Io figlio di mio figlioPensare Ribelle

Marina Viola legge: “Io, figlio di mio figlio”


Con Marina Viola continua la pubblicazione delle recensioni a “Io, figlio di mio figlio” che ci vengono inviate. Qualcuno dirà che finora si è mostrato solo pareri positivi e nessuna critica. Abbiamo invitato chiunque a mandarci un suo parere, anche negativo, purchè sia argomentato e si dimostri di aver letto il libro. 


Ho letto il libro di Gianluca Nicoletti. Tutto d’un fiato, anche se alcuni passaggi sono molto filosofici e intensi e varrebbe la pena ritornarci. Tantissimi sono gli aspetti del racconto che mi hanno profondamente colpito, ma quello che spunta già dal titolo è il suo coraggio.

So che a lui non piace questa parola, che tutti facciamo quello dobbiamo fare senza menare troppo il torrone, ma lui ha osato fare un passo in più rispetto a noi genitori di figli autistici. Lui si è messo in gara. Ha messo la sua testa dentro al tubo claustrofobico della macchina per la risonanza magnetica. Ha fatto test, ha ascoltato, ha parlato e ha cercato di capire. E ha ottenuto una diagnosi importante, complessa, rivoluzionaria a volte. È anche lui nello spettro. È anche lui come Tommy, come Luca, come tutti quei ragazzotti che ci seguono in ogni luogo.

Certo, c’è autismo e autismo: Tommy e Luca sono a basso funzionamento, mentre Nicoletti ha un quoziente intellettivo un po’ più basso di Einstein (ma neanche molto). Certo, Tommy e Luca hanno grosse difficoltà a comunicare, mentre la carriera di Nicoletti è fondata sulla comunicazione. Ad occhi nudo le differenze sono abissali.

Eppure.

Eppure c’è una parte del suo cervello che ragiona come loro e che analizza la realtà allo stesso modo, quasi un po’ in modo estremamente pratico, schematico, matematico, logico ai massimi livelli. So che farà arrabbiare un po’ di gente, ma mi è venuto in mente Caesar, il messicano che sa parlare ai cani e che pur essendo umano li capisce perfettamente e li sa in questo modo aiutare. Ecco, Nicoletti è in qualche modo diventato un trait d’union tra l’autismo di Tommy e di Luca e noi, perché adesso è scientificamente provato che lui riesce a capirli meglio e magari a spiegarci alcune cose. Non capisco davvero le critiche che alcuni genitori hanno fatto a questa decisione di farsi diagnosticare. Non è un atto provocatorio, non vuol dire che lo dobbiamo fare tutti, ma vuol dire che lui mette in pratica quello che noi predichiamo da sempre, e cioè che l’autismo è semplicemente parte della vita, che, in modo brillantemente azzardato, Nicoletti pensa addirittura tra poco sarà molto più simile alla mente autistica, con meno socializzazioni vis a vis e più interesse alla comunicazione attraverso i social network.

Una diagnosi del genere ha portato Nicoletti a rivedere la sua vita e a cercare delle risposte indossando la sua nuova lente di persona Asperger: il suo rapporto con la famiglia, con il lavoro, ma soprattutto con se stesso, adesso che la sua visione è così radicalmente cambiata. Quando venni assalita da tutte le diagnosi che vennero date a mio figlio, mio marito Dan ripeteva come un mantra questa frase: Luca è Luca, che significa che anche senza nessuna diagnosi lui sarebbe comunque così, e che quindi tutti questi nomi scientifici, autismo, sindrome di Down, tono muscolare basso, erano soltanto modi per descriverlo sulle cartelle mediche. Per cui Nicoletti è Nicoletti, nulla di fatto è cambiato. Eppure è cambiato tutto. Sarà in un certo senso difficile cadere nella tentazione di dire: “Faccio così per ché sono autistico”, e usare la diagnosi come scudo. Ma sarà altrettanto difficile tornare a pensare a se stesso come a una persona brillante, un po’ matta ma perfettamente nei canoni di quella cosa strana che cambiamo normalità.

È uno di quei libri da tenere sul comodino e da aprire di tanto in tanto, per sentire la voce di Nicoletti, rassicurante e a volte allarmante, ma sempre estremamente illuminante. Come ha cambiato la sua visione di sé e del mondo attorno a lui, ha cambiato profondamente anche me, perché mi ha fatto capire che l’autismo, oltre ad essere una condizione difficile da gestire, soprattutto per noi genitori, ha anche dei lati strepitosi e necessari per migliorare questo mondo balordo, intrisi come sono di genialità e di poesia.

Marina Viola

marinaliena

Leggi Pensieri e Parole, il mio blog:
http://pensierieparola.blogspot.com
Marina Viola porta il quaranta di scarpe. Vive a Boston e ci fa il diario di quella che pensiamo essere l’ altra parte della luna. Che significa per noi autistici vivere negli Stati Uniti? Potete farle anche domande….

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La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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