I 1400 di S.Patrignano applaudono la storia di Gabriella&Benedetta
La vita di tutti noi non può prescindere dalla conoscenza dell’altro, delle difficoltà vissute quotidianamente, dei sogni, dei desideri, delle emozioni. Questa frase è stata il leit-motiv dell’evento che ha visto il monologo “Storia di un’attinia e di un paguro bernardo” in scena all’Auditorium della Comunità di San Patrignano. L’avevo scritta nella mail di accompagnamento alla scheda tecnica dello spettacolo perché ci credo fortemente.
La mia vita, quella di Benedetta e dei ragazzi residenti ha degli aspetti in comune: la solitudine, la disperazione, la fatica. E poi Benedetta, nonostante tutte le problematiche mediche, trasmette un messaggio di speranza. È possibile andare oltre i limiti imposti dalla malattia e sorridere felici, perché la vita è bella e merita di essere vissuta, attimo per attimo, da tutti.
Non avrei mai immaginato di recitare davanti a tutti i ragazzi (ben 1400) in un luogo che è più noto come Pala Sanpa. Lo spettacolo, ormai alla 28esima replica, ha avuto gli applausi e le risate spontanee dei ragazzi e per la prima volta, dopo uno dei filmati con Benedetta come protagonista, c’è stato un lunghissimo applauso che mi ha commossa. Era il giusto tributo a quello che Benedetta rappresenta, al suo riscatto da una malattia che cerca in tutti i modi di distruggerla. I ragazzi di San Patrignano sono stati gli unici ad averlo capito perché i loro occhi vedono con chiarezza, senza il velo del pregiudizio.
Non mi sono resa conto di quanti fossero ad assistere allo spettacolo finché non si sono accese le luci in sala. Il mio sguardo vagava, pieno di stupore, dalle gradinate laterali al fondo. Non mi sembrava possibile così tanta gente, un mare di persone che si sono alzate tutte assieme battendo mani e piedi come si fa ai concerti delle rock star. Io avevo raccontato la mia vita di donna e di madre senza mentire: è essere veri nella relazione che funziona, che arriva al cuore di tutte le persone, al di là dei limiti psichici.
Alla standing ovation sono seguiti gli abbracci dei ragazzi che hanno avuto il coraggio di affrontare le proprie emozioni e chi non riusciva a farlo per pudore, mi cercava con gli occhi pieni di lacrime o mi mandava baci con la mano. Ero stata il transfert, avevo incarnato la loro madre. Me l’ha poi confessato uno dei ragazzi che mi ha voluto accompagnare nella loro mensa per cena. Aveva capito quanto dolore aveva causato in lei perché la droga è anch’essa una disabilità.
Anche durante la cena è stato un via vai di ragazzi per stringermi la mano, per dirmi cosa avevano provato e al momento di andare via l’inevitabile tristezza è stata spazzata via dalla mia promessa di tornare. Sono passati tre giorni e in tutta San Patrignano, ma anche qui a Papiano, si respira un’aria nuova.