Il teppautistico chiede asilo
Fabrizio è un bambino autistico di quasi 3 anni, la sua è una storia di diritti acquisiti, conquistati, concessi, sospesi e alla fine ottenuti. Due genitori molto attenti, coadiuvati da specialisti scrupolosi raggiungono la consapevolezza sulle condizioni del figlio molto presto, tanto da consentire al piccolo di iniziare a nemmeno due anni il percorso di osservazione e di terapie tra cui anche l’inserimento nelle realtà sociali come l’asilo nido. A Bagheria si potrebbe così sperimentare l’efficacia plastica della diagnosi precoce, ma la determinazione di madre, padre e medici curanti a questo punto non bastano, ci vorrebbe un piccolo contributo dell’amministrazione per garantire il diritto al sostegno. Qui la bella storia siciliana cambia registro e diventa il racconto di una contesa che coinvolge anche giudici e tribunali, una battaglia legale che pare finalmente conclusa per consentire a Fabrizio di proseguire il suo percorso con gli strumenti necessari, previsti dalla legge.
Sempre più studi dimostrano come la diagnosi precoce consenta ai bambini affetti di disturbi dello spettro autistico notevoli progressi per l’acquisizione di capacità cognitive e di relazione. Non si guarisce, ma si può vivere meglio. A Bagheria, Federico e Debora, genitori di Fabrizio, pur non essendo esperti della materia, hanno seguito questa indicazione e già quando il loro bambino aveva solo 9 mesi, si sono allertati per il suo eccessivo immobilismo, mosso solo da alcuni gesti ripetuti con le manine. “Il pediatra ci disse che non sapeva nulla di autismo, ma conoscevamo la dottoressa Castello, una neuropsicomotricista che, dopo aver visto Fabrizio ci ha consigliato di tenerlo sotto osservazione. Dopo un anno lo abbiamo portato a Palermo dalla dottoressa Gambino, massima esperta nell’isola di autismo che ci ha diagnosticato un rischio evolutivo e a dicembre dello scorso anno ha confermato un autismo di grado moderato. Tra fortuna e casualità ha potuto così cominciare subito alcune terapie. Mentre era ancora in osservazione già faceva psicomotricità e logopedia”.
Asilo nido, inizia la battaglia
All’alba dei 3 anni Fabrizio va 4 volte a settimana in un centro convenzionato a continuare le sue terapie, perché è stata rapido anche l’accesso alla legge 104: riesce ad articolare alcune parole e ad interagire con i suoi coetanei. “Rimane la sua disprassia, ma ha fatto comunque grandi progressi e soprattutto ha già aperto una breccia nel muro sociale che lo isolava dagli altri, per questo il passaggio all’asilo nido ci è sembrato un proseguimento naturale del percorso. Abbiamo ottenuto il posto in una struttura comunale e chiesto il sostegno. E qui è iniziata la battaglia.”
L’assessore alle politiche sociali del comune ha risposto alla mamma che non era prevista per legge una figura del genere per il nido, chiosando, come prassi culturale :“ha due anni, se lo tenga un altro annetto a casa e poi lo manda alla materna.”
Se Federico e Debora non avessero proseguito con la loro determinazione per ottenere tutto ciò che è dovuto al proprio figlio, la storia si sarebbe conclusa qui e magari sarebbe ripresa tra un anno quando per la scuola dell’infanzia avrebbero dovuto ricominciare le richieste per l’insegnante di sostegno, sempre una via tortuosa. Invece loro hanno preso in mano la legge 104 e l’hanno letta bene, soprattutto il comma 2 dell’art 13 : “gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l’adeguamento dell’organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenz
e dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.”
Non vogliono la guerra, ma il rispetto della legge
“Siamo andati dall’assessore a raccontarle la nostra scoperta e si è detta pronta a capire meglio e a farci sapere.” Il tempo passa, Fabrizio dovrebbe rimanere a casa ad attendere, ma la mamma decide di agire. Lo porta lo stesso all’asilo, anche in questo caso segue la legge che non glielo vieta e trova una maestra che, sempre tra fortuna e casualità, capisce e riesce ad entrare in contatto con il bambino, pur non avendo competenze specifiche. “ Fabrizio va sereno, ma non ci basta, devono garantirci ciò che gli spetta, e a novembre riusciamo a parlare direttamente con il sindaco. Non è proprio uno scambio di sentimenti, ma alla fine ci garantisce che potrebbe esserci una soluzione con l’assegnazione di un assistente alla
comunicazione, e precisa che non è un problema economico. Dopo pochi giorni veniamo convocati nell’ufficio della coordinatrice scolastica dove andiamo con il nostro avvocato (sì perché intanto ci siamo voluti “armare” di consulenze e pareri legali)e troviamo il dirigente della neuropsichiatria infantile territoriale, l’assessore alle politiche sociali, due assistenti sociali e perfino l’assessore al bilancio. Per l’anno nuovo, tempo si sistemare tutta la burocrazia necessaria, nostro figlio avrà il sostegno.”
La storia ancora non arriva alla conclusione
Un’ora di sostegno e non di più
A metà gennaio, i due genitori si ripresentano a chiedere una data certa per l’attivazione del progetto e se ne vanno felici con un programma di 22 ore di sostegno settimanali, manca però solo un piccolo passaggio: la firma dell’assessore. Il documento viene siglato ma solo per un’ora al giorno, nulla di più.
Si va avanti, contando sulla buona volontà dell’insegnante e dell’assistente di sostegno “Come pare sia prassi consolidata, decidiamo di accorpare le poche ore in tre giorni la settimana così ne fa di più consecutivamente. L’equilibrio raggiunto dura poco, l’assistente molto preparata sull’autismo viene richiamata, deve seguire il protocollo non più di un’ora al giorno.”
Si arriva al Tribunale. Con provvedimento d’urgenza, nel giro di qualche settimana il giudice emette un decreto, immediatamente esecutivo, nel quale si impone al Comune di nominare un insegnante specializzato per tutte le ore in cui è presente il bambino in classe!
Dopo una settimana, la sentenza: “Il Giudice ordina all’amministrazione, resistente, Comune di Bagheria di assicurare al minore, immediatamente, la presenza di un assistente all’autonomia e alla comunicazione per l’intero anno scolastico in corso per un numero di ore non inferiore a 24 settimanali […] E condanna il Comune di Bagheria al pagamento delle spese”
Siamo a marzo, a Federico non rimane che sfogare la sua incredulità in una lunga lettera a Bagheria news, sito di informazione molto seguito nel territorio. La città è con loro, forse anche questo ha spinto finalmente l’amministrazione a rispondere nel rispetto della legge. La prossima settimana Fabrizio andrà all’asilo dove troverà la sua preziosa maestra Maria e l’assistente non più solo per un’ora. “Ci hanno chiamato proprio oggi dalla cooperativa, il comune ha accettato il piano di 24 ore di sostegno. Speriamo che si mantenga l’impegno. Siamo stanchi, ma sollevati. Bisognava combattere non solo per Fabrizio ma per tutti quei bambini e quelle famiglie che non hanno la forza di reagire e chiedere ciò che spetta loro di diritto: l’assistenza dalla prescolarizzazione al dopo di Noi.”
Valeria Scafetta