La mamma di Simone: Per i nostri figli autistici gravi non c'è futuro
Pubblichiamo qui la risposta di Graziella Lanzetta, la madre che ieri ci ha scritto dei problemi con suo figlio Simone (Ecco come mi ha ridotto una crisi di mio figlio autistico) e che ci ha procurato le reprimende del signor Alberto Fagni che dal suo gruppo Facebook Ricerca e terapia nello Spettro Autistico (e delle sue politiche) così scriveva a proposito:
“Mi spiegate il senso di articoli come l’ultimo di nicoletti ? Nemmeno dovrei fargli pubblicità, ma credo che si debba far notare che il solito taglio vittimistico non credo serva a niente , anzi forse può essere dannoso.
Capisco che esistano tante situazioni simili , forse non è nemmeno sbagliato denunciarle . Ma bisognerebbe anche far capire che con dei buoni interventi educativi di base comportamentale , molti , forse non tutti, però molti di questi episodi si potrebbero evitare.
Che senso ha far credere che gli autistici adulti siano pazzi furiosi e pericolosi per tutti ? Vogliamo aumentare lo stigma verso di loro? Vogliamo che gli altri ne abbiamo paura ? Che li evitino ?
Dopo articoli come questo non davvero si sorprende che i ragazzi autistici non vengano portati in gita o integrati in molte attività sociali ?
A cosa serve dare in pasto all’opinione pubblica un articolo con questo taglio ? Cosa si chiede ? Compassione , visibilità una pacca sulle spalle ? E poi tutti a casa propria.
Davvero vogliamo far credere che non si possa lavorare su certi comportamenti?
Massima comprensione verso la mamma in questione. Però ogni comportamento anche di un ragazzo autistico ha una funzione . Nel caso potrebbe non aver retto per il fatto di dover attendere il verde . Ci sono strategie che possono aiutare . Bisognerebbe spingere perché le istituzioni intervenissero in tal senso . Dobbiamo far capire che sono educabili e non viceversa. Altrimenti piangiamo e facciamoli passare per dei mostri, ma poi non lamentiamoci se i nostri figli verranno esclusi dalla società.”
Ricordiamo al signor Fagni, che abbastanza spesso solleva critiche sul nostro lavoro, che Graziella non vive nella foresta e non ha bisogno che sia lui a insegnarle cosa sia una crisi oppositiva. (E’ un medico? Non ci risulta…Conosce il caso di Simone…Non ci risulta. Viene a raccontare a Graziella del semaforo? Lei da anni scarrozza il figlio in macchina per calmarlo.) Vorremmo che Fagni sapesse Graziella è una donna informata e ha fatto sempre tutto il possibile per diffondere cultura e buon senso sull’autismo (legga articoli correlati sui soggiorni estivi e sulla sulla fila alle Poste). Lo ha fatto anche quando questo comportava di prendere pubblicamente posizioni scomode, anche in quel caso c’ha messo la faccia da sola, mentre le madri badesse dell’autismo associato erano preoccupate a cercare storielle edificanti per il 2 aprile Rai.
Graziella ha fatto e fa di tutto anche per suo figlio, che ora gestisce in totale latitanza istituzionale. Il sommo della beffa è che la rappresentante di un’importante associazione di genitori si è fatta viva oggi con lei, ma per dirle in sintesi quello che dice il signor Fagni, cioè che raccontare questi episodi potrebbe gettare discredito sui figli altrui e in generale sugli autistici…
Noi pensiamo che ognuno abbia diritto di raccontare la sua vita anche negli aspetti più drammatici, anche se risultassero sgradevoli ai palati più delicati o alle letture addolcite dell’autismo che è complesso e variegato, e comprende pure figli che strappano i capelli alle madri.
Rispondo qui al Signor Alberto Fagni che si chiede il senso della mia lettera a “Per noi autistici”
“Non comprendo fino in fondo la sua indignazione perchè ho voluto dare rilievo pubblico e condividere con altri la mia esperienza di mamma con figlio autistico. A me sembra che il suo astio sia soprattutto contro Gianluca Nicoletti che non è neanche l’autore dell’articolo ma forse lei lo ritiene l’occulto ispiratore. Non cerco pietismi o pacche sulla spalla. Non sono andata a raccontare la mia vicenda a Novella 2000 ma al sito Pernoiautistici che si occupa di autismo e che raccoglie storie, notizie, interventi, opinioni sull’argomento nel bene e nel male. Se le cose stanno così, allora, dovrebbe criticare anche quegli articoli che raccontano storie positive: a proposito uno di questi riguarda proprio un soggiorno estivo di Simone e di altri ragazzi presso una struttura in montagna messa a nostra disposizione dal Corpo Forestale. Una bellissima esperienza che ho fatto conoscere proprio attraverso la grande famiglia di pernoiautistici. Ritengo che è grazie a persone come Nicoletti che hanno avuto il coraggio di raccontare cos’è l’autismo al di là delle imprese eclatanti o della mitologia dei geni matematici, si è cominciato realmente a parlare di autismo nel nostro Paese. Tornando invece a me voglio tranquillizzarla sig. Fagni. Quello che è successo l’altro giorno è capitato spesso, ahimè. Simone è un ventenne con autismo molto grave, a basso funzionamento. Come lui ce ne stanno tanti altri e anche di loro bisogna parlare. E farli vedere non nasconderli dentro casa. Non ho passato questi anni a piangermi addosso. Mio figlio ha fatto sempre terapie cognitivo comportamentali, quelle che c’erano quando era piccolo, ad esempio il metodo Teacch. Questo lo dico perché abbiamo affrontato la situazione in maniera scientifica e mai affidandoci a ciarlatani anche se ne abbiamo incontrati tanti. Il ragazzo è stato educato non è un selvaggio. Il problema è anche l’ignoranza della gente che non conosce l’autismo. E non sa che esistono crisi comportamentali pure importanti. Infatti l’altro giorno, e in genere sempre quando scoppiano le crisi, nessuno si è fermato per aiutarci. Quando era piccolo Simone lo scambiavano per un bambino particolarmente capriccioso. Oggi è un uomo di vent’anni e le sue crisi sono violente. E fanno solo paura. Per questo lui è anche aiutato con una cura farmacologica. Ma tutto ciò non impedisce che scattino i comportamenti problema. Le sue sono più gravi di altre. Ovviamente quando dico che ho paura a stare con mio figlio non significa che ho paura di lui o della sua aggressività. Bisogna raccontare per denunciare semplicemente il fatto che noi genitori invecchiamo e a un certo punto non avendo più trenta-quarant’anni non ce la facciamo a gestire queste cose. Ma qui casca l’asino: siamo soli, non c’è nessuno che può aiutarci. Alcune persone che hanno letto l’articolo mi hanno consigliato: “perché non lo porti in qualche posto dove può essere curato e tranquillizzato?”. E io: “Se mi dici dove ci vado”. Non c’è un posto che si occupi realmente dei nostri figli quando non ci saremo più. Al massimo un luogo dove li tengono “buoni” sedandoli sempre di più. Questa è la mia vera paura. Che Simone finisca in un luogo simile. Finché avrò forza lotterò per evitarlo”. Graziella Lanzetta |
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