Consegnate in Regione le cinquantamila firme raccolte per Mario cacciato dal Centro Diurno
Questa mattina le cinquantamila firme raccolte su internet in meno di un mese per chiedere alla Regione Lazio un Centro Diurno che possa accogliere Mario e almeno dieci ragazzi come lui sono state portate in Regione dalle famiglie e associazioni che supportano la battaglia di Elena Improta, la mamma di Mario. La signora aveva intrapreso a fine dicembre lo sciopero della fame per protestare contro l’allontanamento del figlio dal Centro Don Orione. Lo staff della struttura le aveva fatto sapere senza mezzi termini che loro non erano più in grado di assistere il figlio durante le ore della mattina in cui Mario svolgeva le sue attività e dunque era meglio che se lo tenesse a casa. Elena Improta, armata di scatoloni e tanta grinta, è stata ricevuta dall’assessore alle politiche sociali della Regione.
Ecco quello che la signora chiede:
“Ho assemblato una ipotesi di progetto per la realizzazione di un Centro Diurno socio-educativo nel Municipio 2, aperto ai giovani adulti con disabilità non inseriti in Diurni Sanitari ex art.26, eventualmente da replicare anche su altri territori del Comune di Roma. Ho preso contatti con le Cooperative del Municipio 2 per chiedere loro collaborazione e condivisione per trovare soluzioni sostenibili. Intanto aspettiamo una risposta dal Don Guanella a cui abbiamo inviato moduli vari e visiteremo un altro centro. Mario continua a essere agli “arresti domiciliari”, assistito da operatori che la famiglia suo malgrado è obbligata a pagare! Dopo essere stato cacciato dal Centro, ha perso sia il diritto alla cura e alla socializzazione, sia il diritto ad un sostegno economico. In queste condizioni ci sono decine di ragazze e ragazzi su ogni territorio del Comune e della Regione.”
Ed ecco la motivazione di base:
Andare oltre il concetto di assistenza socio sanitaria che vede nei ragazzi come Mario solo dei pazienti da curare. L’obiettivo da costruire insieme è considerarli uomini e donne da sostenere e supportare in progetti che prevedano pure laboratori di arte, di musica, di agricoltura sociale, di gestione dell’affettività e della sessualità, senza trascurare l’esigenza di divertirsi.