Cosa fare

Quando la scuola non ci vuole più emigriamo nel Massachusetts?

Anche per Luca figlio di Marina Viola da Boston (e di suo padre Dan naturalmente…) è venuto il momento in cui la scuola ti dice basta! Che succede dalle sue parti? Leggete il reportage di Marina e cominciate a sognare di poter chiedere il visto per gli Stati Uniti con la causale: “emigrati per autismo”…


Ho iniziato la mia carriera di mamma con figlio autistico in un centro per bimbi disabili dagli zero ai tre anni in cui sia io che Luca siamo stati dolcemente coccolati. La fine dei tre anni marcava il periodo in cui il “caso Luca Canale-Parola” sarebbe andato in mano al distretto scolastico. Tutti i genitori del centro temevano questo passaggio, perché avevano sentito raccontare storie da incubo: le scuole non sono buone, sarà difficile che il distretto paghi una scuola privata, diminuiranno le varie terapie (occupazionale, fisica, del linguaggio). Eppure, malgrado alcuni piccoli problemi incontrati e risolti, fortunatamente il passaggio fu per noi molto tranquillo. Poi per diciannove anni non abbiamo più dovuto preoccuparci dell’iter educativo e terapeutico di Luca. Negli Stati Uniti, il distretto scolastico è tenuto a supportare sia dal punto di vista economico che istruttivo che terapeutico i ragazzi disabili fino al giorno del loro ventiduesimo compleanno, dopo di ché si deve affrontare l’ultimo grosso cambiamento, forse il più difficile: quello dell’entrata nel mondo dei disabili adulti.

Quest’ultimo passaggio, più di tutti, è quello che mi spaventa da anni, per diverse ragioni. Prima di tutto, Luca dovrà abbandonare un ambiente a lui famigliare in cui è, protetto, creato per persone autistiche da uno staff altamente qualificato, per andare in una struttura più grande, una specie di contenitore per persone disabili di tutti i tipi e di tutte le età. Poi, non riesco a scacciare dalla mente l’immagine che ho dei centri diurni: mi vedo un istituto tipo Qualcuno Volò Sul Nido del Cuculo, con l’infermiera stronza che passa per le medicine. Luca, in questo scenario, sarebbe quello abbandonato da solo in un angolo, con il suo iPad per otto ore di fila, con nessuno che lo stimola, che gli parla. Infine, io e Dan che con il passare degli anni avremo sempre meno energia per essere coinvolti, prima o poi dovremo lasciare nelle mani di persone poco qualificate un Luca grande, ma sempre bambino e come tale estremamente bisognoso. Insomma, nel mio immaginario da mamma ansiosa, Luca dai ventidue anni in poi avrebbe avuto una vita orrenda: penso sempre che ci è andata così bene fino ad ora per quanto riguarda il supporto ricevuto  che come tutte le cose belle, prima o poi questa fortuna dovrà finire. Prima o poi anche noi dovremo schiantarci contro il muro dei servizi squallidi, inadeguati, inappropriati.

Passare dalla scuola al centro diurno è un iter difficile che comincia due anni prima del compimento dei 22 anni e che richiede centinaia di documenti, valutazioni di psicologi, medici e psichiatri, tutta la storia clinica, le diagnosi e soprattutto una dose enorme di pazienza. Ci si affida alla DDS (Department of Developmental Disabilities.), un’agenzia statale finanziata dal governo federale, che assegna uno dei loro assistenti ad ogni famiglia. La persona assegnata a noi si chiama Lisa Nightingale, parente lontana, tra l’altro, della famosa Florence Nightingale, la prima donna a pensare, durante i primi anni dell’Ottocento, al ruolo di infermiera.

Ieri mattina alle nove ha bussato alla porta di casa nostra. È una donna giovane, in sovrappeso di una quarantina di chili, con un viso dolce ma sicuro. “Avete domande?”, chiede rompendo il ghiaccio. Io ne avevo tantissime: che tipo di centri diurni ci sono? Dobbiamo pagare noi? Ce ne sono alcuni specializzati in autismo? È vero che sono più o meno degli istituti in cui gli adulti disabili vengono, come dire, parcheggiati in un angolo o davanti a un foglio da colorare? Come si fa a trovare ‘sti centri? Dove sono, chi li gestisce? Come facciamo a sapere quale sia quello giusto per Luca?

Con calma e professionalità, Lisa si appoggia allo schienale della sedia, mettendosi comoda, e comincia così: “Prima di tutto, sappiate che siete estremamente fortunati a vivere nel Massachusetts, perché in questo Stato i servizi sono ottimi, numerosi e all’avanguardia. Non trasferitevi mai in Texas, per esempio, dove ho lavorato per anni e i servizi sono pessimi. Poi: le famiglie non pagano mai niente, siamo qui noi a pensare alla parte finanziaria. Una volta stabilito di cosa ha bisogno Luca – informazioni che verranno date da voi due  e dalla scuola che frequenta adesso – noi della DDS stabiliremo un budget, che potrà aumentare o diminuire a seconda dei bisogni, ma che assicurerà a Luca alcuni servizi tra cui un centro diurno adatto ai suoi bisogni, il trasporto da casa, qualsiasi tipo di terapia che necessita, una persona a vostra disposizione, se la volete, che può venire a casa a insegnargli a essere indipendente, oppure a portarlo in giro, o in palestra, o dove vuole andare.

Oppure, chessò, qualcuno che viene a stare con Luca i fine settimana. Se vi serve, voi genitori potrete anche richiedere una persona che si occupa di lui se per esempio volete fare un viaggio o avete bisogno di un weekend tranquillo. E se poi vi serve qualsiasi altra cosa, credetemi, farò  in modo di farvela ottenere. Per quanto riguarda la qualità dei centri diurni, ce ne sono di grandi, piccoli, medi, strutturati, meno strutturati. Alcuni sono ‘specializzati’, per esempio si occupano soprattutto di arte e fotografia (se a Luca piace questo tipo di attività), di volontariato (portare pranzi e cene alle persone anziane che vivono da sole, o altro), di cucina, di lavoro e altri hanno un approccio più, come dire, generale: offrono corsi, gruppi di letture, gruppi di qualsiasi cosa.

Ciò che li accomuna, però  è la quantità e qualità delle attività mirate a socializzazione, indipendenza, e coinvolgimento nella comunità (palestra, supermercato, musei, cinema…). La maggior  parte dei centri  è moderna e la professionalità dello staff  è ottima. Una volta stabilito posto più adatto per i bisogni di Luca, io e la scuola vi daremo una lista di quelli che conosciamo e che pensiamo siano giusti per lui. Di solito si fa in  modo che il centro diurno sia il più simile possibile alla scuola da cui si arriva, per cui per Luca si cercherà un posto piccolo, accogliente, sereno il più possibile e con tante attività da cui scegliere. La sua scuola attuale avrà un ruolo essenziale durante la ricerca, ma soprattutto durante gli ultimi sei mesi a scuola, quando Luca verrà accompagnato nel nuovo posto dai suoi insegnanti: il passaggio viene fatto molto delicatamente e gradualmente così che possa essere il meno traumatico possibile. La maggior parte dei centri è aperta dalle 8:30 alle 16 cinque giorni la settimana.

Altre domande?”

La mia domanda vera è: sto sognando? E la seconda è: ma ‘sta Lisa esagera o no? Chiedo alla coordinatrice della terapia per Luca, e  conferma:  le informazioni ricevute ieri mattina da Lisa sono tutte corrette, e la maggior parte dei ragazzi che finiscono la scuola vanno in posti molto belli e sono felici. Mi sembra troppo bello per essere vero. Vedremo poi se sarà davvero così fra un annetto, quando toccherà a Luca lasciare la sua amata scuola. Nel frattempo, per salvaguardare la mia salute mentale, mi attacco a quello che mi ha spiegato Lisa.

Santa Lisa.

Marina Viola

marinaliena

Leggi Pensieri e Parole, il mio blog:
http://pensierieparola.blogspot.com
Marina Viola porta il quaranta di scarpe. Vive a Boston e ci fa il diario di quella che pensiamo essere l’ altra parte della luna. Che significa per noi autistici vivere negli Stati Uniti? Potete farle anche domande….

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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