Musica e sport per gli autistici, oltre il record di una gara e l'emozione di un concerto
Lo sport e la musica fanno bene agli autistici. Aiutano nella comunicazione e stimolano un’identità di gruppo. Peccato che l’accessibilità ad entrambi per i nostri teppautistici non sia semplice, almeno non ovunque. Rimane spesso un’aspirazione che può diventare frustrazione, per famiglie che cercano strutture che accolgano i propri figli per far praticare un’attività sportiva, o provano ad accostarli all’ascolto o all’apprendimento di uno strumento musicale e si imbattono sull’assenza o sul rifiuto. Ecco che allora le sensazioni provocate dal video del bambino autistico che piange al concerto dei Coldplay e la storia del ragazzo siciliano che ai giochi per disabili batte il record di corsa dei normodotati, potrebbero essere utili qualora sensibilizzassero per una battaglia condivisa con chi vive condizioni simili a coloro che tanto hanno commosso.
Ci sono momenti e luoghi nei quali bisogna superare la magia dell’emozione per passare alla concretezza della razionalità. In questi giorni stanno avendo risonanza mediatica due storie che hanno per protagonisti ragazzi autistici, due bei racconti di vita con il lieto fine. Una è quella del pluri citato bimbo messicano che si commuove al concerto della band preferita dai genitori; l’altra è più nostrana e narra le vicende di Raffaele Di Maggio, talento siciliano della corsa che ai campionati del mondo sui 60 metri riservati alle persone con disabilità intellettiva ha segnato il record mai raggiunto da un atleta azzurro a livello giovanile (7 secondi e 11 centesimi).
Il pubblico legge, guarda le immagini, si appassiona e per un breve lasso di tempo riflette sulla sfortuna di questi giovani che però può anche trasformarsi in testimonianza di amore e di coraggio. Poi si chiude il giornale, si spenge il computer e rimane il sospiro di quell’attimo. Per noi è diverso. Per chi ogni giorno ascolta e riporta la storia di chi anche per quei momenti di rara gioia deve combattere le fatiche di una vita; di chi si ferma prima; di chi proprio non ha il tempo per pensare ad un concerto o ad una gara, l’impegno è andare oltre. Senza eccedere nel pessimismo, si possono utilizzare queste storie che non si vogliono mettere in dubbio, per dimostrare quanto attività comuni, se accessibili realmente a tutti, possano aiutare.
E’ vero che la musica piace a molti ragazzi autistici, che è uno strumento importante per farli uscire dall’isolamento ed entrare in contatto con gli altri. La musicoterapia se ben condotta in luoghi adatti è una forma efficace di riabilitazione. Anche fuori dalla terapia: un concerto, magari ascoltato in una posizione che non esponga troppo a luci e suoni eccessivi, può provocare reazioni emotive.
Qui la teoria poi nella pratica: quanti sono gli spazi pubblici, a partire dalle scuole nelle quali si effettuano laboratori di musicoterapia? Quanto è facile per le famiglie trovare luoghi dove far imparare uno strumento al proprio figlio? Ci sono genitori che lo fanno, ma non è così automatico. Come portare un teppautistico ad un concerto: è un’esperienza che lascia genitori ed accompagnatori con il fiato sospeso, subito pronti alle scuse e alla fuga nel momento di una possibile crisi della propria creatura.
E lo sport? Lo stesso allenatore di Raffaele Di Maggio, Orazio Scarpa ha raccontato al Fatto Quotidiano le difficoltà superate per far praticare l’attività sportiva al suo atleta . La determinazione del professore di educazione fisica unita all’impegno di una scuola della provincia di Palermo hanno permesso di superare prima le barriere del ragazzo e poi quelle logistiche di palestre e spazi dove allenarsi, fino al sogno di gareggiare nei campionati ufficiali. Tante le madri e i padri che ci hanno raccontato di aver provato a far sfogare le energie dei propri teppautistici in campi da rugby o da calcio, alcune rivelando subito le condizioni dei ragazzi e trovandosi quindi spesso di fronte all’impossibilità di associazioni sportive a saperli gestire, altre mentendo e confidando che correndo e azzuffandosi ci si potesse mimetizzare.
Perché non è facile trovare luoghi dove far praticare giochi di squadra, a partire dalla scuola che spesso reclude i nostri ragazzi in un luogo angusto dove l’obiettivo sembra invece reprimerli e nasconderli. Le poche associazioni che si dedicano allo scopo spesso a stento sopravvivono per la mancanza di fondi.
Ben vengano allora gruppi rock sensibili e Forrest Gump siciliani, ma purchè servano ad unire in una battaglia, non momentanea, di civiltà anche tutti coloro che, pur non vivendo la quotidianità di quella famiglia messicana e di quella siciliana, si sono commossi e hanno partecipato alle loro emozioni.
A noi il compito poi di ricordare, come sempre, che purtroppo non c’è un palco, né un record che possa guarire, ma stare meglio si può e si deve.