Autistici a scuola anche a 20 anni. Facciamo chiarezza, norme alla mano
C’è agitazione, in queste settimane, tra le famiglie degli studenti disabili. Disabili intellettivi sopratutto, e naturalmente #teppautistici. Siamo ancora a febbraio, ma già si pensa alla fine dell’anno scolastico, che per tanti potrebbe essere la fine del percorso scolastico. Cioè, l’uscita definitiva dalla scuola, con tutto ciò che questo comporta. Cioè, il nulla. E allora le famiglie, insieme a docenti e dirigenti, s’interrogano e si confrontano: un ragazzone di 20 anni #teppautistico è “pronto” per uscire dalla scuola, oppure sarebbe meglio che rimanesse ancora un po’ in quel luogo protetto, sicuro, ormai ben noto, in cui magari faticosamente ha imparato a stare tranquillo? Cosa ci sarà, per lui, dopo che il cancella si sarà chiuso per sempre e la campanella non suonerà più? E’ una questione spinosa, cruciale per tante famiglie, di cui già abbiamo parlato con l’avvocato Nocera, il quale chiaramente ci ha espresso la sua opinione nel merito, accennandoci ad esperienze concrete e anche ad alcuni riferimenti normativi.
Oggi siamo andati a disturbare un altro avvocato, Gianfranco De Robertis (Anffas), chiedendogli di metterci nero su bianco ciò che la legge prevede. E che – lo precisiamo una volta ancora – NON SARA’ IN ALCUN MODO CAMBIATO DALLA BUONA SCUOLA E DAI SUOI DECRETI APPLICATIVI. In altre parole, così è e che così continuerà ad essere. Vi riportiamo qui sotto la sua risposta chiarissima, corredata di alcuni stralci di circolari e norme che riguardano la questione. In un altro articolo, vi riportiamo poi l’opinione di Roberto Speziale, che di Anffas è presidente, e che proprio lo scorso anno ha vissuto questo “addio alla scuola” con suo figlio Valerio. Speriamo in questo modo di aiutare a fare un po’ di chiarezza, su un tema che spesso tormenta i genitori, il più delle volte nella solitudine delle loro case.
BOCCIATURE
L’articolo 14 comma 1 lett. c) della Legge n. 104 del 1992 così prevede:
14. Modalità di attuazione dell’integrazione.1. Il Ministro della pubblica istruzione provvede alla formazione e all’aggiornamento del personale docente per l’acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all’articolo 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il Ministro della pubblica istruzione provvede altresì:a) all’attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
b) all’organizzazione dell’attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell’articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;
c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell’esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell’obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell’interesse dell’alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all’articolo 4, secondo comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.Questo vuol dire che è possibile bocciare gli alunni con disabilità anche più volte per la stessa classe. Vi è una particolarità per la bocciatura alla scuola primaria (elementare). Infatti, sul punto, l’articolo 3 del Decreto Legge n. 137 del 2008, così come convertito nella legge n. 169 del 2008, prevede:
1. Dall’anno scolastico 2008/2009, nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite sono effettuati mediante l’attribuzione di voti espressi in decimi e illustrate con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno.
1-bis. Nella scuola primaria, i docenti, con decisione assunta all’unanimità, possono non ammettere l’alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione.
PERMANENZA NELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO DOPO IL 18° ANNO DI ETA’
Da sempre Anffas sostiene che non è on la maggiore età che si perda automaticamente il diritto a frequentare la scuola superiore con i supporti e sostegni. Infatti, occorre garantire a quell’alunno di completare il ciclo. Tanto è vero che gli altri alunni a 18 anni in genere frequentano la quarta classe e non escono prima dei 19 anni da scuola, salvo loro bocciature. Pertanto, il movimento delle Associazioni di persone con disabilità ottenne che nelle Linee Guida del Miur sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009 fosse precisato:
È inoltre opportuno valutare attentamente se il principio tutelato costituzionalmente del diritto allo studio e interpretato dalla Legge 59/97 come diritto al successo formativo per tutti gli alunni, possa realizzarsi, fermo restando le deroghe previste dalla normativa vigente, attraverso la permanenza nel sistema di istruzione e formazione fino all’età adulta (21 anni) o attraverso rallentamenti eccessivi in determinati gradi scolastici. Il sistema di istruzione, infatti, risponde ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini, rendendosi alla fine necessario, anche attraverso la piena attuazione di norme che garantiscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, il passaggio della presa in carico ad altri soggetti pubblici. A questo scopo, per quanto di competenza del sistema nazionale di istruzione è fondamentale l’organizzazione puntuale del passaggio al mondo del lavoro e dell’attuazione del progetto di vita. Anzi, riuscimmo a far scrivere anche quanto segue:
1.4 Il progetto di vita, parte integrante del P.E.I., riguarda la crescita personale e sociale dell’alunno con disabilità ed ha quale fine principale la realizzazione in prospettiva dell’innalzamento della qualità della vita dell’alunno con disabilità, anche attraverso la predisposizione di percorsi volti sia a sviluppare il senso di autoefficacia e sentimenti di autostima, sia a predisporre il conseguimento delle competenze necessarie a vivere in contesti di esperienza comuni. Il progetto di vita, anche per il fatto che include un intervento che va oltre il periodo scolastico, aprendo l’orizzonte di “un futuro possibile”, deve essere condiviso dalla famiglia e dagli altri soggetti coinvolti nel processo di integrazione. Risulta inoltre necessario predisporre piani educativi che prefigurino, anche attraverso l’orientamento, le possibili scelte che l’alunno intraprenderà dopo aver concluso il percorso di formazione scolastica. Il momento “in uscita”, formalizzato “a monte” al momento dell’iscrizione, dovrà trovare una sua collocazione all’interno del Piano dell’Offerta Formativa, in particolare mediante l’attuazione dell’alternanza scuola – lavoro e la partecipazione degli alunni con disabilità nell’ambito del sistema IFTS. Ai fini dell’individuazione di forme efficaci di relazione con i soggetti coinvolti nonché con 17 quelli deputati al servizio per l’impiego e con le associazioni, il Dirigente scolastico predispone adeguate misure organizzative.