Pensare Ribelle

L'impresa autistica costa 7.000 euro. Prima ancora di nascere

Virginia Verzulli
Virginia Verzulli

Virginia la conosciamo. ha 20 anni, è seriamente #teppautistica, vive a l’Aquila e, con la mamma e il papà, è una delle “cellule” dell’associazione Autismo Abruzzo. Conosciamo un po’ anche la sua storia e l’idea che si stanno inventando i suoi genitori: quella di avviare un’impresa, perché tanto Virginia non l’assume nessuno. Un’impresa adatta a lei, come un e-shop. Un’impresa a in cui tutta la famiglia, volente o nolente, sia coinvolta. Un’impresa con cui nessuno pensa di farsi ricco, ma che servirà almeno a dare un senso e un ritmo alle giornate di Virginia, ora che “si sta facendo grande”.

Sappiamo anche gli ostacoli che Virginia sta incontrando: sappiamo del conto che l’Inps le ha presentato: oltre 3.500 euro di contributi l’anno. E questo, prima ancora che l’impresa sia avviata. Il papà ha scritto a Mattarella e a Poletti, protestando perché, mentre i datori di lavoro che assumono disabili hanno diritto ad agevolazioni e sgravi, il disabile che prova a diventare imprenditore di se stesso non riceve nemmeno uno sconto. ha chiesto, Verzulli, che ci sia finalmente qualche sgravio anche per loro, per gli imprenditori disabili. Ma no, niente da fare, la risposta si è fatta attendere ed è stata in burocratese: qualche giro di parole per dire semplicemente “no”.
Nessuno sgravio, insomma, neanche un piccolo sconto. Anzi, addirittura il raddoppio. Sì, perché quetsa è la notizia che ieri l’amico Dario Verzulli ci ha comunicato: che dall’Inps è arrivata un’altra raccomandata, lunedì, questa volta indirizzata proprio a lui, in quanto tutore, aministratore di sostegno. Per l’Inps, evidentemente, addetto alle vendite. Impiegato dell’azienda, insomma, come se non avesse un lavoro, lui. Un lavoro in ufficio, insomma, oltre a quello – impegnativo – in casa. Così il debito si è raddoppiato, perché i 3.500 euro l’anno l’Inps li chiede anche a lui.

Dario-VerzulliCon grande sorpresa ho ricevuto una raccomandata dall’Inps che mi intima di pagare in breve tempo i contributi obbligatori previsti per le attività commerciali, solo perché io risulto come tutore/amministratore di sostegno di Virginia. Per Inps questo equivale ad una vera e propria appartenenza alla categoria commerciale, anche se io di fatto non faccio assolutamente nulla. Devo assicurare il sostegno e supporto necessario a Virginia e nulla più! Virginia deve, secondo le norme vigenti, versare i contributi obbligatori previsti per le attività autonome (commercianti artigiani), mentre a me, in qualità di amministratore di sostegno, chiedono la stessa cosa

E così la famiglia Verzulli si ritrova con un debito verso l’Inps che supera ormai i 7 mila euro. E l’attività non è neanche stata avviata

Le complicazioni sono tali che finora non abbiamo trovato il tempo di avviarlo. Gestire l’autismo (grave) nella vita ordinaria non è cosa semplice, ma anche questa situazione non è nota ai più. Ad esempio – racconta Verzulli – tutte le notti Virginia si sveglia verso le 2-3 e, con un po’ di pazienza, riusciamo a recuperare la sua tranquillità dopo circa un’ora. Serve sempre qualcuno pronto e arzillo ad assisterla e in grado di comprendere i suoi bisogni”.

Verzulli però non intende rinunciare. E non ha alcuna intenzione di pagare.
virginiaPer la mia situazione, credo sia possibile ottenere lo sgravio, in quanto io sono un lavoratore dipendente ed è impossibile, per legge, avere doppi contributi. Dovrò però recarmi alla sede Inps e passare almeno una giornata (di ferie) con loro, nella speranza possano comprendere il mio stato di amministratore di sostegno e non confonderlo con quello di addetto alle vendite. Non pagheremo neanche il debito di Virginia. Vogliamo capire quale è il limite di questo Stato perverso. Vogliamo comprendere come l’Inps, attraverso Equitalia, intenda procedere nei confronti di nostra figliaIn pratica i contributi sono doppi, rispetto a quelli dovuti dagli imprenditori non disabili. “Siamo di fronte a una vera e propria discriminazione nei confronti di nostra figlia, a tanti livelli: primo, perché non può utilizzare la legge 68/99, che prevede determinate competenze minime; secondo, perché non ha alcuna agevolazione nell’avvio di un’attività; terzo, perché semmai volesse tentare comunque di avviarla, questo condizionerebbe pesantemente anche i suoi familiari.

A tutta la famiglia Verzulli, il nostro sincero in bocca al lupo. Aspettando di sapere chi vincerà questa partita. Noi sappiamo per chi tifare.

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