La festa solitaria dell'autistica del Maine non si anima con i cuoricini su Facebook
È di qualche giorno fa la fotografia postata su facebook della ragazza autistica che festeggia il suo diciottesimo compleanno da sola, in una sala giochi. Non è, ovviamente, stata messa da lei, ma da una sua cugina che abita qui, vicino a me, nel Massachussetts, a poche ore dal Maine, dove c’è la sala giochi con i palloncini e la ragazza sola, seduta a un tavolo. Sotto l’immagine strappalacrime, migliaia di persone hanno risposto mandando auguri, bigliettini, cuoricini, parole di solidarietà e di dolcezza.
Tutto molto bello, come sempre.
Ho discusso a lungo con mio marito l’altra sera proprio sulla risposta che il popolo della rete ha dato a questo evento. Dan dice che è bello che sia possibile fare questo tipo di sensibilizzazione su un caso, per noi genitori di persone autistiche, purtroppo molto comune. Aggiunge che forse sta proprio lì la forza del web: riuscire a denunciare questi tristissimi episodi nella speranza di insegnare qualcosa a qualcuno. Mi raccontava di un altro esempio uscito pochi giorni fa: una persona obesa che ballava a un matrimonio, ignaro delle battute oscene di chi lo guardava e lo prendeva in giro. E la rete, anche lì, ha formato un cerchio di solidarietà nei confronti di questa persona, ovviamente libera di essere grassa quanto vuole e di ballare quanto, quando e dove vuole.
Il discorso di Dan non fa una piega, lo capisco. Ma, come diceva Gianluca Nicoletti nel suo video sulla Stampa di questa mattina, mi chiedo cosa davvero possa aver cambiato nella vita della ragazza del Maine questo gesto di superficiale supporto. Si chiedeva Nicoletti, e me lo chiedo anche io: ma dov’era questa cugina tanto preoccupata per la solitudine della ragazza? Perché non ci è andata lei, a festeggiare?
Mi chiedo anche se si debba inizare da lì, da un’immagine triste e dalla ricerca di like e condivisioni per affrontare il problema della marginalizzazione delle persone autistiche e disabili in generale.
Mi chiedo se possa davvero cambiare qualcosa mandando un cuoricino o una faccina triste sotto una foto trovata su Facebook.
O se sia più un’espiazione di sensi di colpa da parte di chi, nella vita, offre il suo impegno nei confronti di un tema tragico con un semplice click.
E poi penso che anche Luca avrebbe festeggiato il suo compleanno da solo, in camera sua davanti al suo iPad se non ci fossimo stati io, Dan e la mia famiglia a organizzare qualcosa per celebrare i suoi diciotto anni. Anche di lui ci sarebbe una foto triste, al buio, con un palloncino sfigato appeso alla sedia. E invece abbiamo deciso di organizzare qualcosa, abbiamo deciso di invitare chi, al posto del bigliettino, ha voluto festeggiare con la propria presenza Luca, rubandogli un abbraccio schivo, e dandone uno forte e affettuoso a noi. Forse anche questo non serve molto, ma se non altro sono usciti di casa, hanno comprato un regalo a Luca, sono venuti qui, a passare il pomeriggio con noi. Hanno, insomma, davvero fatto qualcosa in più: hanno dimostrato la loro solidarietà e il loro affetto per il loro amico o vicino di casa.
Non mi fido molto di questo finto supporto mediatico. Sono convinta, sia chiaro, che le persone che hanno reagito a tale fotografia, lo abbiano fatto perché sono rimaste colpite dalla solitudine della festeggiata. Eppure, magari offrirsi volontari in qualche centro per persone disabili e passare una giornata con uno di loro per me sarebbe più utile e anche più sincero. Mi sembra addirittura un briciolo offensivo offensivo, per noi che ci facciamo un mazzo così, che si possa pensare che basti così poco, perché invece quello che serve è alzarsi dal divano e trovare dentro di sé la voglia di partecipare, di metterci la faccia, e anche un cuore vero, non fatto di pixel.
Anche in una sala giochi del Maine.
Marina Viola (da Boston)
Hallee Sorenson, di Bangor (Maine) è una ragazza autistica che un anno fa ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno da sola in un pub, perché nessuno dei compagni di scuola invitati era venuto. Purtroppo accade in America come ovunque che l’ adolescente neurodiverso sia solo in occasioni del genere. A distanza di un anno la cugina di Hallee, che si chiama Rebecca Lyn, e vive a Oxford (Massachusetts), ha pubblicato sul suo profilo Facebook la foto sconsolata della cugina sola al pub, tra palloncini e festoni, chiedendo messaggi e attestati di solidarietà per il prossimo imminente compleanno della ragazza autistica. Naturalmente la rete risponde sempre di fronte a chiamate del genere e la foto della ragazza triste davanti alla torta solitaria diventa virale con decine di migliaia di like…E allora? Cosa cambierà per Hallee? Non sarebbe stato meglio che la cugina avesse radunato qualche amico e organizzato una festa come si deve? Il social strappalacrimismo scatta gratificante e inutile alla stessa maniera per una ragazza disabile come per un gattino abbandonato. Per entrambi però la vita non cambierà di una virgola, ma tutti gli altri si saranno sentiti buoni e solidali, felici e condivisi. Di Gianluca Nicoletti Da LA STAMPA |