Le donne disabili vittime di violenza sessuale
C’è una tragica ricorrenza di notizie di cronaca in cui la vittima di violenza sessuale è una ragazza disabile, in alcuni casi lo stupratore è il padre o un familiare. Ieri a Catania“una minore, affetta da leggero deficit cognitivo e collocata presso una comunità, aveva riferito di avere subito, per anni, abusi sessuali da parte del padre e di una persona, estranea alla sua famiglia, che, assieme al padre la costringeva a prostituirsi”. Una settimana fa a Roma:“offre figlia disabile per rapporti sessuali che filma: un rifugiato lo fa arrestare”. Sempre fine settembre a Ragusa: “Disabile violentata a Ragusa: arrestato un parente della vittima”. Fine febbraio a Spoleto: “Fa prostituire la figlia disabile e la violenta”. Noi pubblicammo un anno fa uno studio in cui Si calcola che il 33% delle donne normodotate sia vittima di violenza, principalmente da parte di mariti e fidanzati. Nel caso di donne con disabilità la percentuale sale al 40%, di cui solo il 10% denuncia la violenza subita.
La violenza su donne con disabilità mentale è indicibile per tutti
Anche Gabriella La Rovere, madre di una ragazza con autismo, ci scrisse al tempo una riflessione su questo dato:
L’8 marzo qualcuno si è ricordato della violenza sulle donne disabili?
Anche oggi abbiamo chiesto a Gabriella di darci un suo pensiero sulle nuove notizie di violenze sessuali su donne disabili
LA DISABILE MENTALE E’UNA DONNA CHE NON HA DIRITTO AL RISPETTO? La notizia di ieri, riguardante abusi e violenze sessuali ai danni di una ragazzina con deficit cognitivo, si va ad aggiungere a una lunga lista che già nell’ultima settimana riporta altri due casi analoghi. Un elenco di ignominie che fa fatica leggere, alcune delle quali rimangono ancora confinate all’interno della famiglia. Niente di nuovo, cose che si sono sempre fatte. La disabile mentale è considerata, ora come allora, priva dei diritti fondamentali di libertà, di rispetto e di autodeterminazione. Niente di nuovo la mancanza dei cortei, delle voci istituzionali che si levano sdegnate, delle catene di solidarietà civile sui social. La disabile mentale non fa notizia, non risalta sulla prima pagina dei quotidiani in quanto non produttiva, non una vera risorsa economica ma solo uno stillicidio pensionistico che abbassa il PIL, non politicamente efficace. Non ispira tenerezza come certi cuccioli di cane e gatto, spesso non comunica nel modo tradizionale. Questa fragilità non stimola sentimenti umani di accoglienza ma libera i peggiori istinti di sopraffazione su un corpo che è violabile proprio perché altro da noi. E si ritorna ancora una volta al punto cruciale che è il mancato riconoscimento dello status di persona e in un periodo storico in cui sono appassionate le discussioni sullo Ius Soli, questa svista politica indigna ancora di più perché non viene riconosciuto il peso sociale della famiglia coinvolta nella disabilità: numericamente importante, fisicamente sfruttata, risorsa laddove i servizi sociali sono carenti. La superficialità con la quale si affrontano e si liquidano questioni che sembrano frutto di una semplice presa di posizione – mi riferisco alla querelle sull’uso inutilmente insultante della parola mongoloide – è indicativo che, a più livelli, il concetto di persona non si identifica con disabile. E fintanto che questa incontrovertibile verità venga accettata da tutti, dovremo continuare a combattere e a stare vigili per proteggere i nostri figli mentre con angoscia ci chiediamo che succederà quando non ci saremo più. Gabriella La Rovere |