Da mamma di un teppautistico vi spiego perchè un disabile non deve fare tenerezza
I commenti o le risposte sotto il post dove ieri provocatoriamente si è evidenziato un comportamento scorretto nella formulazione del casting di una fiction dove si richiedeva tra gli altri “un nano o affetto da altra disabilità che trasmetta tenerezza” confermano che purtroppo in questo Paese ci sono solo due categorie di persone: chi, avendo un disabile in famiglia o frequentandolo e quindi toccando con mano il problema, si è indignato per uno stereotipo surreale che inquadra il disabile in una pseudo-categoria avulsa dalla realtà dove “il poverino però fa tenerezza”, e tutti gli altri, la maggior parte dei quali non vede dove sia il problema. Allora se volete ve lo spiego.
Una persona con una disabilità di qualsivoglia specie è prima di tutto una persona e come tale deve essere trattata in ogni aspetto della sua vita, compresi casting e stronzate assortite. La storia che susciti tenerezza fa parte di quella mitologia retriva della serie “sono povere creature di Dio tanto buone e innocenti” e quindi tendenti a suscitare pietà nella migliore delle ipotesi. Questo punto di vista, che sbrigativamente accantona qualunque problema sia inerente il disabile, fa il paio con l’atteggiamento “lascialo fare, poverino” nei casi in cui il soggetto in questione, soprattutto se autistico, possa avere comportamenti non canonici del tipo strillare senza motivo, correre all’impazzata per strada a rischio di andare sotto una macchina o, peggio, di venir preso per un rapinatore o un terrorista soprattutto se alto un metro e 85 e con il fisco da seconda linea di rugby come nel caso di mio figlio.
Vi fornisco una notizia: noi genitori che cerchiamo di “contenere” le esternazioni dei nostri figli non lo facciamo per rompergli i coglioni nel tentativo di avere una patetica brutta copia di normodotato come figlio o perché ci “vergogniamo” di nostro figlio, figuriamoci, io mi vergognerei ma di me stessa se avessi un figlio bullo o maleducato cronico come ne vedo tanti tra i cosiddetti normali.
No, noi lo facciamo prima di tutto per tutelare la loro sicurezza e anche perché pensiamo che i nostri figli “diversi” debbano far parte a pieno titolo della società e quindi seguire per quanto possibile delle regole. Disabile non fa rima con maleducato, troglodita, sottosviluppato. Per questo motivo i nostri figli non devono fare tenerezza più di chiunque altro solo perché disabili e non devono essere etichettati in alcun modo.
C’è chi si è scandalizzato perché la responsabile del post sul casting pare che sia stata rimossa dall’incarico: non c’è da meravigliarsi, nei Paesi civili, nei fantastici Stati Uniti, ai quali noi cerchiamo goffamente di assomigliare solo nei lati più deteriori, la rimozione dal posto di lavoro per una cosa del genere è automatica e nessuno se ne stupisce. Non mi faccio illusioni sull’apertura mentale della maggior parte della popolazione italiana e questa convinzione non si basa solo sull’atteggiamento verso i disabili, ci mancherebbe. Dico solo che la strada verso la vera civiltà è ancora lunga e irta di ostacoli e che i nostri figli non avendo vita facile tocca che si attrezzino per affrontare ignoranza, superficialità, cattiveria gratuita.
Perciò ribadisco: TENEREZZA STOCAZZO!
di Irene Gironi Carnevale