SPORT E AUTISMO: quale efficacia?
Numerose ricerche hanno dimostrato che esiste una stretta correlazione tra sport e salute mentale e che praticare regolarmente un’attività fisica può portare benefici a livello psicologico in individui a sviluppo tipico. Ad esempio, esercitare uno sport con costanza e regolarità è stato associato ad una riduzione della quota di ansia e depressione e ad un miglioramento della concentrazione e della memoria. Nonostante questi risultati incoraggianti, esiste ancora un numero esiguo di ricerche che ha indagato la correlazione tra sport e salute mentale in bambini e adolescenti con disturbo dello spettro autistico (Austism Spectrum Disorder-ASD), con l’ipotesi che l’attività sportiva possa portare anche per loro un benessere psicofisico e importanti miglioramenti nel funzionamento comportamentale.
Un gruppo di ricercatori canadesi a Gennaio 2016 ha pubblicato sulla rivista “Autism” una revisione sistematica della letteratura con l’obbiettivo di esaminare quale impatto avessero specifici interventi sportivi sul comportamento di bambini e adolescenti con ASD, di età compresa tra 0 e 16 anni. A seguito di una vasta ricerca, 13 studi sono stati ritenuti scientificamente ammissibili per l’inclusione. Gli sport presi in esame sono stati cinque: la corsa, l’equitazione, le arti marziali, lo yoga e la danza, il nuoto, praticati nella maggior parte delle ricerche in un rapporto di 1:1 con un istruttore, mentre in altri studi veniva garantito un rapporto di 1:2 tra istruttore e bambino o ragazzo con ASD. Gli “outcome” presi in esame riguardavano complessivamente tre distinte categorie:
- comportamenti stereotipati e ripetitivi
- cognizione, livello di attenzione, performance accademica
- comportamento socio-emotivo (es: capacità adattive, sociali e comportamenti-problema).
I risultati di questa revisione hanno dimostrato una vasta gamma di benefici a livello comportamentale negli individui con ASD che praticavano questi sport con regolarità, con miglioramenti in ognuna delle categorie sintomatologiche indagate.
Complessivamente è stato dimostrato che i principali miglioramenti comportamentali derivavano dalla pratica delle arti marziali e degli interventi di equitazione, mentre si sono dimostrati più limitati gli effetti dello yoga/danza e del nuoto. Anche la corsa è risultata abbastanza efficace nel modificare positivamente alcuni “outcome” comportamentali, seppur con risultati scientificamente poco attendibili e generalizzabili, a causa di importanti limiti metodologici presenti negli studi presi in esame.
Nello specifico, i comportamenti stereotipati e ripetitivi presentavano una riduzione con un intervento sportivo di corsa, equitazione o arti marziali, mentre benefici significativi erano riscontrati sulla componente socio-emotiva dopo la pratica di corsi di equitazione, arti marziali, yoga/danza e nuoto. Inoltre gli autori evidenziavano che i processi cognitivi e i livelli attentivi risultavano positivamente correlati solo all’attività della corsa.
Nonostante l’importanza di questa revisione e i risultati incoraggianti che tutti gli studi inclusi hanno dimostrato in termini di miglioramenti comportamentali, è importante sottolineare alcuni limiti.
Innanzitutto alcune variabili come le differenze nella frequenza e nella tipologia dell’intervento (diversi sport praticati da una a quattro volte a settimana nei diversi studi esaminati) rendono difficile determinare con rigore scientifico quale sia lo sport con maggiore efficacia o quale sia la frequenza ottimale per produrre i risultati migliori.
Inoltre, il rapporto 1:1 o 1:2 tra istruttore e bambino o ragazzo con ASD, come riportato in questi studi, rende discutibile la fattibilità di questi interventi al di fuori del campo della ricerca. Infine, un aspetto importante da considerare riguarda la frequente associazione tra disturbo dello spettro autistico e disabilità intellettiva, stimata intorno al 45-50%.
I bambini con capacità intellettive inferiori alla norma spesso pongono maggiori sfide in termini di compliance all’intervento ed è possibile inoltre che essi non riescano a partecipare agli sport con regolarità a causa delle difficoltà motorie e di coordinazione spesso presenti in associazione, portando così ad una focalizzazione degli studi scientifici verso i bambini con più alti livelli di funzionamento. Una ricerca condotta sull’intero spettro dell’autismo permetterebbe di comprendere se “l’outcome” degli interventi sportivi varia in base a specificatori come la gravità sintomatologica e il livello di funzionamento.
Programmi sportivi appositamente strutturati e modellati per ragazzi con ASD attualmente vengono principalmente condotti da organizzazioni senza scopo di lucro, mentre la loro attuazione in contesti ludici e sportivi senza il coinvolgimento di specialisti appare oggi scarsamente documentata. In Italia negli ultimi anni sono state numerose le iniziative di inclusione sportiva per le persone con autismo. Su tutti ricordiamo i campus estivi del “Progetto Aita” che includono bambini e adolescenti dai 6 ai 16 anni e il “Progetto Filippide” che ormai da tanti anni fa fare sport a persone autistiche di ogni fascia di età.
Traduzione e commento curato per AIRA da
Lavinia De Peppo
Psicologa, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
Qui scarica l’articolo originale su Autism
Questo contributo scientifico è curato da ricercatori dell’AIRA il primo network per la ricerca e la clinica sull’autismo in Italia.
Contributi precedenti:
|