Cosa fare

Se il centro Serapide chiude, dove andranno gli autistici di Pozzuoli?

serapideIl Centro Serapide di Pozzuoli rischia la chiusura: 60 famiglie di ragazzi autistici tra gli 11 e i 26 anni e 25 dipendenti (educatori, terapisti e assistenti al recupero psicosociale) lottano perchè non avvenga. Ad agosto il nuovo direttore sanitario della ASL Napoli 2 Nord, Antonio D’Amore non ha firmato il rinnovo del contratto per far proseguire le attività, motivando il rifiuto con la necessità di trasparenza per rivalutare le condizioni reali degli assistiti e i costi. Al giusto bisogno di verifiche non può corrispondere però il blocco di un centro, l’unico di una zona molto vasta, che in 3 anni ha seguito con terapie individuali circa 60 autistici adolescenti e adulti, coinvolgendoli in attività e progetti di inserimento nel mondo del lavoro. La richiesta ora è di un incontro con il Presidente della Regione Campania per essere ascoltati e per trovare insieme una soluzione.

piscina-serapideDa 3 anni nel Centro Serapide di Via Campana, a Pozzuoli, ogni giorno, circa 60 autistici, tra gli 11 e i 26 anni, arrivano per svolgere terapie specifiche sulla comunicazione, in un rapporto di 1 a 1 con gli operatori. Alcuni stanno qui in regime di semiconvitto. Sono autistici adulti, quei fantasmi per cui le strutture dedicate sono molto poche. Imparano tecniche di ortocultura e di cucina; partecipano a stage formativi per pizzaioli; effettuano volontariato presso associazioni; sono inseriti in laboratori di comunicazione multimediale; fanno basket e piscina; seguono trattamenti e progetti di educazione all’affettività. Potrebbe essere un modello soprattutto per il sud che sembra sempre privo di riferimenti validi, invece rischia di chiudere. Ad agosto il nuovo direttore sanitario della ASL a cui fa riferimento non ha firmato la convenzione che avrebbe permesso agli operatori di continuare il progetto di durata triennale. Nessuno si è fermato finora, ma le famiglie hanno paura: a breve dovranno cercare una nuova struttura che nella zona non c’è, o mettersi nelle liste di attesa di quelle poche esistenti lontane da Pozzuoli. Il nuovo direttore ne fa una questione legittima di conti e servizi da rivedere, ma nell’attesa gli unici a rimetterci potrebbero essere coloro che hanno messo l’anima in questo progetto.

maria-e-marco“Noi ci mettiamo già più del tempo normale per far compiere azioni ai nostri figli che potrebbero sembrare rapide e naturali come allacciarsi le scarpe – commenta Maria De Falco, mamma di Marco, 12 anni che frequenta il centro 6 ore a settimana – per noi perdere tempo è una perdita doppia che non ci possiamo permettere. Al centro Serapide molti di noi hanno raggiunto traguardi impensabili e ora invece, se dovessimo rimanerne senza, nell’attesa, cosa possiamo fare? Quanto tempo ancora perderemo?” I genitori, sin dalle prime avvisaglie, si sono mossi con manifestazioni e richieste di chiarimenti sia al direttore D’Amore, sia al presidente della Regione De Luca. “Il nostro sindaco lo ha incontrato all’inaugurazione di un nuovo reparto dell’ospedale di Pozzuoli ed ha illustrato la nostra situazione. Il Presidente ha detto che avrebbe invitato il direttore a firmare per far proseguire il servizio”

asl-2-napoliLa necessità di rivedere una convenzione siglata prima del suo incarico è stata accettata, sia dagli operatori, sia dalle famiglie che si sono prestate a far esaminare nuovamente i propri figli. “A Marco hanno fatto l’UVI che ha confermato il suo stato e le sue esigenze. Ci hanno già suggerito le alternative per la terapie in altre cooperative con altri educatori, ma non è tutto così semplice. Qui è stato fatto un lavoro prezioso dai neuropsichiatri ai terapeuti, 1 a 1, non è accettabile dover ricominciare da capo. A Quarto c’è un centro per l’autismo della ASL che non funziona, c’è solo un terapista e due ragazzi perchè non ci sono fondi. Quali certezze abbiamo”

La richiesta di famiglie e operatori, a questo punto, è la convocazione in emergenza di un tavolo di ascolto in Regione Campania nel quale il presidente De Luca dovrà rispondere a 60 famiglie di ragazzi autistici.

Intanto a via Campana si continua a lavorare.

Questa la lettera che Teresa Petrarca, giovane neuropsichiatra, già direttore tecnico del centro e referente medico per la ASL , ha scritto al nuovo direttore sanitario, inoltrata a noi da un’educatrice del centro.

“Le scrivo per dirle che non riesco a comprendere come mai lei non abbia anche ascoltato noi operatori del centro, gli psicologi, gli educatori e le famiglie persino che da tre anni, quasi 60 famiglie di ragazzi e giovani autistici, ci seguono e ci incoraggiano nelle nostre scelte di presa in carico, nuove, d’avanguardia e uniche attualmente sul territorio della nostra azienda. Abbiamo dal 2013, anno della delibera, creato, scritto, ideato ex-novo un progetto che seguisse un modello di riabilitazione nuova, su base psicosociale come farm comunity, abbiamo previsto anche un’attivazione di centri diurni per ragazzi che avessero superato i 21 anni e la disponibilità a creare una residenza per giovani, autistici che non andassero nelle rsa della psichiatria, ma che continuassero un modello di presa in carico a parte e specifica per la loro disabilità. Abbiamo fatto prove su prove, osservazioni di comportamento dei ragazzi in gruppo, all’esterno, in centri commerciali, abbiamo creato per quelli ad alto funzionamento degli stage di formazione lavoro, tutto registrato con foto e video, alcuni sanno fare la pizza, li abbiamo portatoi ai tornei di bowling, centri sportivi dove fanno basket insieme agli altri. Abbiamo pensato di modificare ex-novo il concetto di trattamento residenziale creando gruppi di lavoro e trattamento per età, per funzionamento cognitivo, per livello di adattabilità sociale. abbiamo attivato per alcuni ragazzi modelli di presa in carico di tipo psicoterpia di gruppo dove gli obiettivi fossero la educazione alla affettività e al comportamento disadattivo. abbiamo creato a parte una unità specifica di valutazione ad alta qualifica per le diagnosi di autismo anche dei più piccoli. Credevo che stessimo facendo qualcosa di buono, da portare anche fuori come modello e come attività che finalmente vedesse in questi ragazzi il sorriso, nei genitori la felicità di guardarli con gli altri e non chiusi a casa, in trattamenti domiciliari o di compagnia perché handicappati ( mi riferisco a quello che si vorrebbe fare con questi ragazzi dopo i 18 anni -ptri). L’impegno la passione che ho visto in questi operatori, in questi educatori, creare in una piccola masseria un progetto di ortocultura, semina , raccolto e cucinare dei prodotti, coinvolgimento attivo dei genitori che spesso sono venuti con noi alle gite anche solo a fare una passeggiata sul corso di Pozzuoli. Ed ora? Ci viene detto che non è legale? Che vanno rivalutati? Ma stiamo scherzando? Radere al suolo l’entusiasmo, nuovi progressi e novità in campo di trattamento e presa in carico dei giovani autistici. Allora, se c’è qualche cosa da sistemare legalmente, tipo fare le uvi a tutti i ragazzi dopo i 18 anni e modificare le prescrizioni da semiresidenziali in to, sono anche io d’accordo, ma da qui a spegnere tutto, come se in tre anni non avessimo fatto nulla di buono addirittura, reinviare al primo livello una valutazione per autismo, non hanno i test e i materiali per farlo, perché si è caduti così nelle contraddizioni più assurde? Il nostro direttore Tommaso Russo mi ha detto che le ha dato tutto il nostro materiale, tutti i progetti attivati, se non crede in quello che dico io, lo chieda alle famiglie, ai genitori. Io non penso che 60 famiglie, e lei sa bene la psicologia di questi tipi di genitori che sono sempre a protestare e a incazzarsi col mondo, ci lascino smantellare tutto.”

 

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