Giusy da Alcamo: per mio fratello autistico, non voglio una galera!
Giusy ha un fratello #teppautistico di 35 anni. Le parole e le foto che ci manda provano a raccontarci cosa questo significhi. “Vogliamo rendere pubblica la nostra storia, aiutateci”. Ed eccola qui accontentata. Claudio è un autistico di “vecchia generazione” quelli cioè per cui nessuno pensava fosse possibile fare nulla, se non assisterlo al meglio in famiglia. Di ragazzi sui 40 anni seppelliti in casa ne abbiamo visti tanti negli ultimi mesi. Molti di loro ancora hanno la fortuna di avere madri di ferro che si occupano del loro benessere h24, ma nulla di più.
Per la sanità pubblica il problema è risolto, almeno finchè quei genitori saranno in vita, poi le porte degli istituti (leggi discariche per raccolta indifferenziata di umani neurodiversi) saranno aperte, ospitarli sarà un vero affare per chi gestisce.
Questi ragazzoni non hanno mai saputo cosa possa essere la conquista delle minime autonomie, nessuno ha mai dato loro, e alle famiglie, gli strumenti per avere una vita al di fuori delle mura domestiche. La maggior parte di loro non ha mai dormito una notte fuori casa, non ha mai passato qualche giorno lontano dai genitori, nessuno ha lavorato su di loro in maniera sistematica e competente. Sono i frutti del pressapochismo istituzionale, dell’ ignoranza di molti clinici che non hanno mai voluto aggiornarsi su cosa sia realmente l’ autismo, su quali siano le possibili terapie abilitative più efficaci alla luce delle evidenze scientifiche. Del vuoto pneumatico dei servizi sociali che lo avranno pur avuto in carico per un periodo della sua vita precedente, prima della “guarigione” dall’ autismo che fatalmente giunge con il diciottesimo compleanno.
Questi ragazzi hanno davanti a loro una fetta enorme di vita da vivere, ma nessuna speranza di viverla in maniera inclusiva e dignitosa, solo perchè hanno avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato e nel periodo sbagliato.
Oggi un bambino con gli stessi problemi di Claudio, se trattato adeguatamente, alla sua età potrebbe relazionarsi, svolgere un’ attività, essere autonomo nelle operazioni di quotidiano accudimento della persona.
Invece ora è considerato un fardello, non recuparabile a una possibile vita sociale, un “fantasma” da “mettere da qualche parte”. Pubblichiamo il grido della sorella, non sappiamo cosa possa esserci dalle sue parti di adeguato alla maggior felicità possibile di questo ragazzo. Speriamo solamente che qualcuno ci legga e possa, per quanto possibile, fornire idee e strumenti concreti per salvare Claudio dalla definitiva cancellazione dal numero degli umani con diritto a una vita dignitosa. (gn)
