Autismo nel mondo

I dottori del Bambino Gesù in aiuto dei piccoli teppautistici giordani

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Un articolo apparso sul giornale online “Il Caffè Geopolitico” ci offre l’occasione di ampliare i confini delle nostre conoscenze sull’autismo e sulle malattie mentali in altre latitudini. L’autrice Alice Miggiano che si occupa di Medio Oriente analizza il caso della Giordania che  l’Oms ha scelto come prima nazione dell’area mediorientale in cui far partire il programma “Mental Health Action Plan”  2013 -2020 promosso a Ginevra durante la 66esima Assemblea Mondiale della Sanità. L’Oms vuole favorire nei paesi che sono interessati (e dove c’è una scarsa attenzione ai problemi psichici) una politica di Riforma della Salute Mentale che prevede la chiusura dei manicomi con la creazione in loco di servizi e la formazione di personale specializzato. Il direttore generale Margareth Chan ha sottolineato che il piano “intende concentrare l’attenzione internazionale su un problema a lungo trascurato e saldamente radicato nei principi dei diritti umani”. Un problema che è anche culturale perché punta a modificare l’atteggiamento di discriminazione e isolamento sociale dei soggetti con problemi mentali.

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RIVOLUZIONE IN GIORDANIA: MANICOMI CHIUSI, INTEGRAZIONE E LAVORO PER CHI SOFFRE DI DISTURBI MENTALI

Ma torniamo al Mental Health Action Plan 2013-2020 della Giordania. Già nel 2008 era iniziata una collaborazione tra l’OMS, il Ministero della Salute giordano e il Jordanian Nursing Council, con il sostegno della Principessa Muna Al Hussein, per attuare una riforma della salute mentale. Tale riforma punta al più alto livello possibile di salute e di partecipazione attiva alla vita sociale e lavorativa delle persone affette da disturbi mentali.

Il Mental Health Action Plan 2013-2020 promosso dall’OMS è partito con la mappatura dei manicomi ed è proseguito con un piano di trasformazione di questi in centri e servizi all’interno di strutture ospedaliere, favorendo quindi l’inclusione sociale dei pazienti. Ed ecco l’elemento centrale del piano: la creazione nel lungo termine all’interno della società giordana di un bagaglio di capacità e conoscenze da proseguire anche quando il progetto sarà concluso, facendo in modo che la società civile giordana possa crescere complessivamente nel rispetto dei diritti delle persone affette da disabilità mentale. Problemi quali la disabilità intellettiva, il ritardo cognitivo e l’autismo richiedono infatti non solamente interventi temporanei: necessitano essenzialmente di cambiamenti socio-culturali tra cui l’inclusione sociale e la lotta alla discriminazione e all’isolamento sia degli adulti che dei bambini.

IL BAMBINO GESU’ DI ROMA IN AIUTO DEI BAMBINI AUTISTICI DI KARAK

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Nella città di Karak (140 km a sud di Amman) è partito nel 2013 un progetto di salute mentale infantile organizzato dal dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma che si occupa di fare valutazioni sui piccoli con problemi neurologici e neuropsichiatrici e in particolare quelli affetti da autismo, coinvolgendo l’intera famiglia nel processo riabilitativo. Il dottor Giovanni Valeri, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù, che, insieme ad altri specialisti, ha visitato a Karak fino ad oggi oltre cinquecento bambini, giordani ma anche rifugiati, sostiene: “il passaggio fondamentale di questo progetto è avvenuto dopo aver valutato quasi duecento bambini. Mi sono reso conto che bisognava andare oltre la diagnosi e intraprendere un programma di parent training, che al Bambino Gesù effettuiamo da molti anni, in cui il terapista lavora con l’intera famiglia per aiutare i genitori a trovare delle strategie per stimolare le competenze sociali e comunicative di cui questi bambini sono carenti”.

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La terapia e la conseguente riabilitazione, oltre che sulla famiglia, si riflettono sulla società sia attraverso un processo di inclusione sociale e scolastica dei bambini con problemi neurologici e neuropsichiatrici (che non vengono ammessi nelle scuole normali e per i quali non esistono scuole speciali ma solo pochissimi centri per chi ha disabilità gravi) sia attraverso la formazione sul campo di personale specializzato che a sua volta si occuperà di formare altri operatori locali.

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