upstairs!”.
Spesso lo accontento e glielo lascio fare, soprattutto ieri, che la temperatura aveva raggiunto i meno ventinove sotto zero. Ma è sempre stato uno dei nostri problemi piu difficili: cosa fargli fare quando non c’è niente da fare. Abbiamo provato a fargli fare dei puzzle, abbiamo provato a leggergli dei libri, o a guardare le fotografie, sua vecchia passione ormai abbandonata. Ma niente sembra interessarlo più del suo iPad. Sua sorella Sofia, di qualche anno più giovane di lui e neurotipica, ha lo stesso problema, a dire il vero. Se ne stanno rintanati in camera loro, i miei due adolescenti, di solito sotto le coperte davanti a uno schermo.
Ricordo una volta, che la mia vicina era venuta a chiedermi un uovo. July, che è cinese, ha due figli piccoli, che obbliga a fare matematica anche quando non hanno compiti, pianoforte anche la mattina presto, violoncello e baseball. Lei, che non ha idea di cosa voglia dire avere un figlio autistico, vede Luca un po’ come una tragedia: si aspetta dai suoi figli successo e superiorità, e non potrebbe mai tollerare dei limiti in questo suo obiettivo. Un giorno venne a chiedermi un uovo, e mi chiese come era andato il finesettimana. Le dissi che i due adolescenti se ne erano stati in camera loro, in pigiama a far niente.
Mentre glielo raccontavo, ricordo che mi venne in mente di pensare che autismo o no, gli adolescenti alla fine fanno tutti più o meno la stessa cosa, e ricordo di aver provato una sorta di piacere nel poter parlare di Luca come di un adolescente tipico. Mentre le parlavo e mi sentivo fiera di questa cosa, notai che i suoi occhi fissavano allibiti dietro di me. Mi girai e vidi Luca, con un’erezione di cui vado fiera ancora oggi, in piedi dietro di me che annunciava:’Cha Cha Cha”. La vicina se andò senza salutare e io rimasi lì, con l’uovo in mano e con il mio adolescente ignaro e ovviamente felice. Lo ringrazia, per avermi ricordato che lui è speciale, e se ne frega di certe regole.
Devo ricordarmi, insomma, che in fondo va anche bene che Luca passi parte della sua giornata a non fare niente, soprattutto se penso che durante il suo tempo libero ha imparato, da solo, a usare l’iPad in modo magistrale, a navigare le varie applicazioni che gli abbiamo installato ad una velocità quasi inverosimile, e che quindi magari non è proprio tempo sprecato. Ieri pomeriggio sono andata in camera sua, e sono stata un po’ con lui. Era felice di avermi lì, e mi ha subito chiesto di cantargli la sua canzone preferita, ma poco dopo mi ha chiesto di andarmene e di chiudere la porta. Forse dovrei imparare a rispettare il suo tempo libero, e la scelta di come utilizzarlo. Non sono molte le occasioni in cui Luca ha completa libertà di fare quello che vuole: gli viene sempre imposto di fare cose, sia a scuola che a casa con la terapista, e invece a volte è anche bello poter essere davvero liberi di scegliere come occupare il proprio tempo.
A volte è anche bello, per me, lasciare da parte i miei consueti sensi di colpa per non essere riuscita a trovare l’attività che io ritengo sia quella giusta per lui. A volte mi dimentico di ascoltare lui, che non parla e non fa storie ma che mi comunica, a modo suo s’intende, il programma della giornata.
MARINA VIOLA
http://pensierieparola.blogspo
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- Questa è la sua storia: dal 1991, da quando cioé ha deciso di vivere con il suo fidanzato Dan. La loro prima casa era nel New Jersey, dove ha preso una minilaurea in grafica pubblicitaria. Ha tre figli: Luca, che ha quasi diciannove anni, ha una forma abbastanza drammatica di autismo e una forma strana di sindrome di Down; Sofia, che ha sedici anni ed è più bella di Liz Taylor, è un genio del computer e prende sempre cinque meno meno in matematica; Emma, che di anni ne ha solo otto, ma che riempie un silos con la sua personalità. Marina Viola odia le uova perché puzzano, ma per un maron glacé venderebbe senza alcun senso di colpa tutti e tre i figli. Ha una laurea in Sociologia presso Brooklyn College, l’università statale della città di New York. Da qualche anno tiene unblog in cui le piace raccontare alcuni momenti della sua vita. Ha scritto settimanalmente sul sito della Smemoranda (smemoranda.it) dell’America vista però in modo sarcastico e ironico.
A giugno del 2013 è uscito il suo primo libro, “Mio Padre è stato anche Beppe Viola”, edito da Feltrinelli. Nel suo secondo, “Storia del Mio Bambino Perfetto” (Rizzoli, 2014) racconta di Luca e dell’autismo.