L’intervento in pronto soccorso per i bambini con disturbo dello spettro autistico
Le ultime stime di prevalenza inerenti i dipartimenti di emergenza evidenziano la presenza di un bambino autistico ogni 68 bambini accettati per le cure specifiche di urgenza medica. Questo dato rappresenta una reale preoccupazione sanitaria in quanto gli ospedali non sono sufficientemente preparati per gestire tali problematiche. Una recente ricerca pubblicata sull’autorevole rivista “Pediatrics” mette in evidenza alcune raccomandazioni per la gestione in regime di Pronto Soccorso per le persone affette da Disturbo dello Spettro Autistico e analizza le difficoltà incontrate dai genitori quando accedono a tale servizio di emergenza.
Il primo punto è sicuramente la necessità di formare un team di reparto specializzato, al fine di migliorare l’assistenza e ottimizzare la comunicazione con i bambini i quali spesso, a causa del loro deficit di linguaggio, non riescono a esprimere il loro malessere sia fisico che psicologico.
In questo studio si procede inoltre a una disamina della letteratura esistente nel campo, sottolineando come sono ancora poche e carenti le ricerche che studiano la relazione tra bambini con autismo e le cure fornite al Pronto Soccorso e che al momento non è ancora stato introdotto un protocollo che permetta a medici e operatori sanitari del reparto di emergenza di gestire al meglio questi casi. Le difficoltà maggiori incontrate dagli operatori sanitari al momento dell’accesso al Pronto Soccorso riguardano vari fattori come: le lunghe liste di attesa, la cattiva comunicazione, esami fisici e procedure invasive che impongono di “toccare il corpo”, sovraccarico sensoriale legato alle caratteristiche ambientali del reparto (rumore intenso, luce forte, setting affollato).
Per colmare questa lacuna e stabilire delle linee guida di riferimento, è stata condotta un’indagine che esamina l’esperienza del Pronto Soccorso dalla prospettiva di genitori e operatori sanitari che hanno vissuto un’esperienza diretta con bambini autistici. I dati raccolti dallo studio provengono dall’Autism Speaks Autism Treatment Network (ATN), che ha coinvolto due centri ospedalieri: Stollery Children’s Hospital a Edmonton e Hospital for Sick Children a Toronto. Entrambi questi ospedali pediatrici sono di 3° livello e si trovano in diverse aree geografiche. Il campione è costituito da genitori di figli con autismo (n=16), personale sanitario del Pronto Soccorso (n=37), e direttori amministrativi del Pronto Soccorso, per esempio capo sala e responsabili medici, (n=7).
I risultati riflettono la necessità di analizzare i bisogni dei bambini con autismo e le relative priorità da affrontare nei reparti del Pronto Soccorso, in particolare:
I partecipanti sostengono che i bambini con autismo spesso affrontano sfide quotidiane più impegnative rispetto ai bambini con sviluppo tipico. Identificare in tal senso delle linee guida per l’assistenza dei bambini con autismo nei reparti del Pronto Soccorso è sicuramente un primo passo verso il miglioramento nel processo di cura. Per esempio, è necessario utilizzare al momento della registrazione in reparto, delle “checklist” standardizzate, come mezzo per identificare i bisogni e le necessità dei bambini con autismo. I partecipanti, infatti, suggeriscono che uno strumento di screening può individuare esigenze particolari, requisiti specifici per la degenza e strategie per ottimizzare l’assistenza. È emersa inoltre la necessità di coinvolgere i genitori in tale screening in modo da implementare strategie basate sull’osservazione dei figli in ambienti altamente stressogeni come il Pronto Soccorso. Un partecipante, (riferendosi alla checklist), ha consigliato in merito: “Puoi fotocopiarlo e metterlo nella cartella. Potrebbe non dire nulla, ma potrebbe dire qualcosa e potrebbe essere d’aiuto”, sottolineando come in assenza di protocolli teorici presenti l’esperienza di ogni singolo caso di certo può contribuire alla gestione di casi successivi mettendone in luce eventuali analogie riscontrate.
I bambini con autismo sono stati descritti con una crescente tendenza a scompensarsi più facilmente dei bambini a sviluppo tipico, e quando sono presenti deficit comportamentali ed emotivi, una lunga attesa al Pronto Soccorso, non adeguatamente attrezzato, contribuisce in modo determinante a far emergere comportamenti non adattivi. Sia i genitori che il personale di assistenza sanitaria riconoscono come la gestione dei tempi di attesa nel Pronto Soccorso sia una questione molto complessa. Un genitore dichiarò: “Otto ore di attesa sono davvero difficili. La batteria dell’iPad non dura così tanto. Inoltre non sai se puoi dare a tuo figlio uno snack o qualcosa di simile ”. Per gestire adeguatamente l’attesa, in questo studio vengono proposti spazi tranquilli al posto di spazi comuni all’esterno, spesso turbolenti, con all’interno oggetti di distrazione come materiale artistici, computer o videogames.
I metodi di contenimento sono strettamente consentiti solo se realmente necessari. Gli strumenti utilizzati possono riguardare tecniche più invasive come la maschera per la sedazione, e altre non invasive come una carezza con lo scopo di invitare il bambino a restare calmo e fermo, oltre a coinvolgere la famiglia al fine di ottimizzare la procedura di assistenza nel reparto.
Di certo negli ultimi anni i pediatri hanno contribuito a sensibilizzare l’accesso alle risorse “child-friendly”, sollevando la necessità di formare lo staff sulle tecniche per gestire bambini con autismo. I sostegni dedicati al bambino includono oggetti “sensory rich”, spazi silenziosi, strategie sedative, chiarezza nei cartelli per migliorare l’orientamento spazio-temporale, aree in cui muoversi, luoghi dedicati per fare una pausa e aree accessibili per comprare snacks.
È importante perfezionare le competenze degli operatori sanitari per gestire efficacemente pazienti con autismo, attraverso l’aggiornamento professionale, la condivisione di risorse da parte di strutture specializzate e l’utilizzo di strumenti specifici. Risulta fondamentale, inoltre, per il personale sanitario sviluppare abilità nel Pronto Soccorso, in caso di comportamenti aggressivi associati ad autismo. Un operatore sanitario, dichiara: “la mia più grande paura è il ragazzo aggressivo e avere una preparazione su come agire sarebbe davvero utile”.“
I partecipanti riferiscono un gap di risorse a sostegno dei bambini autismo e dei sistemi sanitari, ciò impedisce un appropriato follow-up dopo il Pronto Soccorso. Non di rado da questa condizione si rende necessario un non programmato ritorno alla struttura ospedaliera. Invece, lo sviluppo di un ampio sistema di follow-up per bambini affetti da Disturbo dello Spettro Autistico, potrebbe influenzare positivamente i risultati già dopo il primo accesso in Pronto Soccorso producendo una assistenza più affidabile. In conclusione, da questo studio si evince come la scarsa esperienza della gestione della persona autistica in Pronto Soccorso aumenta il rischio di crisi di agitazione psicomotoria con rischio di scarsa comprensione del problema medico e una diretta conseguenza sulla qualità dell’assistenza. La strada da intraprendere non può prescindere dall’informazione/formazione degli addetti ai lavori. A tal proposito per il personale sanitario dovrebbe essere garantita attraverso sessioni didattiche, scenari di simulazione interdisciplinare, e partecipazioni a conferenze tenute dagli specialisti in materia di autismo. Progettare una formazione avanzata per l’autismo nel Pronto Soccorso richiede molteplici passi tra cui rivedere e sviluppare approcci migliori, sperimentare nuove strategie di interazione medico/paziente, sviluppare profili professionali adeguati e introdurre strumenti che permettano di valutare in modo sempre più preciso i progressi del paziente. Investire risorse nella formazione di questo settore potrebbe avere molteplici benefici: in primo luogo per le famiglie che finalmente potrebbero essere accolte da ospedali e dipartimenti di emergenza realmente “autism friendly” con ricadute positive sulla gestione contestuale del bambino e una riduzione dell’ansia dovuta a un contesto sociale percepito come difficoltoso. In secondo luogo un beneficio reale per i medici e gli infermieri che in modo più tranquillo ed efficace potranno reperire informazioni cliniche altrimenti difficoltose in un contesto stressato. Infine un indiretto beneficio per il sistema sanitario, in quanto, risolvere contestualmente o con un adeguato follow-up i casi in urgenza, eviterebbe il ricorso ad ulteriori accessi presso altre strutture sanitarie. |
Traduzione e commento curato per AIRA da
Alessandra Bottino, psicologa
Luigi Mazzone, Neuropsichiatra Infantile, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Scarica da qui lo studio originale da Pediatrics
Questo contributo scientifico è curato da ricercatori dell’AIRA il primo network per la ricerca e la clinica sull’autismo in Italia.
Contributi precedenti:
|