Tagli (pesanti) al sociale: da 311 a 99 milioni. Che ne sarà dei servizi?
Ormai la notizia è più che certa: governo e regioni si sono messi d’accordo che il “sociale” si può sacrificare, a beneficio del bilancio di Stato. L’intesa risale al 23 febbraio scorso e ieri è stata confermata, senza troppo imbarazzo, dal ministro per gli Affari Regionali Enrico Costa, che ha risposto all’interrogazione di Giulia Di Vita, deputata pentastellata. Ecco le parole del ministro, che fa il punto su questi due pesanti tagli: più pesante – molto pesante – quello al Fondo per le politiche sociali, meno eclatante quello alla non autosufficienza.
Nella seduta del 23 febbraio scorso in Conferenza stato regioni è stata sancita un’intesa tra governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, prevista da legge stabilità 2016, sul documento concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni, pari a 2 miliardi 691 milioni. Di questo contributo, 485 milioni andranno a gravare sui fondi trasferiti dallo Stato alle regioni. Tale intesa – ha precisato Costa – recepisce quanto definito in sede di autocoordinamento dalle regioni Nel novero dei fondi interessati figurano anche il Fna e il fondo nazionale per le politiche sociali, che passa da 311 a 99 milioni di euro”.
Insomma, governo e regioni hanno trovato l’intesa, ma a farne le spese saranno, come spesso accade, coloro che hanno più bisogno di supporto: tra questi, c’è da immaginare, anche un bel po’ di #teppautistici e famiglie. Un’iniziativa, questa, che ha fatto insorgere le associazioni. In testa ,il Forum del Terzo settore:
Un atto gravissimo – peraltro deciso senza coinvolgere il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – che avrebbe pesanti conseguenze per i cittadini e le famiglie che si trovano in condizioni di forte disagio e che quindi hanno più bisogno del sostegno delle istituzioni. La spesa sociale italiana necessiterebbe di maggiori investimenti per rafforzare le misure di inclusione sociale delle persone svantaggiate, non certo di tagli che minacciano la realizzazione di servizi sociali di base e rappresentano inaccettabili passi indietro. Si tratta di soldi che servono a finanziare, per esempio, gli asili nido, le misure di sostegno al reddito per le famiglie più povere, l’assistenza domiciliare e i centri antiviolenza.
Sdegnate e furiose anche le associazioni per la disabilità, capitanate da Fish e Fand. Commenta la prima:
È un pessimo segnale per il futuro delle politiche sociali in Italia. E’ un colpo assestato dopo aver fatto balenare l’ipotesi di progettare e costruire livelli essenziali di assistenza in ambito sociale validi in tutto il Paese, di definire un Piano per la non autosufficienza, di aprire una stagione in cui l’attenzione all’inclusione sociale fosse significativa e unificante. Gli effetti di questa intesa, oltre ai danni materiali che si faranno sentire soprattutto nelle regioni del Sud, passano sopra molte teste, oltre a quelle delle persone con disabilità e delle loro famiglie: è lo stesso Parlamento ad essere ignorato
Così invece la Fand:
È evidente che con questi tagli, le politiche sociali del nostro paese ne escono pesantemente umiliate: queste politiche sono sbagliate e inopportune, e non solo feriscono le persone più vulnerabili, negando diritti ed inclusione sociale, ma paralizzano il nostro Paese. È puro autolesionismo tagliare la spesa per le politiche sociali e sanitarie anziché utilizzarla come un formidabile investimento per creare sviluppo, innovazione e buona occupazione. Come Fand, stiamo valutando tutte le possibili iniziative per contrastare questa grave scelta politica, sia chiedendo un confronto diretto con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro dell’economia, sia organizzando, se del caso, una ampia mobilitazione del mondo della disabilità, oggi così pesantemente colpito.
La situazione, insomma, è tutt’altro che rassicurante: un Fondo per le politiche sociali in tal misura e in tal modo (perché anche i modi contano…) decimato, non è certo un segnale di attenzione e interesse, da parte del governo e delle regioni, verso chi, ogni giorno, ci racconta, anche su queste pagine, la quotidiana fatica che deriva dalla mancanza o dalla riduzione dei servizi di supporto, di assistenza, di inclusione.