A Palermo il Dopo di noi dei teppautistici perde al sorteggio
L’Italia è uscita dagli Europei ai rigori, il Dopo di noi delle famiglie con autismo perde la gara al sorteggio. Accade a Palermo, dove oggi è avvenuta la più grande e imponente consegna di beni confiscati alla mafia nella storia. Il sindaco Orlando ne ha consegnati 31, tra appartamenti, magazzini, uffici, ad altrettanti enti non profit. E altri beni ancora restano da assegnare.
Con i festeggiamenti ancora in corso, però, non mancano le proteste. Ne riprendiamo una, che ci interessa particolarmente: è quella del centro Corradini: un centro diurno e residenziale che ospita una ventina di disabili, quasi tutti #teppautistici, alle prese con quel complicato “durante” e “dopo” di noi. Un centro “inventato” e fatto crescere dalle famiglie, che finora hanno pagato tutto di tasca loro. E che speravano, adesso, di vedersi assegnata quella villetta ideale per i loro figli, ben migliore dell’appartamento che oggi, pur pagando 4 mila euro di affitto, possono permettersi.
La risposta del sindaco Orlando è già arrivata, il bando è quello, il regolamento non cambia, le assegnazioni non si toccano. Ma ci sono altri immobili da assegnare, che potrebbero fare al caso delle famiglie del Corradini. Come andrà a finire, è tutto da vedere….
Lasciamo la parola a Carlo Camarda, fratello del 32enne #teppautistico Claudio, che ha inviato una lettera a Mattarella, in cui racconta la storia, le peripezie, le fatiche e le speranze della sua e di altre famiglie. E la delusione di oggi.
Mi chiamo Carlo Camarda, ho 29 anni e ho un fratello di nome Claudio che di anni ne ha 32. Mio fratello, come si direbbe a Palermo, è esattamente un “nuddu miscatu cu nenti”, nel vero temine della frase. Lui è autistico e, per questa sua “grave colpa”, per lo Stato Italiano non esiste. Infatti, per chi non lo sapesse, un autistico, superati i 18 anni, per lo Stato Italiano si trasforma magicamente in un semplice psicotico, o come l’avremmo chiamato 40 anni fa, senza dizioni politically correct, un pazzo. Questo vuol dire che tutti quei gradi di assistenza, terapie e accompagnamento che vengono riconosciuti fino ai 18 anni (in primis la scuola col fantastico strumento dell’insegnante di sostegno), scompaiono. Ergo, come individuo e come famiglia si viene abbandonati dal proprio Stato. Si viene espulsi, come un corpo morto e improduttivo. L’unica cosa che ti rimane è l’elemosina (pensione d’invalidità) di 800 euro, con i quali lo Stato si lava la coscienza, che dovrebbe servire a sostenere una persona completamente non autosufficiente. Così nel 2001, al compimento di 18 anni d’età di mio fratello, finita l’assistenza scolastica, mio padre, non trovando una struttura che potesse garantire a mio fratello un’attività di sviluppo dell’autonomia e socializzazione diurna, costante e qualificata, si trova quasi obbligato a fare da sé con un’associazione di genitori di disabili. All’inizio grazie all’appoggio dell’ordine dei frati Cappuccini siamo riusciti ad avere dei locali gratuitamente, ma questa situazione è durata poco, così dopo qualche anno subimmo il primo di una lunga serie di sfratti e peregrinazioni a causa di una riallocazione degli spazi (in questo caso avrebbero creato un pensionato per studenti). In sostanza, trovavamo una sistemazione di fortuna pagando regolarmente un affitto, ma ogni paio di anni eravamo costretti a fare le valigie alla ricerca di un’altra sistemazione. Tutto questo fino a 7 anni fa, quando dopo l’ennesimo sfratto ci siamo ritrovati, scusate il francesismo, “col culo a terra”. Mi ricordo ancora di quell’estate in cui mio padre e in parte io, girammo per tutta Palermo alla ricerca di qualche struttura religiosa che ci ospitasse. Pensammo di chiedere a tutti gli ordini religiosi che erano in possesso di spazi inutilizzati, ma alla faccia della carità cattolica, la risposta che avemmo dalla maggior parte di loro (e ne girammo almeno una ventina) fu: “ci dispiace ma questi locali li stiamo adibendo a casa di cura, ospizio per anziani, studentato, etc.” Insomma nessuno voleva una ventina di disabili che erano comunque disposti a contribuire con delle spese di affitto. Non volevamo regalato niente. Alla fine di quell’estate con le spalle al muro, decidemmo quindi di cercare degli appartamenti da prendere in affitto, consci del costo che ne sarebbe scaturito. Non avevamo altra scelta. Mio padre trovò quindi dei locali a Villagrazia di Palermo, alla modica cifra di 5000 euro al mese, che negli ultimi due anni, per gentile concessione dei proprietari sono diventati 4000 euro. Voi calcolate che fino a quel momento non ci eravamo mai trovati a pagare più di 1500 euro di affitto per i locali di fortuna che eravamo riusciti a trovare. E calcolate pure che con i contributi volontari delle famiglie, riusciamo a tirare su all’incirca 12mila euro al mese, con i quali dobbiamo coprire le spese dei locali, le utenze, l’affitto del pullmino necessario per i ragazzi che non hanno accompagnatori per raggiungere il centro, gli operatori qualificati e il vitto dei ragazzi. Non vi faccio i conti al centesimo per non fare venire anche a voi gli attacchi di panico, ma potete immaginare che arrivare a fine mese senza aggiungere qualcosa di tasca propria non è facile. Da 7 anni ci ritroviamo a dover stringere la cinghia e basta, a dover tagliare attività e servizi. Negli ultimi 3 ci siamo ridotti a offrire ai ragazzi del Centro l’assistenza minima, grazie anche all’estrema disponibilità degli operatori. Tutto questo fino al novembre del 2015, quando veniamo a conoscenza del bando di concessione di beni sottratti alla mafia pubblicato dal Comune di Palermo. Finalmente abbiamo la possibilità di trovare un modo duraturo di abbattere il costo d’affitto. Controlliamo di avere tutti i requisiti e ci lanciamo, con la nostra ignoranza in materia, nella stesura di questo bando per due di questi beni (il massimo richiedibile). Il 12 luglio escono le graduatorie e scopriamo di essere arrivati primi col punteggio di 100/100 per entrambi i beni richiesti. In uno di questi eravamo primi ex-aequo con altre 8 associazioni, nell’altro, quello al quale avevamo dato priorità, eravamo ex-aequo soltanto con un’altra associazione. Secondo regolamento, in questo caso, si va a sorteggio pubblico, che sarà il 19 luglio (data a dir poco simbolica). Ci rechiamo in assessorato per assistere al sorteggio che avviene secondo tutti i criteri esposti nel regolamento. Ma nella vita fondamentalmente ci vuole fortuna. E noi come sempre ne siamo sforniti. Ergo rimaniamo a mani vuote. Il sorteggio premia altre due associazioni, la Guardia Costiera Ausiliaria Regione Sicilia e Unione Sociale UPS. Il sorteggio, sì, perché secondo regolamento la scelta della politica sul sociale viene demandata a un sorteggio in caso di parità, alla faccia di Pio La Torre e ai suoi principi. Questa è la bilancia con il quale viene pesato il grado di priorità e necessità dei cittadini, come se fossimo ad un’asta di beneficienza. Rimane l’amaro in bocca che non sia stato studiato nel regolamento iniziale una metodologia che desse priorità a chi fornisce una serie di servizi essenziali che in uno stato civile dovrebbero essere garantiti dalla cosa pubblica e che nella realtà dei fatti non lo sono. Rimane l’amaro in bocca per l’atteggiamento e l’insensibilità dell’Assessore Abbonato che durante l’incontro di oggi si è trincerato dietro lo schema “questo è il regolamento e nessuno oltre a voi si è lamentato”. Ma a me non interessa di essere l’unico. A me interessa di essere uno, un cittadino che si sente tradito dalla propria comunità che non dimostra buon senso e solidarietà. Questo sarà pure il regolamento, ma permettetemi di dire che è un regolamento ingiusto, perché il sociale non si gioca a sorteggio. Infine, rimane l’amaro in bocca perché di fronte a questa situazione non c’è stato neanche il cenno di una rinuncia da parte di chi non ha urgente necessità, perché, non prendiamoci in giro, la necessità di un gruppo di ragazzi autistici non è la stessa di chi fa servizi altra natura. E tutta questa non è rabbia come l’avete chiamata voi; è amore verso un impegno che dura da 15 anni. Quello che rimane sicuro è che da domani l’Associazione P.M. Corradini continuerà a dover erogare dei servizi di prima necessità per i propri figli disabili senza supporto alcuno da parte né dello Stato né da parte della Chiesa (comunità della quale ha sposato i valori a partire dalla sua denominazione che si rifà a Pier Marcellino Corradini, beatificato proprio qui a Palermo nel 1999) e che svanisce ancora una volta il sogno di realizzare una struttura che potesse assicurare alle famiglie quell’utopico “Dopo di noi”. Così, mi ritrovo a sostenere per la prima volta in 30 anni che non voglio più far parte di queste due comunità, né quella dello Stato Italiano, né quella della Chiesa Cattolica, perché hanno abbandonato ripetutamente mio fratello, la mia famiglia e tutte le altre famiglie che vivono il disagio dell’autismo. Caro Presidente Mattarella, caro Sindaco Orlando e caro Vescovo Lorefice chiedo quindi di potervi incontrare per restituire la mia carta d’identità e il mio certificato di battesimo, perché dopo aver provato a cambiare le cose da dentro non me la sento più di prendere parte né della comunità italiana né di quella cattolica. Carlo Camarda |