Maltrattavano un uomo autistico, rinviati a giudizio 4 operatori
Rinvio a giudizio per i quattro operatori di Villa Varzi, storica struttura per disabili mentali della provincia di Novara, accusati di maltrattamenti contro un uomo autistico di 50 anni. Questo l’esito delle indagini iniziate nell’ottobre del 2015 grazie alle segnalazioni di un altro operatore che, subito dopo aver lasciato il posto di lavoro, aveva denunciato ai carabinieri i comportamenti violenti dei colleghi. Le telecamere ripresero e comprovarono, tanto che i carabinieri fecero irruzione nel centro per arrestare uno di loro, poi rimesso in libertà. Finirono poi ai domiciliari tutti e quattro. Di questa ennesima vicenda di violenza ai danni di disabili e delle loro famiglie che si affidano delle strutture nelle quali portano i propri cari, colpisce proprio un’intervista rilasciata a La Stampa dalla mamma dell’uomo, vittima delle violenze. Nel dolore e nella rabbia emerge l’ineluttabile rassegnazione di una donna anziana che non ha alternative alla fiducia in coloro che si occupano del suo ragazzo ormai adulto e non gestibile. Il dopo di noi che colpisce già durante.
Quando non ci sono più le forze
oltre la paura c’è la rassegnazione
“È stato quasi paradossale. Non volevo crederci. Mi ricordo che il giorno dell’arresto sono stata contattata dal responsabile. Il mio primo pensiero è stato: chissà cosa ha combinato mio figlio: avrà rotto qualcosa e mi chiederanno i danni. Poi mi hanno detto dell’arresto di un operatore. Anche in quel momento non avevo ancora realizzato: pensavo a droga, qualcosa di simile. Non immaginavo che potesse trattarsi di maltrattamenti. E soprattutto che fosse mio figlio la vittima”. A parlare in una breve, toccante intervista a la Stampa , è Alessandra Del Conte, l’anziana mamma di un uomo autistico di 50 anni che ha subito violenze, provate anche da fotogrammi registrati dalle telecamere dei carabinieri, a Villa Varzi a Galliate in provincia di Novara. Il centro è conosciuto nel territorio per la propria affidabilità, da poco ha vinto un appalto anche per altri servizi ed è soprattutto uno dei pochi a disposizione di autistici e disabili mentali. Eppure nell’ordinanza con la quale il GIP faceva riferimento alle immagini che incastrarono i 4 operatori licenziati ed ora rinviati a giudizio, c’è scritto: «La pervicacia dimostrata nell’approcciarsi in modo violento agli ospiti della struttura, per poi tornare alla propria postazione a guardare la tv o il cellulare, è indice di assenza di considerazione, e anzi di spregio, per quella che è la parte costitutiva del lavoro scelto, ovvero prestare assistenza a persone disabili».
Gli operatori violenti sono ormai fuori dalla Villa, non sta a noi stabilire se la direzione o gli altri dipendenti siano stati quantomeno distratti nel non notare i loro anomali comportamenti, certo la madre di una delle loro vittime non ha perso la fiducia nel posto nel quale, con grande dolore e fatica, ha deciso di lasciare il proprio ragazzo ormai troppo grande da accudire. Perchè non è facile trovare il luogo nel quale decidere di far vivere chi si è avuto accanto fino a quando si sente di non avere più le forze per sostenerne la cura. E’ lei stessa a definirla ”la struttura ideale per persone come mio figlio, che da adulto ha ritrovato tante persone con cui è cresciuto.”
Nessuno si può permettere di giudicare la rabbia, l’angoscia e la necessità di questa donna, almeno non chi condivide la sua stessa sorte o ha una sensibilità umana, ma il dubbio sale che oltre la fiducia e i piccoli progressi notati nel figlio grazie alla permanenza nella struttura, nella scelta ci sia anche la paura di non avere alternative. Nella provincia di Novara come ci conferma Benedetta Demartis ( ANGSA Novara e Vercelli e Coordinamento Autismo Piemonte) ci sono pochissimi centri con lunghe liste d’attesa. Allora si può comprendere ancora meglio la conclusione della madre: “Fortunatamente qualcuno ha denunciato i comportamenti illeciti. Ora siamo sereni, tranquilli. Mio figlio è in buone mani. Continuerà a frequentare quel centro che è il “mentre” fin quando noi genitori siamo qua, ma che sarà anche il “dopo” di noi” .
Rimane l’amarezza perchè in quel “sereni e tranquilli”, una reiterazione del concetto quasi per convincersene, c’è il senso di una battaglia da compiere per consentire ai nostri ragazzi e alle loro famiglie un presente ed un futuro che vada oltre il “meno peggio”, il “questo c’è” e la rassegnazione, ma che contempli la dignità della persona che è tutto il contrario della violenza e della disattenzione.