Buco Nero

Picchia un disabile davanti alla discoteca di Olbia, nessuno interviene ma il video va in rete

pestaggio olbia

Luca ha 37 anni e soffre di disturbi cognitivi, vive con il padre e il fratello ad Olbia. Esce poco di casa, ma sabato della scorsa settimana, di nascosto, è andato in discoteca a San Teodoro, a 30 chilometri da casa. Credeva che avrebbe passato una serata con degli amici invece ha incontrato la violenza di chi lo ha picchiato; di chi ha girato un video del pestaggio da far circolare in rete e di chi non ha fatto nulla per difenderlo. Luca ha riportato lesioni gravi e forse la peggiore: non aver capito perchè è stato vittima di tanto odio. Uno degli aggressori, proprio grazie al video e alla denuncia di uno spettatore più umano, è stato individuato. Mentre si attendono le decisioni della Procura di Nuoro, ha avuto anche il tempo di postare una delirante giustificazione nel suo profilo. Ed è di nuovo paura, rabbia e angoscia davanti all’ennesimo, inspiegabile caso di violenza ai danni di chi non ha modo di difendersi e alla ancora più preoccupante spettacolarizzazione della stessa che sembra aver ormai un pubblico, reale e virtuale, in aumento.


Calci, pugni, e grida “ti ammazzo con una mano”:  a San Teodoro,  pochi chilometri da Olbia,un uomo di 37 anni con problemi psichici è stato vittima di un feroce pestaggio. Convinto di aver passato una sera diversa da quelle solite, chiuso in casa con il padre e il fratello, di aver trovato degli amici, Luca Isoni, si è ritrovato al centro di una rissa: tanti contro di lui, intorno solo pubblico intento a riprendere con il telefono, commentare e persino ridere.

Un pestaggio che parrebbe studiato da chi ha convinto Luca ad andare fino a quel locale e anche a stare fermo per scattare una foto ricordo, utile a far prendere meglio la mira per le botte. Tante, riprese nei dettagli da chi ha poi fatto circolare in rete per una settimana il video che ha trovato un pubblico così numeroso da diventare virale. Per fortuna il regista ha inquadrato bene anche il principale aggressore, un ragazzo di 27 anni di Sassari, fiero di essere immortalato nel compimento delle sue gesta quasi acclamato dalla folla. Lo stesso che vigliaccamente ha avuto il tempo di giustificarsi con un post inquietante e disarmante. Ha chiesto scusa per la vergogna che ha arrecato alla sua famiglia, ha precisato che non si trattasse di un invalido e che una motivazione comunque c’era. Anche i proprietari della discoteca si sono giustificati: la violenza è avvenuta distante dal locale, non c’era più il personale e per fortuna loro erano ancora vicini per portare i primi soccorsi al ragazzo. Colpisce che sia l’aggressore, sia i proprietari del locale ci tengano a conservare il buon nome della famiglia e della propria attività. A Luca, quasi ucciso dalle botte e dall’indifferenza in una sera d’estate che sperava potesse essere indimenticabile con i suoi nuovi amici, nessuno chiede scusa.

Lo hanno picchiato, ripreso e poi buttato tra le sterpaglie dove dopo molto tempo solo i buttafuori della discoteca potessero ritrovarlo. Ma prima che lo riducessero quasi in coma, non un braccio che ha bloccato quello degli aggressori, non un grido più forte che richiamasse chi potesse fermare quel massacro: mani e voci prese a registare e commentare per poi diffondere in rete.

Luca è riuscito a tornare a casa e a inventarsi con il fratello e il padre che aveva avuto un incidente con la moto. Chissà cosa avrà pensato, se avrà avuto paura o se ancora non avesse capito cosa e perchè gli era accaduto. Non aveva calcolato però che la verità della violenza subìta circolasse su facebook, su quel social nel quale c’è anche il suo profilo sorridente e quello del suo aggressore.

Mentre si attendono le decisioni della procura di Nuoro che sta raccogliendo tutti gli elementi necessari per emettere un provvedimento e per capire anche le responsabilità degli altri presenti durante l’aggressione, scatta la solidarietà politica di amministratori locali e ministri. Voci flebili in un preoccupante silenzio delle coscienze che rischia di trasformare parte di una generazione in replicanti senza sentimenti e di lasciare a terra i più soli ed indifesi. E cresce la paura, la preoccupazione, l’angoscia. Verrebbe voglia di dire a Luca, disabile di 37 anni di Olbia che non è solo,che tornerà in discoteca e sarà veramente per ballare e ridere, ma vorremmo avere la forza di crederci. Intanto, come sempre in questi casi, si confida nella giustizia e si spera che qualcuno che ha visto e non è intervenuto, almeno testimoni in un piccolo gesto di rispetto verso il residuo della propria umanità.

La crudeltà non è solo in quei calci, in quei pugni sferrati con forza, ma nell’aver illuso quell’uomo, abituato alla solitudine, che fosse tra amici felici di stare insieme e, ancora di più, negli sguardi e nelle parole di tutti coloro che hanno assistito alla violenza senza difenderlo.

Il fratello ha dichiarato a La Stampa :” Noi in realtà non abbiamo capito perché lo abbiano massacrato e perché si siano divertiti a riprendere tutto . Forse erano convinti che Luca conoscesse qualcuno che li avrebbe fatti entrare gratis in un locale e quando si sono trovati le porte chiuse hanno reagito in questo modo. Spero che questo video ora serva a scuotere le coscienze. L’autore del pestaggio ha commesso un gesto gravissimo, ma chi ha visto tutto e non ha fatto nulla per aiutare mio fratello ha una colpa ancora più grave”.


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Per chiunque abbia un disabile mentale in famiglia il pestaggio di Luca non suscita nemmeno troppa meraviglia. Non ci serviva certo il video di quattro lazzaroni per scoprire quanto sia facile, per chi abbia fragilità nel comprendere, diventare uno dei bersagli preferiti della vigliaccheria machista. Esattamente come accade di frequente a donne sole o a persone omosessuali.

Purtroppo è difficile – se uno non li ha in casa – rendersi conto quanto il neurodiverso possa comunemente essere considerato al gradino più basso della scala che misura la dignità degli esseri umani. E sono demagogicamente svantaggiose le battaglie civili in difesa di svampiti, pazzerelli, anime semplici o qualunque altro eufemismo ipocrita possa essere usato per definire un problema psichiatrico.

Ci voleva proprio il clamore dell’indignazione da social evento perché le alte istituzioni fossero informate di quanto il nostro Paese sia ancora visceralmente portato a considerare ogni gradualità del deficit cognitivo e relazionale una macchia da cancellare dalla società dei savi. È quasi irritante vedere oggi il coro degli indignati che magari sarebbero pronti a lanciare crociate simili indifferentemente per la salvezza di agnelli pasquali o tacchini di Natale. Non serve grande fantasia a immaginare che fattacci del genere siano frequenti. Magari gli autori non hanno la sfrontatezza di metterli sempre in rete come fossero gesti epici. Vi assicuro che anche chi sin dalle elementari è considerato strano, secchione, fissato, taciturno o troppo loquace è sistematicamente vittima di sopraffazioni e violenze.

Sono atti che si diluiscono nell’ignoranza generale rispetto al disagio mentale e in una mai sopita paura che possa rappresentare un attentato alla sicurezza sociale. È proprio nei periodi di maggiore inquietudine diffusa che si cercano capri espiatori.

Il, segretario nazionale dell’Italia dei Valori Ignazio Messina, insieme ad alcuni senatori del suo gruppo, dopo aver visto il video ha annunciato un ddl ad hoc che preveda l’aumento a non meno di dodici anni di reclusione come pena minima nei confronti di coloro che usano violenza nei confronti di persone già di per sé svantaggiate e anche nei confronti di chi, sul web, non impedisce la pubblicazione di queste vergognose immagini. Ma invocare leggi specifiche e aumentare le pene non serve quando chi è violento verso il debole di mente appoggia la sua brutalità sulla convinzione di compiere, tutto sommato, un atto salutare per il benessere sociale. È come se l’accanirsi su chi pensa e ragiona in misura minore rispetto alla regola dei più possa essere corroborato da un silente intento eugenetico.

Nessuno si indigni… Serve maggiore cultura verso ogni diversità, non nuove norme. Le leggi che abbiamo già dovrebbero bastare per punire atti simili, che fanno parte di una diffusa e sottovalutata pratica di violenza sistematica e spesso tollerata verso le menti più fragili. Inizia con il primo bullo che si incrocia sui banchi di scuola, termina con l’operatore sanitario che ti prende a calci e sputi quando non si è più umani, ma ospiti di un centro per deposito di disabili psichici.

GIANLUCA NICOLETTI 


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