Tommy nel viaggio della memoria
Sono reduce da un Viaggio della Memoria organizzato dal Liceo Artistico Ripetta di Roma a cui ho partecipato con mio figlio Tommy, autistico-major 18 doc, alunno di III liceo artistico nella sede di Viale Pinturicchio. Io, ovviamente, ero lì sia come partecipante che come accompagnatrice dell’alunno autistico.
Sono stati sette giorni intensi e faticosi, di lunghi percorsi fatti in pullman e lunghe ore di cammino nei luoghi simbolo di dolore e
morte. Siamo partiti da Roma con un pullman e abbiamo fatto la prima tappa al campo di concentramento di Fossoli (Mirandola-Modena) poi al castello di Hartheim (Austria) dove venivano deportati i bambini (e non) disabili fisici e mentali che per i nazisti andavano eliminati in quanto inutile zavorra umana non produttiva che sottraeva i beni destinati alle giovani coppie di pura razza ariana, poi al campo di sterminio di Mauthausen (Linz- Austria), poi a quelli di Auschwitz e Birkenau. Abbiamo visitato anche il sottocampo di Bundi e l’area dove sorgeva il campo di Monowitz dove fu internato Primo Levi. Siamo stati due giorni a Cracovia: abbiamo girato, a piedi, in lungo e in largo la città e pure il Museo di Schindler. E infine una toccata e fuga a Vienna per chiudere in bellezza con una serata in uno jazz club.
Abbiamo attraversato cinque paesi in sette giorni, cambiato quattro alberghi e macinati migliaia di chilometri di autostrada.
E soprattutto il carico di angoscia e di partecipazione emotiva che ti scatena “dentro” un viaggio del genere. Dove non ti viene risparmiato nulla e dove persone che hanno vissuto sulla propria pelle quelle atrocità come Aldo Pavia che ci ha accompagnati, ti raccontano episodi di storia terribili e disumanizzanti. Attraverso i motivi e i passaggi che li hanno determinati scopri pure che non erano frutto di improvvisa pazzia o follia generale ma studiati a tavolino e dettati da precisi disegni. E dunque potrebbero succedere ancora, perché sono già successi. Chi c’era dietro all’inferno non erano dei marziani ma soltanto esseri umani.
Noi eravamo lì anche come testimoni di un’umanità che non vuole dimenticare e con noi c’era pure Tommy, autistico major18 ma soprattutto testimone. Tutto questo è successo per davvero. E se a Tommy la scuola avesse impedito di andare perché era un viaggio impegnativo (non soltanto fisicamente) e dunque non adatto ad un autistico, avrebbe negato una grande occasione anche a lui. Quella di sentirsi parte integrante dell’umanità che non dimentica. E non zavorra umana.