Pensare Ribelle

Dopo i 18 anni non nasconderò mio figlio, proviamo a costruire una casa per Teo e i suoi amici

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Una casa dove far stare al sicuro il proprio figlio autistico dopo i 18 anni, seguito da chi sappia conoscerne i bisogni, con più attività e meno sedativi. Questa l’idea di Milena Tacconi, mamma di Matteo, ragazzo autistico di 15 anni, che nella provincia di Pavia ha costituito l’associazione Amici di Teo per lanciare il suo progetto. Più che un sogno una necessità, visto che il figlio, autistico grave, vive da dieci anni, 5 giorni la settimana, in una struttura con educatori e terapeuti che lo hanno aiutato a crescere e controllare gli aspetti più violenti del suo carattere ed ora dovrà lasciarla per raggiunti limiti di età. Fino ai 18 ha già trovato un’altra soluzione in Piemonte, ma poi?

Unica soluzione proposta dalla Regione Lombardia, a cui si è rivolta, la domiciliarizzazione con dei voucher, oppure l’inserimento nella lista d’attesa per centri diurni. “Pochi possono capire quanto sia stato doloroso per me separarmi da mio figlio, ma aveva crisi continue, tirava i cassetti degli armadi, io non sapevo come seguirlo. Nel centro dove sta dal lunedì al venerdì ha fatto enormi progressi, quando torna a casa sembra ancora più perso e per calmarlo dobbiamo portarlo in giro in auto. Io non credo che questo possa essere il futuro di mio figlio. Vorrei saperlo in un luogo nel quale si prendono cura di lui in maniera adeguata: non rinchiuso e nemmeno riempito di psicofarmaci. Questo posto non c’è, allora ce lo dobbiamo inventare”

Milena fa la commercialista ed ha un altro figlio di 17 anni, ammette di non avere le competenze medico scientifiche, ma vorrebbe applicare il suo pragmatismo alla soluzione di uno stato che coinvolge tante famiglie, non solo nel suo territorio. “Non vorrei replicare l’esperienza di Cascina Rossago che è una realtà meravigliosa, ma troppo difficile da realizzare, mi basterebbe una casa con dieci posti letto, degli operatori competenti e una supervisione esperta per far stare Matteo a proprio agio: una struttura solo per autistici adulti che qui non c’è. Ci stiamo muovendo a piccoli passi, da associazione vorremmo diventare Fondazione per poter avere una veste più autorevole e poter raccogliere contributi e sponsor in maniera trasparente. Avevamo trovato uno spazio adatto, vicino al centro dove è ora Matteo che poteva anche garantire una continuità, ma ora ci sono problemi di gestione da superare. La difficoltà maggiore però rimane trovare un giusto rapporto con le istituzioni.”


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Milena è andata alcune volte in Regione con alti genitori per cercare soluzioni e sinergie, finora l’unica risposta è stata la domiciliarizzazione con al massimo la fornitura di voucher per poterla gestire. “Dal 2005 la Regione Lombardia non stipula contratti con le strutture. I centri vengono accreditati dalle ASL, ma poi non ricevono finanziamenti e quindi il problema è il mantenimento. La Regione deve contrattualizzare i posti per gli autistici nelle strutture, altrimenti tutto lo sforzo economico cadrà sulle spalle delle famiglie. Matteo frequenta un centro diurno che ha aperto da circa 5 anni, riceve dei fondi per le sperimentazioni, ma ogni anno la sorte è appesa ad un filo. Speriamo in una delibera di dicembre che ha messo qualcosa nell’ambito della residenzialità.

Non ci scoraggiamo anche perchè non abbiamo alternative, fino al 2019 non c’è posto in nessuno dei centri vicini che abbiamo contattato: dobbiamo rimboccarci le maniche da soli. Stiamo organizzando raccolte durante fiere e mercatini, concerti e spettacoli, anche per sensibilizzare sull’autismo. Speriamo di poter presentare presto il nostro progetto e trovare finalmente il luogo e il modo per realizzarlo. Siamo sicuri che a quel punto si aggregheranno famiglie anche da altre zone di Italia, che condividono le nostre stesse ansie per il futuro dei propri figli.”

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