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Bambino disabile picchiato a scuola. Perde la milza e nessuno ha visto niente

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L’aggressione è avvenuta a febbraio, in una scuola elementare in provincia di Latina, il padre del bambino disabile, vittima, ha denunciato dopo pochi giorni, a seguito della necessaria asportazione della milza del figlio, ma la notizia è uscita solo oggi sul giornale locale. In classe non c’erano adulti e non ci sono testimoni, quindi il fatto potrebbe non essere accaduto. Il paradosso lancia l’ennesimo allarme sull’assistenza ai disabili all’interno delle scuole e sul ruolo delle famiglie nell’accettazione dell’altro.

Siamo in una scuola elementare di Cisterna di Latina. Un’ora particolare perché non ci sono insegnanti, manca anche il supplente: nessuno a proteggere l’alunno di 9 anni, affetto da uno squilibrio del fibrinogeno ( patologia grave e rischiosa, invalidante al 100%) che si prende un pugno nello stomaco dal compagno che lo ha già aggredito altre volte. Non è subito chiara la gravità delle conseguenze e, per paura, la piccola vittima non rivela nulla ai genitori. Dagli altri compagni non esce una parola. Dopo due giorni di dolore sopportato in silenzio, l’infezione emerge con vomito e febbre: unica soluzione possibile, anche data la sua patologia, la corsa in ospedale, dove non possono fare altro che asportare la milza. A quel punto il padre ha chiesto e il bambino ha confessato, quasi fosse una colpa, quella ennesima violenza. Ad un genitore, in una delle condizioni di maggiore frustrazione davanti ad un figlio, già più debole degli altri, che non si è riuscito a difendere, non rimane che invocare giustizia. La denuncia al Commissariato però, a due mesi dal fatto, non ha portato a nulla. Non ci sono testimoni per arrivare alla soluzione del caso.

         ” Non basta forse la fine in ospedale di un alunno che si sarebbe dovuto tutelare ancora di più, per indagare cosa sia accaduto nella scuola? Perché bambini di nove anni erano soli in classe? Dove era l’insegnante di sostegno del ragazzo disabile?

A fronte di questo ennesimo incubo vissuto da una famiglia, provata da anni di paure per la salute del proprio figlio, emerge quindi ancora una volta la necessità di ragionare sulla pericolosità di alcuni istituti, sulla mancata sensibilità di dirigenti e insegnanti nel seguire gli studenti disabili e nel garantire loro una possibilità di integrazione. La storia evidenzia nuovamente anche la preoccupante superficialità di alcuni genitori. Per un bambino che arriva quasi a morire prima di raccontare l’aggressione subita, ce ne è uno che lo ha impunemente picchiato, forse anche approfittando della debolezza del compagno, e ce ne sono tanti che non hanno fatto nulla per difenderlo, chiamare un’insegnante in soccorso o subito dopo sostenere la denuncia con la semplice testimonianza.

La domanda è: in quale contesto crescono questi ragazzi? Forse spiegare loro la gravità del gesto commesso e insegnare il valore della diversità e della convivenza potrebbe contribuire al progresso della coscienza civile oltre a dare un senso maggiore alla funzione della scuola.

Per evitare che si ripeta la violenza e l’impunità, intanto, sembra utile parlarne, far emergere dal silenzio e dalla vergogna, che oltre il danno portano la beffa ai piccoli studenti disabili, vittime di bullismo e alle loro famiglie.

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