La cintura di Abraço, il piccolo capoerista autistico
Le famiglie degli autistici le provano davvero tutte, tanto è il bisogno e tanto il desiderio di vedere i propri figli appassionarsi, o almeno interessarsi a qualcosa. Dal cavallo alla fotografia, dalla musica al nuoto, tante sono le attività che, nonostante la fatica, riescono a coinvolgere attivamente i complicati #teppautistici. Ora alla lista si aggiunge decisamente una disciplina che arriva da lontano, dal Brasile e dalla sua storia di schiavitù e dominazione. Una disciplina che è un po’ arte marziale, un po’ danza, un po’ teatro: la capoeira.
La capoeira per i #teppautistici?
La capoeira è un po’ come un autismo lieve: il contatto non avviene mai veramente, ci si sfiora senza toccarsi. Ma al tempo stesso è relazione continua, attacco e difesa, provocazione e risposta. Intorno c’è la roda, con la musica, le mani che battono e gli occhi che guardano, a complicare un po’ le cose a chi non tollera bene gli sguardi e il rumore. Eppure Abraço ce l’ha fatta: ha conquistato la sua prima corda. Troviamo la notizia su un piccolo notiziario locale, Filo diretto Monreale. La scrive Giuliana Barone, insegnante, che ha seguito il progetto insieme alla sua collega, Maria Rosa Buono. Un vero team di insegnanti di sostegno, insomma, che provano a realizzare l’inclusione anche attraverso i percorsi più insoliti.
Non sappiamo quale sia il nome vero del bambino, da qualche giorno è semplicemente “Abraço”, come lo ha “battezzato” il suo “mestre”. E’ un giovanissimo autistico di Palermo, allievo della scuola di capoeira Zumbì, che fa capo al mestre Zoi, brasiliano doc trapiantato in Sicilia. Gli allenamenti, gli esercizi, l’attesa del proprio turno sono certamente una fatica, ma anche un addestramento prezioso a cui la capoeira sottopone l’allievo con autismo. Le regole, il gruppo, la disciplina, il rituale, la musica non sono facilmente digeribili da chi ha questo disturbo. Però il ritmo è cadenzato, il “berimbau” batte un ritmo riconoscibile e familiare. E così, due giorni fa, anche il futuro “Abraço” è entrato nella roda, dopo sei ore di esercizi e allenamento. Ha accettato l’invito del maestro, al centro del cerchio, ha seguito il richiamo della musica, ha ascoltato e rispettato il ritmo, ha lasciato che, come da tradizione, il maestro lo facesse cadere a terra. E alla fine, sotto lo sguardo emozionato della mamma che lo ha filmato, ha ricevuto la sua corda e il suo “apelido”: Abraço. Un nome strano per un #teppautistico, quasi un paradosso. Una conquista importante, che potrebbe far venir voglia a qualcun altro di provarci, a entrare nella roda. A Palermo, con il mestre Zoi, o in uno dei tanti centri di capoeira che sono ormai in tutta Italia.
Ecco qui l’articolo, vale la pena di leggerlo, anche solo per il fatto che è scritto da un’insegnante. E c’è anche il video: vale la pena di vederlo, per capire di cosa stiamo parlando.
Capoeira e autismo: il fantastico mondo di Abraço (foto e video)
Un bambino autistico vince la sua prima cintura in un’arte marziale, la capoeira, che considera ogni essere umano unico e speciale, così com’è
Monreale, 20 dicembre 2016 – Quando ipotizzammo, con la collega Maria Rosa Buono, un percorso di Capoeira per Abraço (perché questo è il suo nome da Capoerista), non immaginavamo certo la tappa dello stage che si è tenuto ieri a Palermo, condotto daMestre Zoi e dall’Academìa de Capoeira Zumbì di Palermo.
Avevo già avuto modo, da più di un decennio, di verificare quanto questa disciplina fosse funzionale a bambini cosiddetti “difficili”, svantaggiati, con difficoltà relazionali e non solo; quanto e in che misura possa recuperare, attraverso la complessità del gioco, nascosta sotto l’aspetto ludico, bambini e adulti, giovani e meno giovani. Recuperare alle regole, recuperare alla relazione, recuperare all’autostima e, soprattutto, alla fiducia nel mondo, e a sapersi muovere nel mondo, in quel microcosmo che è la “roda”, un cerchio formato dai giocatori che, appunto, simbolizza il mondo.
Nel bene e nel male, nella difesa e nell’attacco ma sempre e comunque senza volere intenzionalmente fare male. Un’arte marziale ben strana, se paragonata con quelle più aggressive e competitive che conosciamo. Che insegna a guardare sempre negli occhi chi gioca con te, ad anticiparne le mosse, ad intuirne le intenzioni osservando sempre la regola primaria del rispetto e dell’empatia con l’altro.
E il mondo intorno, la “roda”, osserva. Osserva non con cattiveria, non per valutare, non per giudicare, non per tifare, non per schierarsi con il più “forte” o il più “bravo”. Osserva e partecipa, scandendo con il battito delle mani i canti e il suono dei birimbao, per incoraggiare, per trasmettere energia e coraggio ai giocatori. Perché ogni essere umano è unico e speciale, così com’è. Un mondo dove i grandi giocano con i piccoli, i giovani con i meno giovani, i più esperti con i principianti, adeguando di volta in volta i propri ritmi e le proprie capacità a colui che hanno di fronte. Anche se non lo conosci.
Ma non era quello che poteva essere utile per Abraço? Un bambino autistico, con le sue ovvie difficoltà di relazione, con la tendenza tipica a perdersi dietro pensieri, o azioni stereotipate, con la difficoltà, proprio per questo, di comprendere “a naso” chi ha di fronte, con la difficoltà di seguire regole severe e rigorose o a lasciar perdere qualcosa quando ritenuta difficile o addirittura impossibile. “Non ce la faccio”. Cominciò così…
E invece puoi, abbiamo risposto. Non voglio più sentirtelo dire, fece eco Marco, l’istruttore.
Domenica 18 dicembre, dopo innumerevoli, faticosi ma divertenti esercizi, con Maestri a lui sconosciuti, con bambini mai visti prima, lontano nel perimetro della palestra dai genitori e da me che osservavo, Abraço, dopo sei ore, ha avuto il suo battesimo, “batizado” di Capoeira. Ha osservato, ha guardato negli occhi, si è difeso, ha riso, ha cantato, ha eseguito perfettamente gli esercizi. Ha avuto la sua prima cintura e il suo nome, conquistati, non regalati, con la fatica e l’impegno suo e nostro. E con tutto l’amore del “mondo”, concentrato in una roda, in quel nome: Abraço. Abbraccio.