Trentenne autistico accusato di rapina a mano armata e "rinchiuso" a 200 km dagli anziani genitori
Sono quasi due anni che Mario non vive più con i suoi genitori: li vede due volte a settimana, ma sempre più difficilmente, perché per loro è complicato andare a trovarlo nella struttura in cui è stato “rinchiuso”. Rinchiuso, sì, anche se il termine è brutale: una struttura che per l’autismo non può far nulla, visto che ospita altre disabilità. Può solo “custodirlo”, tenerlo buono in qualche modo, dopo che, un anno e mezzo fa, ha fatto il “cattivo”. Questa storia ci è stata segnalata dall’amica giornalista Manuela Zoncu, che vive in Sardegna, dove il fatto è avvenuto. Difficilmente lo avremmo scoperto, senza di lei, visto che se ne è interessata solo la stampa locale: L’Unione Sarda ha pubblicato un bell’articolo di Gigi Puggioni, che racconta nei dettagli quel che è accadde due anni fa, il 19 gennaio 2015, ad Alghero, presso la bancarella di un venditore ambulante cinese.
Un diverbio, un “capriccio”, di quelli che i #teppautistici continuano a fare anche quando diventano grandi. E il #teppautistico in questione ha più di 30 anni, ma il “capriccio” quel giorno è stato grosso. A quanto pare, il ragazzo si innamora di un piccolo coltello, lo vuole, gli viene negato, allora lo afferra e lo brandisce, seminando il panico. Allora è intervenuta la polizia e si è finiti in tribunale: lui, il #teppautistico, è accusato di rapina a mano armata e minacce gravi. Ed è stato “rinchiuso”, in libertà vigilata, in una struttura sanitaria a oltre 200 km da casa: lontano dai suoi genitori, non più giovani, che con fatica riescono ad andarlo a trovare ogni tanto. Lo difende l’avvocato Pietro Diaz, che qui abbiamo intervistato: sostiene con forza, l’avvocato, che l’accusa sia illegittima. E le sue ragioni sono tutte da leggere.