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Povertà e teppautistici: il sostegno per l'inclusione non è per loro

sia Il sostegno per l’inclusione attiva “sosterrà” i #teppautistici e le loro famiglie? Sì, no, forse. La situazione ricorda, vagamente, quella dei Lea: l’autismo c’è dentro, oppure no? In questo caso, non si tratta di “livelli di assistenza”, cioè di servizi; si tratta di soldi, di contributo economico per le famiglie in difficoltà, che abbiano al loro interno un minore o un disabile. #teppautistici inclusi, è evidente. La nuova misura economica è realtà già da qualche giorno: dall’inizio di settembre è possibile fare domanda e qui trovate tutti i dettagli e le indicazioni.

Isee inferiore a 3 mila euro

In sintesi, l’obiettivo è sostenere finanziariamente chi se la passa male: ma male davvero, visto che il primo requisito per accedere al contributo è avere un Isee inferiore a 3 mila euro. Che vuol dire o vivere sotto un ponte, oppure “tenere nascosti” i soldi. In poche parole, lavorare in nero. In una parola, evadere.

soldi

Indennità inferiori a 600 euro

Ma ammettiamo pure che ci sia, tra le famiglie di #teppautistici, qualcuno con un reddito tanto basso da superare questo primo  scoglio. Eccone subito un secondo: per accedere al Sia (così si chiama, in sigla, il sostegno per l’inclusione attiva) , non bisogna usufruire di indennità superiori ai 600 euro mensili. E bastano indennità di accompagnamento e pensione d’invalidità per “sforare” ed essere quindi automaticamente esclusi da questa misura di sostegno.

Maggiorenni no

E’ dentro, invece, il minore che abbia il solo accompagnamento, purché però il sussidio sia richiesto da un genitore convivente. niente da fare, quindi, per #teppautistici adulti e maggiorenni, che come sempre vengono tenuti fuori da qualsiasi possibile sostegno e beneficio. Ma loro, tanto non esistono: visto che, quando compiono 18 anni, miracolosamente guariscono.

Chi non cerca un lavoro è fuori

Per finire, c’è un altro requisito ancora, che rende ancor più complicato l’accesso a questo beneficio da parte delle famiglie che hanno un figlio disabile o #teppautistico. Il sussidio infatti immediatamente decade, qualora non si dimostri di attivarsi concretamente nella ricerca di un lavoro. Niente da fare, quindi, per quei – tanti – genitori e mamme, soprattutto), che per prendersi cura del figlio e dei suoi tanti bisogni, hanno dovuto, spesso a malincuore, lasciare il lavoro.

Insomma, dovendo tirare le somme, vien da dire che questo SIA rappresenti l’ennesima occasione persa: sembra un aiuto, ma non lo è. Sembra pensato per le famiglie con disabili, ma ne esclude una buona parte. Dovrebbe sostenere chi ha bisogno, ma rischia di beneficiare solo chi è talmente furbo da riuscire ad avere un Isee talmente basso da non essere credibile. Confonde, poi, le indennità col reddito: questione, quest’ultima, che doveva essere stata definitivamente risolta e liquidata con la sentenza del Consiglio di Stato sul nuovo Isee. Anche lì, allora, il legislatore aveva provato a conteggiare pensioni e accompagnamento come “entrata”. Ma il tribunale aveva detto, non si fa, non si può: l’indennità non è reddito e non può servire per misurare la ricchezza o la povertà di una persona o di una famiglia.

Ora, a quanto pare, ci risiamo: il governo, fissando i paletti per l’accesso al nuovo Sia, cade nello stesso errore. L'”inclusione attiva”, insomma, non è per tutti…

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