Autista del bus dice "Taci ritardato" a un bambino autistico. In Inghilterra è un caso mediatico
Ragazzino autistico deriso dall’autista del bus: “Taci ritardato”. E’ polemicaUn ragazzo autistico è stato pesantemente deriso ed insultato dall’autista di un bus, solamente perché gli aveva chiesto informazioni. In Inghilterra l’episodio è diventato un caso mediatico.Un ragazzino autistico è stato insultato ederiso dall’autista di un bus, per il solo fatto di averlo “disturbato” per chiedergli alcune indicazioni. Il fatto è accaduto a Leigh (Greater Manchester, Inghilterra) e non ha mancato di scatenare una feroce polemica da parte dei genitori del giovane, subito spalleggiati dalle associazioni per la lotta all’autismo. A denunciare l’episodio è stata la madre del ragazzino, Liz Dixon (36), la quale ha spiegato che tutto è partito dalla richiesta fatta all’autista da suo figlioLiam (11) di spiegazioni riguardo all’ubicazione esatta della fermata. “Liam ha detto che quando ha chiesto a quell’uomo dove fosse la fermata, lui gli ha riso in faccia rispondendogli ‘alla fermata’“. “Questo credo abbia disorientato molto mio figlio, e l’autista ha continuato a ridergli in faccia chiamandolo ritardato“. Liz era sull’autobus insieme a Liam e a due suoi nipotini quando l’episodio è avvenuto, ed ha spiegato di avere mantenuto la calma, andando dall’autista dell’autobus per guardarlo in faccia e chiedergli se davvero aveva avuto il coraggio di chiamare suo figlio “ritardato” perché non aveva compreso l’infelice battuta. “A quel punto lui mi ha riso in faccia e mi ha risposto ‘Sì, certo che l’ho fatto’. Gli ho chiesto cosa gli desse il diritto di dire cose del genere ad un ragazzino, ma sembrava che non gliene fregasse davvero nulla” ha spiegato con amarezza la donna. |
Quella volta che un’amica dottoressa chiamò Tommy “ritardato”Tommy non è ritardato: è diversamente orientato. A lui non interessa correre nella direzione che tutti pensano portare alla linea di traguardoTempo fa sentii un’amica dottoressa chiamare Tommy «ritardato». non è un bel termine, ma la signora era professionalmente molto seria, con anni di pronto soccorso alle spalle dove aveva visto cose di ogni tipo, compresa una donna stuprata con un frullatore dal convivente. Mi raccontava nei particolari la storia orrenda del tipo che aveva alzato il gomito prima di dirigere contro la donna il Minipimer. La stessa dottoressa, rotta a tutte le bassezze umane, aveva visto mio figlio e per lei non era un problema discutere di quanto fosse «ritardato». il termine mi diede molto fastidio: era probabilmente quello giusto, ma non lo sopportai e, da quel giorno, non feci più nulla per vederla o sentirla, anche se eravamo buoni amici. Sono sempre stato in prima fila nel deprecare l’orribile accarezzamento lessicale nel definire persone fuori standard, però la parola «ritardato» mi feriva, era una semplificazione arcaica per indicare chi non ce la fa a correre veloce come gli altri. A chiunque stringerebbe l’anima vedere il proprio figlio arrancare verso un traguardo con tutti gli altri che gli sfrecciano accanto. Tommy non è ritardato: è diversamente orientato. A lui non interessa correre nella direzione che tutti pensano portare alla linea di traguardo. Tommy non ha traguardi da superare; quelli che noi gli costruiamo davanti riesce ad attraversarli con nostra immensa fatica e soprattutto con frustrazione, perché sappiamo che sarà sempre indietro rispetto alla norma. Se ci rifletto, mi sarei già da allora dovuto chiedere cosa significasse «ritardato». Rispetto a quale modello è calcolabile il ritardo? Un suo coetaneo medio? forse anche io potrei sembrare ritardato rispetto alla maggior parte dei miei coetanei: ho pochissima attitudine alla mediazione, sopporto malissimo il clima competitivo. Ultimamente preferisco sempre di più star solo piuttosto che vedere altre persone. Penso che tommy sia il mio personal trainer occulto, anche se non ho capito per quale genere di gara mi stia facendo allenare. (Gianluca Nicoletti: “Una notte ho sognato che parlavi, Mondadori 2013 pg.65) |